Helda meaning.

Helda /ˈɦeld̪a/: antico nome germanico che significa "guerriera".

sabato 28 dicembre 2013

Trappole.

Nello studio spasmodico della letteratura fatto durante il mio percorso scolastico, Pirandello è sempre stato uno dei miei autori preferiti, trovo i suoi romanzi geniali ed estremamente avanti con i tempi e non ho dovuto aspettare una certa maturità per capirlo, ma già da ragazzina, alle medie, lo pensavo fermamente.
Pirandello rintraccia nella vita dell'uomo tre trappole: la società, che impone infinite maschere; il lavoro alienante scelto non per passione, ma per soddisfare quasi sempre le maschere imposte dalla società e la famiglia, che Pirandello vede come la trappola peggiore, come la culla delle nevrosi.
L'uomo è, a mio parere, un animale che finge di essere libero, ma in realtà è lui stesso ad imporsi un'infinità di catene, dicendo poi che è tutto ciò che lo circonda ad incatenarlo.
Ho sempre pensato che siamo proprio noi gli artefici e i costruttori della nostra prigione, siamo i nostri carcerieri più cattivi. Ci mettiamo delle catene così strette e tirate attorno al collo da imporci noi stessi dei limiti allucinanti.
Un esempio sono proprio le feste come quelle di Natale, quando qualcuno dice "Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi", ecco che già si sta incatenando da solo; chi dice che Natale bisogna passarlo necessariamente con la famiglia perchè è così che si fa? Chi dice che Capodanno vada festeggiato facendo il veglione? Ecco, parliamone, tra i giorni che detesto di più di tutto l'anno, il 31 dicembre è al primo posto, seguito subito dopo da Ferragosto e San Valentino. In quale legge della Costituzione di quale paese del mondo c'è scritto che se non si fa il veglione? Che se non ci si ubriaca fino a vomitare anche l'anima ed arrivare al giorno dopo senza ricordare una beata minchia di quello che si è fatto la notte precedente, allora non ci si diverte? In fondo cos'è Capodanno se non un giorno uguale esattamente a tutti gli altri in cui, tra l'altro, non ci sono strani fenomeni naturali, non c'è niente di niente? Passa semplicemente un anno, segna lo scorrere del tempo, ma anche questa è una convenzione imposta dall'uomo. Certo, riponiamo in quel numero nuovo grandi speranze, implorando cambiamenti, fortune e tutto il resto, perchè è quello che noi siamo più bravi a fare: sperare che le cose cambino affidandoci a qualcosa che sia al di fuori di noi, come il nuovo anno, un dio, la sorte... Perchè così è più facile se poi le cose non vanno come speravamo, è più facile non doversela prendere con noi stessi, ma con cause di forza maggiore.
Ed ecco altre trappole.
E le trappole aumentano quando facciamo una cosa solo perchè tutti la fanno o perchè pensiamo che qualcuno se l'aspetta da noi, o magari per far compiacere qualcuno.
Insomma, le trappole non esistono, ma l'essere umano è da sempre stato l'essere più bravo a costruirle, per catturare gli animali di cui nutrirsi, per imprigionare i suoi simili o per rinchiudere se stesso.

venerdì 27 dicembre 2013

Torno sempre...

Sentivo l'impellente bisogno di tornare a scrivere sul mio blog e, in effetti, l'ultima volta che ho scritto su questa pagina web in cui ho rinchiuso un pezzetto della mia anima, è stata più di due settimane fa... Per cui sono tornata.
Io torno sempre, è questa la verità. Torno anche quando mi ero ripromessa di andarmene via e non tornare, torno perchè non riesco a fare altrimenti, non riesco ad essere definitiva.
Però a volte vorrei... Mi piacerebbe essere sincera con me stessa una di quelle volte che dico "basta", mi piacerebbe mantenere la parola data, non per gli altri, ma per me. Ma la verità è che penso troppo agli altri e per un animale solitario come la mia natura mi impone di essere, è piuttosto strano. Ma ad un mese dai miei ventun anni di vita, mi sono resa conto che in me c'è molto di contraddittorio; lo dico sempre, Curlyaitch non è solo un nickname per il mio canale Youtube, ma è esattamente la mia realtà, il mio sdoppiamento in due persone, esattamente come le due me che interagiscono tra di loro nella maggior parte dei miei video. Badate bene, quando parlo di sdoppiamento non mi riferisco all'essere una "volta bandiera" o "lunatica" o "psicopatica"; le due me di cui parlo, la pensano esattamente allo stesso modo, solo che una ha il coraggio di dire le cose come stanno, senza filtri, fregandosene del parere degli altri e delle conseguenze, l'altra invece è molto meno decisa e spesso ritorna sui propri passi. Ed è per questo che Curlyaitch esiste solo sullo schermo e non è con me sempre, perchè lei di sicuro mi darebbe una bella strigliata se, dopo la millesima volta che prometto di andar via, alla fine decidessi di restare. Ancora.
E ormai capita sempre più spesso che sia Curlyaitch a parlare per me, a dire scherzando quello che io penso sul serio, dalle cose più stupide a quelle più serie. Mentre io divento sempre di più un gatto. Sì, un gatto, è così che mi sento. Per me sono tutti importanti, ma sostanzialmente non ho bisogno più di nessuno, so che contare sulle mie forze mi risulta molto più facile che appoggiarmi a qualcuno, perchè ormai sono prevenuta e so che chiunque potrebbe spostarsi e farmi cadere. Per cui sono diffidente, guardo con sospetto, annuso cercando di capire se fidarmi o meno e molto spesso me ne resto da sola, nella mia amata solitudine che è da sempre una condizione che non mi ha mai infastidita più di tanto e mi avvolgo in un leggero strato di apatia. Ma comunque, torno.
Torno ancora più diffidente di prima, con il mio caratteraccio che peggiora e lo so, torno come un vulcano che prima o poi esploderà. Non so neanche io quando, ma so che quando succederà sarà un po' tipo la prossima eruzione del Vesuvio e allora sarà peggio, per tutti.
Ma al momento, mi limito a tornare.

