Helda meaning.

Helda /ˈɦeld̪a/: antico nome germanico che significa "guerriera".

domenica 27 ottobre 2013

Giovani ribelli.

Oggi torno ad utilizzare questo blog non solo come discarica dei miei pensieri, come una sorta di Pensatoio, ma torno a parlare di cinema, che è una delle mie "competenze". Chiaro no? Studio musica al DAMS e parlo di cinema... Tipico di me.
Ammesso che la musica sia effettivamente una mia competenza...
Ad ogni modo torno a parlare di cinema, forse perchè non mi è capitato di recente di sedermi su quelle [s]comode poltroncine rosse a guardare qualche film o forse perchè in realtà di recente non ho visto film che erano degli di nota.
Sono tornata a Napoli e mi sono concessa di nuovo un pomeriggio al cinema ed ho visto "Giovani Ribelli". Il nuovo film con Daniel Radcliff. Cioè con Harry Potter... No, Daniel Radcliff.
La trama mi affascinava, insomma ci ho fatto la mia tesina di maturità su Jack Kerouac ed Allen Ginsberg. Una tesina incentrata sulla strada, non sul viaggio, sulla sregolatezza, su artisti maledetti, omosessuali, sulla droga e sull'alcool, sul superare i limiti; insomma, una tesina che mi ha fatto guadagnare gli sguardi sdegnati della commissione per tutto il tempo in cui l'ho esposta.
Allan Ginsberg era solo un autore marginale nella mia tesina, mi serviva per collegare Bob Dylan a Kerouac e alla strada, per cui non conoscevo bene la storia.
Il film è stato molto bello, anche molto cruento, ma bello. Mi ha sorpresa soprattutto l'interpretazione di Daniel Radcliff. Insomma, da Potterhead sono abituata a vederlo nei panni di Harry Potter, per cui devo ammettere che vederlo in un altro film mi ha un attimo destabilizzata, dal momento che mi sono rifiutata categoricamente di guardare The Woman In Black dato che era un horror e che quindi è il primo film che vedo con lui dopo la trasposizione cinematografica della saga della Rowling.
La sua interpretazione è stata un crescendo, inizialmente mi è sembrata abbastanza buona, poi man mano ho iniziato a considerarla decisamente buona. Credo che sia difficile interpretare un ruolo del genere, soprattutto quando la cicatrice a forma di saetta ti resterà impressa anche quando Harry Potter non esiste più. Soprattutto perchè dal fare magie è passato all'essere uno dei più importanti scrittori americani, con una vita sregolata, al limite di tutto, con un appassionato bacio omosessuale ed un molto esplicito rapporto con un uomo.
Qualcuno l'ha giudicato il nuovo "Carpe Diem", io non la penso allo stesso modo. Perchè "Giovani Ribelli" ti sbatte in faccia una storia vera, in tutta la sua crudezza, senza censure, trattando argomenti difficili come la droga, lo sballo e il sesso; argomenti che non erano per niente approvati da alcuni spettatori in sala chiaramente sdegnati.
A me invece, in tutta la mia probabile ignoranza cinematografica, il film è piaciuto così, crudo e reale. In fondo, senza tutto quello, senza la droga, l'alcool, la sregolatezza e tutto il resto, non sarebbe uscito fuori Allen Ginsberg, non ci sarebbe stato Jack Kerouac e tutta la Beat Generation.

E, dato che oggi mi sono data ad un post più "impegnato", volevo concluderlo ricordando un grandissimo artista che ha contribuito a fare grande la storia del Rock e che in qualche modo anche lui ha avuto a che fare con una vita abbastanza sregolata.
Ciao Lou Reed.

martedì 15 ottobre 2013

Quando arriva la notte...

C'è una cosa che amo davvero tanto, dormire.
In linea con il mio cognome sarei anche capace di andare in letargo, di rifugiarmi in comodo letto caldo e dormire per un tempo indeterminato, finchè l'iperattività non torni ad impossessarsi di me.
Eppure non ricordo una notte recente in cui sia riuscita a dormire per tutto il tempo, in cui mi sia addormentata velocemente e soprattutto in cui non mi sia svegliata con il senso di vuoto allo stomaco, tipo la sensazione di cadere, però molto più schiacciante.
Le provo tutte la notte per addormentarmi: mi cullo, abbraccio il mio amato peluche di Timon, ho provato a cantarmi "Kumbaya" da sola, era la canzone - o almeno, una delle canzoni ricorrenti - che mi cantava mio padre da piccola per farmi addormentare, mi portava avanti e indietro per il corridoio della nostra casa cullandomi nella speranza che i miei occhi si chiudessero in fretta, cosa che in realtà non succedeva neanche allora; ho provato a farmi bibitoni di erbe disgustose, a prendere la camomilla prima di andare a dormire e persino la valeriana; ho provato a contare le pecorelle fino ad arrivare a cifre troppo alte e complesse per il mio cervello e così passo ad altri animali, cercando di ricordare in ordine alfabetico quelli riportati sul mio amato libro "Animali dalla A alla Z" regalatomi a cinque anni, per poi passare ad "Animali Fantastici, Dove Trovarli" una volta finito l'elenco di quelli reali. 
Niente.
Sebbene la maggior parte delle volte io sia stanchissima, distrutta da una giornata pesante, non riesco a chiudere occhio almeno per la prima ora che passo a letto. Ed è snervante. Mi ritrovo nel silenzio assordante a fissare un punto nel vuoto avvolto dal buio più profondo. Sola, con qualsiasi minuscolo rumore che mi ferma il cuore nel petto, lasciandomi immobile e senza fiato, soprattutto il rumore dei miei pensieri che è più assordante di una discoteca alle tre del mattino. 
Sembra che il sonno non ne voglia sapere di venire a trovarmi velocemente. Per cui facendo un calcolo approssimativo (molto approssimativo considerando che la matematica non è una delle mie migliori amiche e che va bene solo finchè i numeri non superano le mie dita), ho una quantità di sonno arretrato da far invidia ad Edward Cullen insomma.
Così alla fine mi racconto le store. È una cosa che mi piace, io racconto continuamente storie e le racconto quasi sempre a me stessa. E sono storie infinite, con infiniti risvolti e con finali sempre diversi. Sono le storie che vorrei scrivere, ma non ho tempo; sono le storie di ciò che avrei voluto dire o fare in un determinato momento, ma non l'ho fatto; sono le storie di universi paralleli, in cui tutto si svolge al contrario di tutto, in cui tutto va bene... Sono le storie del mio paese delle meraviglie. Ed io sono Alice, persa ad ammirare uno spicchio di luna rovesciata che poi diventa il sorriso di un gatto grasso e viola, persa nei cerchi di fumo del narghilè del Brucaliffo, persa a scappare da una regina psicopatica e dalla sua armata di carte di cuori, con tanto di tè preso al non-compleanno del Cappellaio Matto e del Leprotto Bisestile, con un coniglio col panciotto che mi ripete che è tardi e per concludere dei fiori che mi dicono che non sono un fiore. Ecco, Alice sono io...  
E quando finisco di raccontarmi le storie, allora finalmente riesco a chiudere gli occhi e a dormire, per entrare in altre storie altrettanto assurde.

