Helda meaning.

Helda /ˈɦeld̪a/: antico nome germanico che significa "guerriera".

sabato 22 febbraio 2014

"Dipendenza da libri".

A volte mi chiedo cosa spinga le persone a fare uso di droghe, ad ubriacarsi fino a vomitare o magari a fare entrambe le cose, con disinvoltura. Non è finto perbenismo il mio o voglia di giudicare, ognuno è libero di fare ciò che vuole, penso solo che io non potrei mai dipendere da qualcosa, la sola idea mi fa venire la nausea; è per questo che assumo quantità industriali di caffeina solo quando sono sotto esame, che non fumo perchè già solo l'odore mi fa star male e per cui bevo alcolici senza però mai esagerare. Non potrei essere dipendente da qualcosa, essere dipendente da me stessa è già un'impresa che richiede abbastanza impegno.
Poi però mi ricordo che ci sono delle cose di cui non posso fare a meno e se non le ho per un determinato periodo, allora avverto uno strano malessere; immagino che sia molto simile all'astinenza. È in qualche modo altrettanto dolorosa, ma decisamente meno pericolosa.
Questo è il motivo per cui di tanto in tanto mi concedo intere giornate dedicate alla lettura, pur sapendo che avrei altro di più importante da fare.
Mi riprometto di non farlo, cerco di evitare le librerie e se proprio non posso, cerco di evitare quegli scaffali che so che attirerebbero la mia attenzione come un panno rosso attirerebbe quella di un toro.
Ma poi mi ritrovo inconsapevolmente al piano -2 de La Feltrinelli di Napoli o a passeggiare senza saperne il perchè tra le numerose librerie che popolano Bologna e allora non posso farci niente. È più forte di me.
So che probabilmente potrà sembrare un po' esagerato, ma io percepisco l'odore dei libri, il profumo della carta stampata e allora la mia attenzione si focalizza su titoli misteriosi e copertine affascinanti. Come mi ritrovi poi a prendere un determinato libro a leggerne le prime cento e più pagine in un'ora mentre sono ancora in libreria quando invece dovrei fare altro per poi pagarlo alla cassa e finirlo poche ore dopo a casa, è un mistero anche per me.
Ho letto il mio primo libro quando ero piccola, era una versione per bambini di Alice Nel Paese Delle Meraviglie in inglese, con le figure. Mio padre me l'aveva regalato nella speranza che, come lui, imparassi ad amare la lettura. Non so allora che effetto mi abbia fatto ricevere un libro, so che lo lessi comunque, perchè il mio inglese era molto migliore di adesso e in qualche modo ne rimasi affascinata. Era un mondo bellissimo.
Poi c'è stato un lungo periodo della mia vita in cui non ho letto nemmeno un libro, anzi li evitavo accuratamente, mi bastavano già quelli per la scuola. Poi si sa, arriva un certo momento a scuola in cui ti assegnano un libro da leggere per le vacanze, che sia la versione leggera e più favolistica di Animal Farm di Orwell o i Promessi Sposi di Manzoni e allora mi resi conto che non potevo più evitare i libri. Alle medie ho letto vari libri che mi erano stati assegnati dalla professoressa di lettere, tra cui appunto i Promessi Sposi, ricordo di aver fatto una fatica immensa per arrivare alla fine del libro, insomma, non è poi una lettura così leggera per una ragazzina di undici anni. Nel frattempo continuavo a studiare e mi rendevo conto che le materie letterarie erano quelle per cui ero più portata, non è un caso se all'esame di terza media io abbia preso il massimo dei voti al compito di italiano, inglese e musica e non sufficiente a quello di matematica. Mai avuta una mente capace di capire le materie scientifiche. Una mancanza che mi sono portata anche al liceo e che porto anche adesso.