martedì 10 dicembre 2013

Chiamatemi "materiale".

Smettiamola di fare gli ipocriti e dire che "basta il pensiero". Non è così, non è affatto così. E non siamo nemmeno minimamente degli attori così bravi per poter dire una frase del genere e risultare credibili. La realtà è che noi il regalo lo vogliamo e, possibilmente, vorremmo anche non dover mettere forzatamente a lavoro dodici muscoli per improvvisare un sorriso che è più finto della mia passione per la matematica!
No, non basta il pensiero. O meglio, se proprio deve bastare il pensiero, facciamo almeno in modo che questo pensiero sia compatibile con i gusti della persona pensata.
Sì, chiamatemi pure "materiale", ma di sicuro non sono ipocrita e, sinceramente, mi sono scocciata di recitazioni da Oscar messe in atto ogni qualvolta debba fingere quanto mi piaccia qualcosa che effettivamente non mi piace neanche un po'. Se il regalo lo si deve fare, allora voglio che sia bello... E non bello per chi lo fa, ma per la persona che lo riceve.
Cioè, se qualcuno si prende la briga di fare un regalo ad una persona, vuol dire che ha a cuore tale persona, altrimenti è doppiamente ipocrita perchè fa un regalo per convenienza. Dunque, se si tiene a questa persona e si decide di spendere tempo e denaro per comprarle un regalo, allora non capisco poi perchè si debba fare un regalo solo per dire di averlo fatto.
Per quanto mi riguarda, potrei riempire scatoloni interi di regali che non mi piacciono fatti - in particolare - da persone che dovrebbero conoscermi così bene da dover presumibilmente saper scegliere ad occhi chiusi un regalo per me.
Del tipo, è risaputo che io abbia un'idiosincrasia contro il rosa e, puntualmente ogni anno, qualcuno mi regala qualcosa di rosa! (Ed ora, sono sicura che lo riceverò anche quest'anno.) E ringraziate che l'arancione sia un colore atipico, perchè se ricevessi qualcosa di un amorevole tinta "zucca di Halloween", potrei diventare peggio dell'Incredibile Hulk. Però al femminile. E considerate che già lo sono durante il premestruo, solo meno verde. Quindi la versione 2.0 dell'Incredibile Hulk, quella che fa paura pure alla Marvel!
Quando quasi due anni fa feci il video "Ti ho fatto un regalo!", non stavo scherzando, non facevo la buffona davanti alla telecamera, ero decisamente seria! (E praticamente lo sono sempre nei miei video, dietro le facce/scene/riprese stupide, dico sempre qualcosa che penso davvero!).
Per cui, questo Natale, cerchiamo di capire che cosa desidera davvero una persona, perchè magari se le piace leggere però sappiamo che detesta Flaubert, magari non le regaliamo Madame Bovary sperando che poi inizi a piacerle questo romanzo. Perchè semplicemente lo metterà in un posto - possibilmente nascosto - ed eviterà di pensarlo, covando un forte rancore e cercando sul calendario il primo compleanno per poter riciclare a qualcuno quell'orribile regalo.
Spero quindi che i "pensieri" quest'anno siano compatibili con i gusti e non siano scelte fatte, per citare i latini, "ad cazzum", senza il minimo interesse.
E basta con queste frasi fatte che tanto non pensiamo neanche un po'. (E anche tu che stai per commentare "Non è vero, a me sul serio basta il pensiero!"... smettila, su!)
Un regalo è un regalo e quindi non basta il pensiero. Quello basta in tutti gli altri momenti, non quando si deve fare un regalo... Altrimenti non fate il regalo, fate prima.
Dopodichè potete anche pensare che io sia una persona materiale, in effetti è così, ma voi lo siete sicuramente più di me. Funziona sempre così. Punto.
Buon Natale a tutti e felici regali sotto l'albero!

domenica 8 dicembre 2013

Fuga a Milano.