mercoledì 9 ottobre 2013

Ho bisogno di più tempo.

Sono sempre alla ricerca di più tempo, giro guardando l'orologio e ripetendomi continuamente "è tardi, è tardi" come il Bianconiglio di Alice nel Paese delle Meraviglie; sono sempre di fretta e spesso in ritardo, non con gli altri ma con me stessa e alla fine della giornata mi sembra che io non abbia fatto altro che rincorrere il tempo, in una corsa estenuante in cui l'ho sorpassato più volte senza però riuscire mai a vincere.
Ho sempre bisogno di più tempo, come se tutto quello che ho da fare - o meglio, che vorrei fare - non potesse essere confinato nell'arco di sole ventiquattro ore. È troppo poco ed io ho troppo da fare.
Questo mi porta a pensare che in effetti sia io ad essere accelerata e non il tempo a scorrere troppo veloce. In realtà lo sono sempre stata, ne è un esempio la mia nascita prematura di quasi un mese, non ero ancora nata e già andavo di fretta. Avevo già voglia di fare mille cose e la staticità mi opprimeva, come adesso. 
Molti si lamentano che tutto va veloce e loro restano indietro, spaesati da questa velocità, per quanto mi riguarda è esattamente il contrario, tutto attorno a me sembra muoversi a rallentatore, mentre io vado al doppio della velocità e invece devo attendere. E io detesto le attese. Tutto, maledetto e subito. Senza dover aspettare, senza sospensioni e quant'altro; perchè se è vero che l'attesa del piacere è essa stesa piacere, è anche vero che l'attesa porta ansia e io ne ho già abbastanza di mio per potermi permettere di averne in quantità extra. E porta anche inutili perdite di tempo che invece potrebbe essere usato in un altro modo. Forse migliore.
Ho bisogno di più tempo già appena sveglia, quando vorrei poter ancora flirtare con Morfeo e invece devo fare già tutto; poi durante la giornata perchè gli impegni si accavallano e vorrei riuscire a fare di più e ne vorrei ancora quando la sera mi concedo una mezz'ora per scrivere, continuando l'ennesima delle mie storie incomplete, e invece mi sento vincere dalla stanchezza e dai corteggiamenti di Morfeo, con il quale in quel momento non vorrei avere niente a che fare. 
Mi serve più tempo per parlare, per pensare, per potermi concedere una pausa per mandare un messaggio senza il rimorso o la sensazione di perdermi qualcosa nel frattempo. Vorrei potermi dividere in due per riuscire a fare tutto quello che mi passa per la mente, senza l'ansia di non aver studiato abbastanza... di non aver fatto abbastanza.
Così, mentre mi divido tra giornate così piene da rischiare di farmi ricoverare in manicomio, tra le mille attività extra che mi impongo di portare avanti - e in realtà sono quelle che faccio con più piacere - e tra lo studio e la vita da universitaria fuori sede, volgo spesso uno sguardo supplichevole all'orologio, sperando di vedere le lancette girare al contrario e regalarmi più tempo.
E poi, durante la mia ricerca continua ed ossessiva di più tempo, mi ritrovo adesso a desiderare che il tempo si acceleri saltando due giorni. Ho davanti a me due esami di musica, di cui uno allucinante e sembra che tutto sia avverso al mio studio, per cui se da un lato avrei bisogno di molto più tempo, da un altro l'attesa mi distrugge e vorrei che fosse già passato. Così Bach non si rivolterebbe più nella tomba per causa delle mie armonizzazioni assurde dei suoi corali. 
Una cosa è certa, quelle due ore saranno contemporaneamente lunghe quanto due secoli e corte quanto due secondi, mi ritroverò in quello strano limbo extratemporale in cui non ci sarà altro che il foglio pentagrammato e me... tutto scandito non più dal rumore delle lancette, ma dai battiti troppo forti del mio cuore. 
E quando alla fine sarò uscita dall'aula Dioniso Fanciullo, la mia giornata sarà ancora troppo corta per poter fare tutto il resto... e allora sarò di nuovo alla ricerca di più tempo.