Però i libri iniziavano ad affascinarmi, ma non ancora in quel modo totalizzante in cui mi prendono ora. Probabilmente vidi il primo film di Harry Potter (La Pietra Filosofale), non mi piacque molto, perchè in realtà non ero stata molto attenta, infatti non ricordo come sia arrivata poi a leggere tutta la saga (più volte) e a farla diventare mia ricordandola quasi a memoria, ad ogni modo quella è stata la scintilla che ha fatto scoppiare la mia passione per la lettura.
Al triennio del liceo, la professoressa migliore che abbia mai avuto, ci ha quasi obbligati alla lettura, anzi, senza il quasi. Non era poi un peso in effetti, anche se "Due Di Due" di Andrea De Carlo o "La Solitudine Dei Numeri Primi" di Giordano che mi ha consigliato al terzo anno, erano dei mattoni che non se ne scendevano proprio.
Poi ho iniziato a leggere molto, dai classici della letteratura italiana, inglese e francese, fino a qualcosa di più moderno ed ho iniziato a sviluppare un mio gusto personale. Madame Bovary mi ha quasi portato a vagheggiare il suicidio della protagonista dopo aver finito di leggere il libro, le opere teatrali di Shakespeare mi appassionavano incredibilmente, così come Wilde, Hugo, Joyce, Pirandello, la Austen, Kerouac e tanti altri.
Però se c'è qualcosa che davvero mi attira e di cui non posso fare a meno, sono i libri Fantasy, soprattutto le saghe. Chiamatemi pure infantile, sfigata, "non-lettrice", non importa...
Di solito mi attira la copertina o il titolo, prendo il libro, lo inizio a leggere e allora tutto il resto sparisce. I miei problemi, la fame, la sete, il resto del mondo. Io vengo realmente proiettata in quella realtà esistente solo tra le righe di quel libro e non mi importa di nient'altro. Questo è il motivo per cui termino questi libri con una velocità che potrebbe essere da guinness dei primati, ne è un esempio la saga di Shadowhunters di Cassandra Clare, iniziata a leggere giovedì scorso mentre perdevo un po' di tempo a La Feltrinelli di Napoli e terminata ieri (almeno i cinque libri pubblicato fino ad ora), esattamente una settimana dopo, senza neanche passare tutta la giornata a leggere perchè in questi sette giorni ho comunque studiato, frequentato i corsi, mangiato e dormito e tutto il resto. Più di 2500 pagine in quante, ottantaquattro ore circa? Forse anche meno.
Ma la cosa ancora peggiore delle saghe Fantasy, è che provo contemporaneamente un amore incondizionato e un odio struggente per quello che leggo. Le amo perchè non potrebbe essere altrimenti e le odio perchè ho la quasi totale consapevolezza che io non potrò mai scrivere niente di così incredibilmente bello. Ed è piuttosto frustrante anche perchè i miei sogni destabilizzanti e la mia passione per la scrittura potrebbero essere una combinazione vincente per scrivere qualcosa di bello, ma mi sembrerebbe sempre una copia delle saghe che ho letto e tanto amato.
Questo però non mi impedisce di mettere da parte qualsiasi altra storia io stessi scrivendo prima di iniziare a leggere per scriverne una Fantasy e poi arrabbiarmi perchè non è soddisfa sufficientemente le mie aspettative, così mi deprimo e poi riprendo a leggere un altro libro, continuando così in un uroboro infinito che non fa altro che alimentare la mia dipendenza da libri.