Potrei scrivere un romanzo con questo titolo, "Fuga a Milano" e potrebbe racchiudere la storia della mia vita. O meglio, la storia del mio rapporto con questa città, l'ho infatti vista spesso ma sempre di fuga, velocemente...
Forse perchè Milano è così, è la città che ha fretta e ha il tempo di sognare. E allora io da ansiosa sognatrice non posso fare altro che adattarmi al ritmo frenetico di Milano.
La prima volta che mi sono trovata lì, è stata sul serio una fuga. Ero in pieno periodo scolastico, avevo quattordici anni ed andai lì per un giorno e mezzo... Più che una fuga quello mi piace definirlo un filone musicale. Ricordo che fu tutto molto intenso: la mia prima volta in aereo, la mia prima volta a Milano; rimasi affascinata da quella città, così veloce rispetto alla tranquillità rassegnata di Napoli, così contraddittoria con sè stessa, con strade incredibili, negozi dell'alta moda e vicoletti semi-deserti con piccole botteghe artigianali, con tanta arte annebbiata dalla foga per il lavoro... Insomma, era un gioco di luci ed ombre. Ed era bellissima.
Penso che il rapporto con Milano sia un po' così, non ci sono mezze misure, esattamente come tutto quello che la caratterizza. Milano o la si ama profondamente o la si odia con passione. È così. Punto.
E io l'ho amata, da subito, in un modo diverso da come amo Roma, quello è un amore incontrollabile, viscerale, come se effettivamente la capitale fosse anche un po' mia; con Milano è diverso, so che alla lunga detesterei vivere lì, eppure non riesco a non pensare altro posto dove vivere, dove lavorare. Beninteso, in Italia.
Fu proprio allora, a quattordici anni, che decisi che un giorno sarei tornata lì, avrei preso una piccola casa ed avrei iniziato a lavorare. Milano è la meta obbligatoria per l'arte e lo spettacolo, patria italiana delle case discografiche, della borsa, delle radio, di sedi televisive... Ora forse un po' meno, ma resta comunque a suo modo il punto di riferimento, anche se non esistono più case discografiche a cui bussare alla porta.
Ogni volta che ci torno so che probabilmente la vita mi porterà lì, a meno che non abbia in serbo per me altre sorprese, più grosse e più spaventose. In tal caso, non voglio pensarci ora.
E Milano mi sembra la scelta giusta. Non ho più niente che mi leghi a Napoli, nè sul piano affettivo, nè tanto meno su quello lavorativo e forse, non l'ho mai avuto. Ma ora ne sono pienamente consapevole, sono arrabbiata e pronta a ricominciare, ancora e comunque Milano è un buon posto per ricominciare.
Non so quando, forse tra un anno quando mi avranno messo in testa una corona di alloro e sarò una dottoressa in musica o tra dieci oppure il mese prossimo, so solo che alla fine mi troverò lì, perchè sembra quasi che mi stia chiamando.
E va bene così.
E così un giorno la città di tutti anche mia sarà

giovedì 28 novembre 2013

#Mondovisione

Abitare vicino alla Ricordi è la mia maledizione. Probabilmente il mio contrappasso sarà quello di lavorare all'infinito in un negozio di dischi e libri e non poterli mai leggere o ascoltare, non so di preciso in quale girone finirò, ma spero che ce ne sia uno più vicino a Lucifero per coloro che scaricano tutta la musica gratis.
Novembre è stato un po' Natale per me perchè nel giro di tre settimane, ho comprato tre dischi ed un DVD. La verità è che ho un armadio quasi vuoto perchè molti vestiti degli anni precedenti non mi stanno più o si sono fatti troppo vecchi ed un'intera parete piena di CD e libri... E quando qualcuno mi chiede perchè continui a comprare CD quando nessuno lo fa più dato che ormai le canzoni si possono scaricare gratuitamente, mi sale veramente il crimine (odio quest'espressione, ma non ne trovo una migliore per descrivere quello che provo in questi casi). Innanzitutto io sono un'aspirante musicologa/musicista/che vuole lavorare nel mondo della musica e proprio io non potrei appoggiare la pirateria dato che la musica è la mia vita e probabilmente anche il mio futuro e dovrebbero iniziare a pensarla così anche tutte quelle persone che scaricano illegalmente ogni singola canzone perchè così la musica morirà e tutti hanno bisogno della musica.
Ad ogni modo, ho comprato "Mondovisione", il nuovo di Luciano Ligabue. E come potevo perdermelo dato che lui è il mio cantante preferito?
Innanzitutto, trovo l'album geniale (materialmente parlando): l'idea del porta CD-libretto tutto insieme in cartone è bellissima, mi piaceva già con il CD di "Campovolo 2.0", ma quello di "Mondovisione" è forse ancora più bello; anche l'attenzione alle fotografie è, a mio dire, molto interessante, sono tutte particolari ed è impossibile non soffermarsi a guardarle per un po'.
Ma veniamo alla musica. Devo ammettere che quando è uscito il primo singolo, "Il Sale Nella Terra", ero un po' scettica. Il testo non è male, ma i coretti non mi piacevano tanto, il video non è di sicuro uno dei migliori del Liga e la musica mi ricorda un po' troppo i Linkin Park, insomma ne ero un po' delusa. Oggi ho ascoltato tutto il CD e devo dire che, a parte il primo singolo, è un album molto bello, mi sono piaciute la maggior parte delle canzoni che hanno riscattato la prima traccia estratta. Ecco, forse non l'avrei scelto come brano di anticipazione del nuovo album, trovo che ci siano canzoni decisamente migliori sia dal punto di vista musicale che del testo, che lo rappresentano di più...
Mi piace molto che alcuni pezzi non hanno quella "purezza" che caratterizza gli album registrati in studio, ma sembrano presi da un live fatto molto bene, in cui i rumori esterni sono insonorizzati. Nei testi ancora una volta mi ci rifletto e questo un po' mi fa sorridere perchè Luciano ha una particolare abilità nello scrivere testi che sembrano un po' capire le persone. E poi c'è il suo modo di dire tutto ciò che pensa senza filtri, lo fa nelle canzoni d'amore come in quelle in cui caccia fuori tutta la sua rabbia e il suo disdegno e lo fa in un modo che non può essere ignorato. Belli anche i due incipit strumentali, "Capo Spartivento", ma soprattutto "Il Suono. Il Brutto E Il Cattivo" che io non avrei lasciato solo come breve traccia audio, ma ci avrei fatto un'altra canzone perchè lo trovo molto bello.
In definitiva, lo trovo un gran bel disco, forse migliore di alcuni suoi lavori precedenti, ma non il migliore in assoluto, però mi piace già tantissimo e, canzoni come "Il Volume Delle Tue Bugie", "La Neve Se Ne Frega" e "Sono Sempre I Sogni A Dare Forma Al Mondo", potrebbero benissimo entrare tra le mie canzoni preferite del Liga.
Bravo Luciano, hai sempre un nome e cognome che comunque resiste di più

