Helda meaning.

Helda /ˈɦeld̪a/: antico nome germanico che significa "guerriera".

domenica 30 marzo 2014

La stiamo perdendo...

La stiamo perdendo, carica a cinquanta.
Sono state due settimane frenetiche, ancora mi porto dietro lo stress per aver preparato e dato due esami nello stesso giorno e tra poco ne darò un altro a distanza circa di quattordici giorni. E se tutto va bene come spero, significherebbe avere un numero poco elevato di esami che mi dividono dalla laurea. Certo, ammesso che sia illuminata sulla via di Damasco e anzichè ottenere la fede, mi venga invece consegnata una maggiore conoscenza di fisica e quindi di acustica musicale. Ma ne dubito. Non ho il cavallo e in realtà non ricordo nemmeno bene dove sia Damasco.
Ad ogni modo sento quell'adrenalina fastidiosa che precede e succede gli esami e di cui avrei voluto liberarmi almeno per un po' prima di avvertirla ancora. E nel frattempo continuo a leggere, passando così gran parte della mia giornata a contatto con i libri, tra quelli per gli esami e quelli che mi concedo come piacere personale.
Leggo come un'ossessa, come se fossi drogata dell'inchiostro stampato sulla carta ruvida e del suo incredibile ed unico profumo. E in effetti non mi rassicura tanto il fatto che in due post di seguito (scritti in un tempo abbastanza dilatato rispetto ai miei standard), io stia parlando di libri e di quanto sia assuefatta dalle storie.
Libera!
Mi rendo vagamente conto che è uno di quei periodi in cui mi sento allo stesso tempo frenetica ed accidiosa. Probabilmente è colpa di marzo, non è uno dei mesi che più preferisco a causa dei capricci del meteo che per una meteoropatica come me non sono proprio il massimo. Per cui mi ritrovo in un momento a studiare freneticamente, l'attimo dopo leggo altrettanto freneticamente, poi vorrei scrivere e fare altre cento cose, ma già le prime due mi risucchiano così tanta energia che alla fine vago per casa con delle occhiaie terribili, la mente piena di parole diverse e dissonanti tra di loro ed un gran mal di testa.
E per di più sento di aver bisogno di una vacanza, l'idea che manchi quasi un mese a Pasqua è quasi insopportabile, soprattutto perchè i quattro giorni passati a Napoli la settimana scorsa subito dopo gli esami, sono stati frenetici esattamente come quelli che li hanno preceduti e anche come quelli dopo. E non ho avuto il tempo di fare nemmeno la metà delle cose che avrei voluto e di vedere le persone che desideravo vedere.
Ma si tiene botta. Nel frattempo spero sul serio che la fisica penetri nella mia testa come per magia e che il potere della botta di culo mi assista, almeno per una volta.
In fondo ci sono esami per cui bisogna solo studiare ed apprendere, ma quando questo non è possibile allora non si può fare altro che sperare nel fattore C.


Si sentiva irrequieta. Lavò accuratamente i piatti mentre la lavatrice centrifugava quella massa colorata e informe di vestiti e si concesse di stenderli minuziosamente dopo aver pulito la cucina, indugiò su ogni vestito cercando di non sgualcirlo e per alcuni provò anche ad abbinarli al colore delle mollette.
Probabilmente se qualcuno l'avesse osservata dall'esterno avrebbe pensato che fosse un po' svitata, non era del tutto certa di poter confutare quella tesi. Forse lo era davvero.
Entrò nella sua camera con quell'opprimente sensazione di vuoto che si ingigantiva nel suo petto minacciando di inghiottirla in un'oscurità perenne. Si sentiva incompleta, come se le mancasse qualcosa. Qualcosa di importante, una parte di se stessa, come una gamba o una mano. 
Tamburellò impaziente le dita sul compensato color ardesia della scrivania cercando in vano una distrazione. Sapeva che nulla avrebbe potuto distrarla; l'unico modo per far sparire quella sensazione sarebbe stato soddisfarla.
Alla fine decise.
Aprì l'anta in legno chiaro del suo armadio e prese a caso un paio di jeans, dopodichè aprì un altro ripiano del mobile e scelse una maglia. In altre circostanze la scelta dei vestiti che avrebbe dovuto indossare avrebbe richiesto un tempo molto superiore, ma in quel momento non importava. Le mancava. Quella era l'unica cosa che importava. Si vestì velocemente nell'angusto bagno lasciando la porta semiaperta e, sebbene avesse fretta di colmare finalmente quell'assenza, il suo moderato narcisismo ebbe la meglio su di lei, così indugiò qualche minuto passando del mascara sugli occhi e del phard sulle sue guance pallide. Il suo riflesso allo specchio le restituì un'occhiata severa, quasi accusatoria, soffermandosi sulle ombre scure che aveva sotto agli occhi e che ne scurivano ulteriormente il colore. Sapeva che anche il migliore dei correttori non le avrebbe coperto quelle occhiaie e comunque non aveva importanza.
Tornò nella sua camera infilando a caso delle cose nella borsa mentre in equilibrio su un piede, infilava la scarpa sull'altro, poi prese un cappotto che indossò quando era già alla prima rampa di scale del palazzo in cui abitava.
Percosse rapidamente quella strada familiare, avrebbe potuto farla ad occhi chiusi e in quel momento sembrava frenetica come avrebbe potuto esserlo un cocainomane che raggiungeva lo spaccio più vicino. Ogni passò che faceva diminuiva la distanza da lui.
Ne percepiva già l'odore e la sua dolce ruvidezza al tatto, sapeva che non se ne sarebbe mai stancata.
Arrivò quasi ansimante per il passo accelerato, non era nemmeno del tutto consapevole di quanto tempo avesse impiegato, si era diretta lì come se fosse un automa. 
I suoi occhi la fissarono sorpresi tra la gente, l'avrebbe riconosciuta dovunque e non poteva essere altrimenti. 
— Signorina, già di ritorno? Ne ha preso uno solo ieri pomeriggio.
Lei sorrise un po' imbarazzata poggiando il libro sul bancone — Non avrei potuto aspettare oltre.
[Tratto da le avventure di Helda, riportate sulle note della sua pagina Facebook]