Appello a Cassandra Clare, so che probabilmente capiterai su questo blog (del quale probabilmente sei una lettrice accanita): ti prego, pubblica il prossimo capitolo della saga, non puoi avere idea di come sia terribile l'astinenza da libri. 

mercoledì 5 febbraio 2014

Benvenuti nel Paese dei balocchi!

Il cielo è sempre azzurro e va tutto a gonfie vele e vi troverete bene qui nel paese dei balocchi.
Si narra di tempi in cui quello scherzo geografico a forma di stivale tra l'Africa e l'Europa era il centro del mondo, la culla della civiltà più alta, di tutto ciò che il resto del mondo invidiava e provava ad imitare.
Gl italiani - nel senso meno stretto del termine - non hanno mai eccelso nel settore industriale, sebbene sia tra i primi dieci paesi industriali al mondo, l'Italia non ha quel tipo di risorse che hanno altri paesi e, diciamocela tutta, non è mai stata un granchè neanche a sfornare politici, basti pensare già a Caligola che fece senatore il suo cavallo. Insomma, quella che dovrebbe essere la classe dirigente, è sempre stata un po' mancante.
Lo si nota tutt'ora, la classe politica italiana non si distingue certo per idee brillanti, di sicuro non lo è l'abolizione della Storia dell'Arte dalle scuole!
Ma l'Italia era sul serio il paese dei balocchi, lo avevo capito già i romani, era una terra fertile, con un clima vantaggioso e, per qualche strano motivo, aveva delle menti geniali. Artisti...
E potrebbe essere tutt'ora il paese dei balocchi perchè ha qualcosa che nessun altro paese ha mai avuto, non in queste quantità almeno... Ciò che ha sempre mosso l'Italia erano gli artisti, i letterati, i fautori della cultura. Era quello in cui nessuno poteva batterci.
"D'accordo, voi avete le navi importanti, risorse naturali e i migliori regnanti, noi abbiamo Michelangelo, Dante, Verdi e il cibo migliore che potete trovare su questo pianeta."
Tutto è nato qui, più che in qualsiasi altra parte e non a caso l'Italia è il paese con il più alto patrimonio artistico mondiale. Mondiale! Quindi in 301,340 km², praticamente una superficie quasi irrisoria, c'è un numero elevatissimo di opere d'arte, monumenti, palazzi e quant'altro.
E noi siamo talmente abituati a passare davanti al Foro Italico o a studiare in un palazzo del Cinquecento tutto affrescato, che ormai non ci facciamo più caso. Come se tutto questo facesse parte del paesaggio. Come se ci fosse dovuto.
Se proprio si vuole parlare di storia dell'Italia non la si può scindere dall'arte. Perchè questo, molto più delle conquiste di Giulio Cesare o di alleanze mal riuscite in guerra, è davvero quello che caratterizza il nostro paese. Per cui, abolire la Storia dell'Arte dalla scuola italiana, non è un modo per dare spazio a materie più moderne diventando così più competitivi con gli altri paesi, è però l'ennesimo scacco matto che l'Italia ha giocato contro se stessa. Se proprio bisogna abolire una materia, allora leviamo di mezzo la religione, visto che l'Italia è uno stato laico.
D'accordo, va bene dare spazio anche a un nuovo tipo di istruzione, ma non va bene fare i tagli alla scuola e alla cultura; non va bene che i bambini, ovvero il futuro di una nazione, non conoscano ciò che rappresenta maggiormente la stessa, perchè i bambini devono essere stimolati, soltanto una minima parte si appassionerà all'arte senza che nessuno insegni loro cosa sia.
Considerando la quantità immensa di arte presente in Italia, si potrebbe parossisticamente dire che quasi tutti gli italiani potrebbero vivere di arte e gastronomia. Certo, l'arte serve per arricchire culturalmente le persone, ma l'arte va anche pagata, sempre... e l'avevano capito anche i grandi signori e i mecenati del passato: affinchè una corte, una signoria, un palazzo... un paese funzioni, c'è bisogno di circondarlo dei migliori artisti e di incrementare e favorire la produzione culturale.
Sarebbe tutto molto più facile se iniziassimo a considerare il nostro grande patrimonio artistico come qualcosa di più di "vecchie pietre", se iniziassimo a far ruotare la nostra economia soprattutto attorno all'arte. Se ci adoperassimo per conoscere e fare un'adeguata manutenzione di ogni sito di interesse culturale presente sullo stivale - e, badate bene, ce ne sono parecchi! -, un'appropriata "pubblicizzazione" di luoghi, tutti, non solo il Colosseo che è meraviglioso, ma c'è dell'altro, tantissimo! Come il Tempio di Apollo a Baia, in provincia di Napoli, che è il primo esempio di cupola mai realizzato, tanto per dirne una... Se tutto questo fosse possibile e se non si considerasse l'arte come una perdita di tempo, un ornamento non utile, probabilmente l'Italia sarebbe ancora il paese dei balocchi!
Ma a quanto pare si può benissimo fare a meno dell'arte, se la maggior parte degli italiani sa cos'è la Gioconda, è già tanto, mentre popoli come i giapponesi, i russi e tanti altri, vengono qui a vedere quello che a noi non interessa e, purtroppo, lo conoscono meglio di noi.
Non è poi tanto sorprendente che la Cina, la Russia ed altri paesi del genere, ben presto ci distruggeranno, in fin dei conti qui si scherza ed è Carnevale tutto l'anno, non ci sono scandali nè crisi di governo, qui nel paese dei balocchi! 

lunedì 3 febbraio 2014

E adesso?