sabato 23 novembre 2013

Thor: The Dark World.

Avviso ai lettori di questo blog: i contenuti del suddetto post potrebbero contenere spoiler, per tanto si consiglia di rimandarne la lettura allo scopo di non entrare a conoscenza di scene e/o particolari importanti che ne rovinerebbero la visione dello stesso. 
E poi non dite che non vi avevo avvisati!

È da un po' ormai che sto in fissa con i film tratti dai fumetti della Marvel, in particolare con tutti i supereroi che ruotano attorno al "progetto Avengers". La "mania" me l'ha fatta venire un'amica che, in un sabato sera particolarmente insipido, mi ha proposto di andare insieme a vedere il terzo capitolo di Iron Man; ero certa che non mi sarebbe piaciuto, anche se, lo ammetto, non conoscevo minimamente la trama e neanche mi interessava colmare questa mia mancanza. Ma sapevo che l'attore fosse Robert Downey Jr. e allora mi sono detta che poteva andar bene, anche solo per vedere lui (confesso, come uomo lo preferisco addirittura a Johnny Depp... ed è tutto dire!) e alla fine sarebbe comunque stato meglio di restare a casa, anche a patto di non capirci niente.
D'accordo, forse non avevo le idee molto chiare dopo aver visto il film, ma sta di fatto che la mia amica aveva ragione, alla fine m'è piaciuto. E neanche poco!
Così ho iniziato a diventare una smanettona, ho iniziato i primi due film della serie, Thor, Captain America e L'Incredibile Hulk, fino ad arrivare a The Avengers che mi ha letteralmente conquistata. E mi sono ripromessa di leggere anche i fumetti quando avrò un po' di tempo libero - un bel po' -, tipo dopo la laurea.
Insomma, se Spiderman non è che mi sia piaciuto tanto, forse condizionata dalla mia fobia per ragni ed insetti, i supereroi che mi si presentavano in queste altre trasposizioni cinematografiche dei fumetti targati Marvel, erano decisamente meglio. Vogliamo parlare di Chris Hemsworth nei panni di Thor, con il suo 1.90 di altezza per 92 chili di muscoli, i lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri? Parliamone.
Così non potevo non andare al cinema a vedere l'appena uscito Thor: The Dark World e, come mio solito, ho deciso di buttare giù una recensione a modo mio sul film.
Devo dire che mi è piaciuto molto, forse molto di più del primo, la trama è avvincente e tiene incollati allo schermo per due ore che scorrono velocemente e piacevolmente.
Trovo Natalie Portman decisamente adatta per il ruolo di Jane Foster e in questo film ha dato un'ulteriore prova della sua bravura e versatilità per qualsiasi parte. Nulla da dire su Chris Hemsworth che è perfetto per il ruolo di un dio e che ha recitato decisamente meglio rispetto al primo film. Devo ammettere anche che quando è apparso Chris sullo schermo, quasi schizzavo dalla poltrona del cinema urlando ed applaudendo... Eh vabè. Ormoni.
Una cosa che mi ha colpito molto, così come già in The Avengers, sono stati gli effetti speciali, non eccessivamente esagerati, ma puntuali, che in alcuni casi mi hanno anche lasciata a bocca aperta, ma senza eccessi.
Il film ha alternato momenti tranquilli dal punto di vista della trama, a momenti di suspense, ad altri molto tristi ed infine alcuni davvero divertenti. Soprattutto quelli in cui vedono Loki come protagonista della scena, quando Thor decide di fidarsi di lui e tutti minacciano di ucciderlo se lo tradisce, all'inizio sembra serio, ma poi alla terza persona che gli ripete la stessa frase, la sua risposta "Mi ucciderai? Mi sa che devi metterti in fila!" è stata davvero divertente, infatti la sala è scoppiata in una sonora risata.
Ho anche rivalutato molto il suo personaggio, tralasciando che l'immagine del cattivo non si addice a Tom Hiddlestone che ha un sorriso ed un'espressione dolcissima e comunque è un cattivo un po' diverso dal solito, o meglio è un cattivo che è costretto a fare il cattivo, ma che si dimostra invece una persona leale nella sua slealtà. Nella scena della sua morte il cinema si è riempito dell'eco del mio "No", ma due secondi dopo mi sono resa conto che era impossibile che fosse morto perchè è un personaggio troppo importante e infatti il finale mi ha dato ragione.
In definitiva è un film che consiglio e non solo perchè il protagonista fa girare la testa per quanto è bello...
E poi gli ultimi minuti di ripresa, dopo i titoli di coda - il marchio dei film Marvel -, mi ha fatto desiderare che il secondo capitolo di The Avengers esca il più presto, ma purtroppo bisognerà aspettare maggio 2015.

giovedì 7 novembre 2013

Vita da "fuori sede"!

Nuovo video, questa volta in una nuova location dove finora non mi ero mai azzardata a girare... La mia camera a Bologna. Disordinatissima ed adorabile.
Il video voleva essere una "risposta" a quello di Leonardo Decarli "Vivere Da Soli", ma mezz'ora dopo aver finito di montare il video ho scoperto che Youtube ha levato l'opzione per fare i video di risposta a settembre... per cui ho preso un bel palo! Ma dopo aver passato un pomeriggio a registrare con una macchina fotografica e la webcam, facendomi prendere per pazza dalla vicina che mi ha vista uscire e rientrare cinque volte di seguito senza un apparente motivo, ho deciso di caricarlo lo stesso. Vi dirò di più, è stato uno dei video che mi ha divertito di più fare, per cui era un peccato lasciarlo inutilizzato.
In questo video sarete partecipi della saga di Helda Tassi, avvincente quasi quanto Harry Potter o Percy Jackson...
A comporre la saga, infatti ci sono i seguenti capitoli:
Helda Tassi e lo spasmodico uso di "insomma".
Helda Tassi e la triste scomparsa dei video di risposta su Youtube.
Helda Tassi e Uga la Tartaruga, un'amica vera.
Helda Tassi e la mancanza di cibo nel frigo dove però c'è una macchina fotografica.
Helda Tassi e i peperoncini calabresi appesi alla porta d'ingresso.
Helda Tassi e il disordine nascosto.
Helda Tassi e la battaglia contro i cuoricini verdi di What's App. Ultimo incredibile episodio della saga!
No, scherzi a parte... È un video che ha molto di me ed era un po' che volevo farlo, Leonardo Decarli mi ha dato solo lo spunto per mettermi all'opera una volta per tutte.
Per quanto riguarda le novità... No, non ve lo dico neanche qui. Ho bisogno di un ok e poi ne parlerò abbondantemente sul canale, qui sul blog e sulla mia pagina, ma se siete delle persone attente forse avrete notato delle anticipazioni già sulla pagina e su Twitter. Ad ogni modo, restate tuned!

domenica 27 ottobre 2013

Giovani ribelli.

Oggi torno ad utilizzare questo blog non solo come discarica dei miei pensieri, come una sorta di Pensatoio, ma torno a parlare di cinema, che è una delle mie "competenze". Chiaro no? Studio musica al DAMS e parlo di cinema... Tipico di me.
Ammesso che la musica sia effettivamente una mia competenza...
Ad ogni modo torno a parlare di cinema, forse perchè non mi è capitato di recente di sedermi su quelle [s]comode poltroncine rosse a guardare qualche film o forse perchè in realtà di recente non ho visto film che erano degli di nota.
Sono tornata a Napoli e mi sono concessa di nuovo un pomeriggio al cinema ed ho visto "Giovani Ribelli". Il nuovo film con Daniel Radcliff. Cioè con Harry Potter... No, Daniel Radcliff.
La trama mi affascinava, insomma ci ho fatto la mia tesina di maturità su Jack Kerouac ed Allen Ginsberg. Una tesina incentrata sulla strada, non sul viaggio, sulla sregolatezza, su artisti maledetti, omosessuali, sulla droga e sull'alcool, sul superare i limiti; insomma, una tesina che mi ha fatto guadagnare gli sguardi sdegnati della commissione per tutto il tempo in cui l'ho esposta.
Allan Ginsberg era solo un autore marginale nella mia tesina, mi serviva per collegare Bob Dylan a Kerouac e alla strada, per cui non conoscevo bene la storia.
Il film è stato molto bello, anche molto cruento, ma bello. Mi ha sorpresa soprattutto l'interpretazione di Daniel Radcliff. Insomma, da Potterhead sono abituata a vederlo nei panni di Harry Potter, per cui devo ammettere che vederlo in un altro film mi ha un attimo destabilizzata, dal momento che mi sono rifiutata categoricamente di guardare The Woman In Black dato che era un horror e che quindi è il primo film che vedo con lui dopo la trasposizione cinematografica della saga della Rowling.
La sua interpretazione è stata un crescendo, inizialmente mi è sembrata abbastanza buona, poi man mano ho iniziato a considerarla decisamente buona. Credo che sia difficile interpretare un ruolo del genere, soprattutto quando la cicatrice a forma di saetta ti resterà impressa anche quando Harry Potter non esiste più. Soprattutto perchè dal fare magie è passato all'essere uno dei più importanti scrittori americani, con una vita sregolata, al limite di tutto, con un appassionato bacio omosessuale ed un molto esplicito rapporto con un uomo.
Qualcuno l'ha giudicato il nuovo "Carpe Diem", io non la penso allo stesso modo. Perchè "Giovani Ribelli" ti sbatte in faccia una storia vera, in tutta la sua crudezza, senza censure, trattando argomenti difficili come la droga, lo sballo e il sesso; argomenti che non erano per niente approvati da alcuni spettatori in sala chiaramente sdegnati.
A me invece, in tutta la mia probabile ignoranza cinematografica, il film è piaciuto così, crudo e reale. In fondo, senza tutto quello, senza la droga, l'alcool, la sregolatezza e tutto il resto, non sarebbe uscito fuori Allen Ginsberg, non ci sarebbe stato Jack Kerouac e tutta la Beat Generation.