Quando al quinto anno di liceo ci veniva posta la domanda "cosa pensi di fare dopo?" io ero sempre la prima ad alzare la mano, sicurissima di quello che avrei voluto fare, mentre la maggior parte dei miei amici aveva una lista chilometrica di ipotesi. Io invece ero lì, sicura di voler andare via da Napoli e studiare musica al DAMS, lo sapevo da quando avevo quindici anni, quando andai per la prima volta a Bologna dopo un concerto e rimasi affascinata dalla via universitaria, Via Zamboni... Scoprii che c'era un'università dove si poteva studiare arte, musica, cinema e teatro e pensai che quella fosse la mia strada, eliminando automaticamente l'ipotesi di musicologia a Cremona.
Adesso invece sono qui, alla fine del primo giorno dell'ultimo semestre dell'ultimo anno al DAMS, mentre tutti sanno già che cosa faranno dopo la laurea e io invece vedo davanti a me circa una ventina di strade differenti e tutte altrettanto plausibili e soddisfacenti.
Insomma, a diciassette anni ero pienamente consapevole che ciò che avrei voluto per la mia vita era la musica ed è così tutt'ora, in parte. Così mi ritrovo a fare delle liste con le varie ipotesi.
Certo, l'idea è quella di fare un master, magari a Milano o meglio ancora all'estero, ma i master iniziano ad ottobre di solito ed io conto di laurearmi per metà del prossimo semestre, per cui sarei fuori per l'iscrizione e vorrei impegnare il tempo in maniera costruttiva... Per cui ci sarebbero varie idee, alcune sembrano anche a me un po' pretenziose, ma ho imparato che è meglio non dare per scontato nulla perchè non si sa mai...
Per cui cosa farò nei circa sei mesi di post-laurea prima di iniziare il master? L'idea più pretenziosa è quella di andare per quattro/sei mesi negli Stati Uniti come ragazza alla pari, per lavorare e migliorare il mio inglese. D'accordo, lo so che un conto è vivere da sola in una città a 650 km circa dalla propria città natale, un altro è andare in un altro continente, troppo lontana per qualsiasi tipo di aiuto da parte di chi amo, con una lingua diversa ed abitudini diverse, insomma, sarei veramente ed inesorabilmente sola, ma perchè no insomma?
Un'altra idea deriva da due fattori: la tristezza di dover lasciare Bologna (che ho già adesso) ed una passione che è spesso riaffiorata nel corso degli anni... Sto realmente considerando di iscrivermi all'Accademia del Musical, qui a Bologna, praticamente dietro la casa dove attualmente abito. Ho sempre desiderato fare un musical, forse perchè è un'idea meno epica rispetto a quella di diventare una cantante vera ed il musical sarebbe stata l'unica ragione per cui non avrei lasciato Napoli se avessi passato un provino che non ho mai fatto. Però adesso potrei rifarmi, e fare un anno di accademia cercando di mettermi alla prova in questo ambito... Il provino è abbastanza difficile, ma non impossibile, non per me di certo... Sono capace di cantare due canzoni di un musical (una lenta e una veloce), un po' meno di recitare un monologo di un'opera teatrale di uno scrittore famoso, però se mi ci metto, non dovrebbe essere poi tanto complicato e, infine, ci sarebbe una coreografia che è la cosa che in realtà mi preoccupa di più, nonostante gli otto anni di danza fatti in passato, però non sono mai stata capace di creare una coreografia, non che ricordi almeno; però questa è l'unica prova che può essere tralasciata se si dimostra di saper seguire dei passi di un insegnante... Quindi, perchè no? Diventare una diva di Broadway non sarebbe male!
Le altre ipotesi sono abbastanza scontate: cercare lavoro (possibilmente in radio), provare a fare qualche esperienza recitativa o provare con un altro tipo di accademia, quella del cinema sempre qui a Bologna o magari a Roma, per vivere un po' nella mia amata città.
Insomma, non lo so...
Probabilmente mi metterò a giocare a freccette su un tabellone con le varie ipotesi e quella che becco, sarà la mia scelta.
Ma per ora ho ancora un po' di tempo e un bel po' di esami da depennare prima di indossare la corona d'alloro e sentirmi finalmente dedicare la fatidica canzoncina "Dottore, dottore, dottore del buco del cu! Vaffancu! Vaffancu!"...
 
Intanto scaldo la voce e provo un'altra volta "Memory".