E, dato che oggi mi sono data ad un post più "impegnato", volevo concluderlo ricordando un grandissimo artista che ha contribuito a fare grande la storia del Rock e che in qualche modo anche lui ha avuto a che fare con una vita abbastanza sregolata.
Ciao Lou Reed.

martedì 15 ottobre 2013

Quando arriva la notte...

C'è una cosa che amo davvero tanto, dormire.
In linea con il mio cognome sarei anche capace di andare in letargo, di rifugiarmi in comodo letto caldo e dormire per un tempo indeterminato, finchè l'iperattività non torni ad impossessarsi di me.
Eppure non ricordo una notte recente in cui sia riuscita a dormire per tutto il tempo, in cui mi sia addormentata velocemente e soprattutto in cui non mi sia svegliata con il senso di vuoto allo stomaco, tipo la sensazione di cadere, però molto più schiacciante.
Le provo tutte la notte per addormentarmi: mi cullo, abbraccio il mio amato peluche di Timon, ho provato a cantarmi "Kumbaya" da sola, era la canzone - o almeno, una delle canzoni ricorrenti - che mi cantava mio padre da piccola per farmi addormentare, mi portava avanti e indietro per il corridoio della nostra casa cullandomi nella speranza che i miei occhi si chiudessero in fretta, cosa che in realtà non succedeva neanche allora; ho provato a farmi bibitoni di erbe disgustose, a prendere la camomilla prima di andare a dormire e persino la valeriana; ho provato a contare le pecorelle fino ad arrivare a cifre troppo alte e complesse per il mio cervello e così passo ad altri animali, cercando di ricordare in ordine alfabetico quelli riportati sul mio amato libro "Animali dalla A alla Z" regalatomi a cinque anni, per poi passare ad "Animali Fantastici, Dove Trovarli" una volta finito l'elenco di quelli reali. 
Niente.
Sebbene la maggior parte delle volte io sia stanchissima, distrutta da una giornata pesante, non riesco a chiudere occhio almeno per la prima ora che passo a letto. Ed è snervante. Mi ritrovo nel silenzio assordante a fissare un punto nel vuoto avvolto dal buio più profondo. Sola, con qualsiasi minuscolo rumore che mi ferma il cuore nel petto, lasciandomi immobile e senza fiato, soprattutto il rumore dei miei pensieri che è più assordante di una discoteca alle tre del mattino. 
Sembra che il sonno non ne voglia sapere di venire a trovarmi velocemente. Per cui facendo un calcolo approssimativo (molto approssimativo considerando che la matematica non è una delle mie migliori amiche e che va bene solo finchè i numeri non superano le mie dita), ho una quantità di sonno arretrato da far invidia ad Edward Cullen insomma.
Così alla fine mi racconto le store. È una cosa che mi piace, io racconto continuamente storie e le racconto quasi sempre a me stessa. E sono storie infinite, con infiniti risvolti e con finali sempre diversi. Sono le storie che vorrei scrivere, ma non ho tempo; sono le storie di ciò che avrei voluto dire o fare in un determinato momento, ma non l'ho fatto; sono le storie di universi paralleli, in cui tutto si svolge al contrario di tutto, in cui tutto va bene... Sono le storie del mio paese delle meraviglie. Ed io sono Alice, persa ad ammirare uno spicchio di luna rovesciata che poi diventa il sorriso di un gatto grasso e viola, persa nei cerchi di fumo del narghilè del Brucaliffo, persa a scappare da una regina psicopatica e dalla sua armata di carte di cuori, con tanto di tè preso al non-compleanno del Cappellaio Matto e del Leprotto Bisestile, con un coniglio col panciotto che mi ripete che è tardi e per concludere dei fiori che mi dicono che non sono un fiore. Ecco, Alice sono io...  
E quando finisco di raccontarmi le storie, allora finalmente riesco a chiudere gli occhi e a dormire, per entrare in altre storie altrettanto assurde.

mercoledì 9 ottobre 2013

Ho bisogno di più tempo.

Sono sempre alla ricerca di più tempo, giro guardando l'orologio e ripetendomi continuamente "è tardi, è tardi" come il Bianconiglio di Alice nel Paese delle Meraviglie; sono sempre di fretta e spesso in ritardo, non con gli altri ma con me stessa e alla fine della giornata mi sembra che io non abbia fatto altro che rincorrere il tempo, in una corsa estenuante in cui l'ho sorpassato più volte senza però riuscire mai a vincere.
Ho sempre bisogno di più tempo, come se tutto quello che ho da fare - o meglio, che vorrei fare - non potesse essere confinato nell'arco di sole ventiquattro ore. È troppo poco ed io ho troppo da fare.
Questo mi porta a pensare che in effetti sia io ad essere accelerata e non il tempo a scorrere troppo veloce. In realtà lo sono sempre stata, ne è un esempio la mia nascita prematura di quasi un mese, non ero ancora nata e già andavo di fretta. Avevo già voglia di fare mille cose e la staticità mi opprimeva, come adesso. 
Molti si lamentano che tutto va veloce e loro restano indietro, spaesati da questa velocità, per quanto mi riguarda è esattamente il contrario, tutto attorno a me sembra muoversi a rallentatore, mentre io vado al doppio della velocità e invece devo attendere. E io detesto le attese. Tutto, maledetto e subito. Senza dover aspettare, senza sospensioni e quant'altro; perchè se è vero che l'attesa del piacere è essa stesa piacere, è anche vero che l'attesa porta ansia e io ne ho già abbastanza di mio per potermi permettere di averne in quantità extra. E porta anche inutili perdite di tempo che invece potrebbe essere usato in un altro modo. Forse migliore.
Ho bisogno di più tempo già appena sveglia, quando vorrei poter ancora flirtare con Morfeo e invece devo fare già tutto; poi durante la giornata perchè gli impegni si accavallano e vorrei riuscire a fare di più e ne vorrei ancora quando la sera mi concedo una mezz'ora per scrivere, continuando l'ennesima delle mie storie incomplete, e invece mi sento vincere dalla stanchezza e dai corteggiamenti di Morfeo, con il quale in quel momento non vorrei avere niente a che fare. 
Mi serve più tempo per parlare, per pensare, per potermi concedere una pausa per mandare un messaggio senza il rimorso o la sensazione di perdermi qualcosa nel frattempo. Vorrei potermi dividere in due per riuscire a fare tutto quello che mi passa per la mente, senza l'ansia di non aver studiato abbastanza... di non aver fatto abbastanza.
Così, mentre mi divido tra giornate così piene da rischiare di farmi ricoverare in manicomio, tra le mille attività extra che mi impongo di portare avanti - e in realtà sono quelle che faccio con più piacere - e tra lo studio e la vita da universitaria fuori sede, volgo spesso uno sguardo supplichevole all'orologio, sperando di vedere le lancette girare al contrario e regalarmi più tempo.
E poi, durante la mia ricerca continua ed ossessiva di più tempo, mi ritrovo adesso a desiderare che il tempo si acceleri saltando due giorni. Ho davanti a me due esami di musica, di cui uno allucinante e sembra che tutto sia avverso al mio studio, per cui se da un lato avrei bisogno di molto più tempo, da un altro l'attesa mi distrugge e vorrei che fosse già passato. Così Bach non si rivolterebbe più nella tomba per causa delle mie armonizzazioni assurde dei suoi corali. 
Una cosa è certa, quelle due ore saranno contemporaneamente lunghe quanto due secoli e corte quanto due secondi, mi ritroverò in quello strano limbo extratemporale in cui non ci sarà altro che il foglio pentagrammato e me... tutto scandito non più dal rumore delle lancette, ma dai battiti troppo forti del mio cuore. 
E quando alla fine sarò uscita dall'aula Dioniso Fanciullo, la mia giornata sarà ancora troppo corta per poter fare tutto il resto... e allora sarò di nuovo alla ricerca di più tempo.

sabato 28 settembre 2013

H&M

No, non pensavo di fare una recensione sulla catena di vestiti ed accessori H&M, ma semplicemente notavo che di recente che la mia vita ruota attorno ad un sacco di cose e/o persone il cui nome inizia per M.
Ho basato la mia vita sulla musica, facendone praticamente l'elemento fondamentale subito dopo l'ossigeno, passando anni a studiare, suonare, cantare ed ascoltare tantissime canzoni e tanti concerti, fino ad arrivare a scegliere un'università lontana dalla mia città natale, dai miei genitori e dagli amici e da tutte le mie abitudini, semplicemente per far sì che la musica permeasse ancora di più in me, in tutte le sue sfaccettature, dalla storia, all'armonia, all'acustica e tutto il resto. Studio qualsiasi cosa faccia parte della musica, lo faccio con passione e con immenso interesse, anche se molte persone (moltissime), pensano che non ci sia niente di più noioso di queste cose ed arricciano il naso se mi gaso parlando del Clavicembalo Ben Temperato di Bach. E vabè, ognuno ha i suoi gusti e le sue passioni, io per esempio potrei star male al solo pensiero che certe persone studiano per poter salvare da una condanna dei criminali. Punti di vista.
Inoltre sono nata nel quartiere di Bagnoli a Napoli, un quartiere che per la sua recente storia è abbastanza permeato di musica; la mia storia - così com'è - deriva per gran parte da Viale Campi Flegrei 55 e da quel Cortile di Bagnoli dov'è iniziata la vita da pirata dei fratelli Bennato e di conseguenza anche quella di mio padre. Ah, tra l'altro, nella smorfia napoletana, il numero 55 simboleggia la musica ed il cinque (spesso duplicato), è un numero che si ripete tantissimo nella mia vita (il mio nome e il mio cognome, la somma della mia data di nascita, la somma del mio numero di matricola...).
Bagnoli inoltre è un quartiere industriale della zona Sud-Ovest di Napoli, ma prima di essere rovinato dall'Ilva e poi dall'Italsider, questo quartiere era - così come suggerisce il nome, Balneolis - una zona dove si fanno (si facevano) i bagni e si poteva usufruire delle terme naturali. Insomma, gli antichi romani adoravano Bagnoli ed era una specie di posto di villeggiatura dell'epoca. Come dar loro torto?
Bagnoli è bagnata quasi completamente dal mare, un altro elemento che in qualche modo ha sempre fatto parte della mia vita. Essendo nata in una città di mare, ho con quest'ultimo un legame particolare: mi trovo a mio agio nell'acqua, tanto da essere definita più volte una sirenetta e da bambina è capitato che desiderassi così tanto andare a mare da buttarmici in pieno inverno e con i vestiti durante un pranzo con i miei genitori. E il mare mi manca tantissimo, mi manca l'odore, il rumore che fa quando è mosso dal vento, mi manca il clima mite delle città di mare.
E infine passo all'infinita serie di persone il cui nome inizia per M che hanno in qualche modo condizionato la mia vita. Chi per brevi periodi, chi per periodi più lunghi... Iniziando proprio da mio padre, Massimo, che è sempre stato il mio faro, la mia guida e di cui spesso mi ritrovo ad essere il riflesso, in tutti i sensi. È il mio primo eroe, la persona con più cultura che abbia mai conosciuto e che negli anni ha cercato di passarmene un po', facendo sì che io mi appassionassi all'arte, ai musei, alla musica, al teatro, alla lettura; insomma, è la persona che mi ha dato di più culturalmente parlando e per cui io provo un amore incondizionato. Accanto agli interessi e alle passioni, c'è poi stato l'affetto, l'amore, l'educazione e tutta una serie di sentimenti che mi ha trasmesso mia madre, che tra l'altro tra i suoi vari nomi di battesimo ha anche una M (Bianca Maria Francesca Lucia). Ho preso molto da mia madre, ho praticamente tutti gli aspetti negativi e positivi del suo carattere e, sebbene sappia che i miei difetti (e i suoi) non sono proprio tralasciabili, sono fiera di avere il carattere che mi ritrovo, di essere buona e di cercare sempre il meglio nelle persone e, anche quando non ce l'hanno e mi deludono, cerco sempre di dare un'altra opportunità, esattamente come fa lei che mi ha resa probabilmente una delle persone più educate, timide ed altruiste di questo mondo. E soprattutto che mi ha resa una persona migliore.
Un'altra importante persona con la M, è stata la mia professoressa di lettere del triennio al liceo. Chiunque abbia avuto lei come insegnante con ogni probabilità la ricorda quasi tremando; era una professoressa incredibilmente preparata e non solo sulle sue materie, ma per questo anche incredibilmente esigente. Penso che per colpa sua abbia avuto i più forti attacchi di colite (e di panico) della mia vita, ma a distanza di tempo, ricordo solo la sua capacità di farmi amare spassionatamente ciò che lei mi ha insegnato e la grande persona che è, che ha creduto in me anche quando io stessa non ci credevo, che mi ha spronata anche se io davo consapevolmente il peggio di me, mi ha messo dei sonori due per farmi capire che potevo dare molto di più, fino a farmi quasi commuovere quando invece mi elogiava per i voti alti e più che meritati che avevo preso - grazie al mio linguaggio quasi perfetto, al mio modo di scrivere e di esporre i concetti -, fino a farmi piangere quando, dopo il mio esame di stato, ho realizzato che l'avrei persa nel mio percorso accademico e che purtroppo non avrei mai più incontrato insegnanti del genere.
Infine ci sono una sfilza di ragazzi di cui mi sono devastantemente infatuata che, ironia della sorte, avevano la M come iniziale del nome (e a volte anche del cognome)... Insomma, ho una lista di Marco che sono andati via e non ritornano più da fare invidia alla Pausini.
(Foto scattata in un hotel a Milano nel 2007)

mercoledì 25 settembre 2013

E il terzo anno accademico inizia così.

Nessuno dovrebbe fare qualcosa che non ha voglia di fare e io, purtroppo, ho fatto troppe volte cose che non volevo fare convincendomi invece che in realtà volevo farle. Ora ho capito, forse.
Ed ho messo anche questo nella valigia che ho portato a Bologna, una pesantissima valigia piena di roba, di pensieri e forse anche di quelle quattro quattro farfalle un po' più dure a morire, molto più pesante di quella con cui partii due anni fa per arrivare in questa città, con troppi conti in sospeso e troppe idee troppo confuse. Per cui l'ho presa di forza e l'ho portata su per tre piani di scale di un palazzo antico ed ancora mi fanno male le braccia, ma va bene così, sono felice.
Sono felice, molto più di quanto immaginassi. A metà luglio ho lasciato Bologna esasperata dopo il mio primo semestre (o forse dovrei dire eptamestre) da sola, era stato difficile e chi lo nega, ma poi è passato il tempo, mi sono ripresa dallo stress degli esami ed ho avuto la mia dose di coccole da chi di dovere e alla fine, in realtà molto prima di quanto pensassi, Bologna mi mancava già.
Però l'idea di tornare mi metteva un po' d'ansia, non so bene perchè... Ma poi, mentre Napoli si rimpiccioliva dal finestrino del treno, mi rendevo conto che restare non era ciò che volevo sul serio e che non mi sarei potuta sentire più serena di quel momento. E quelli che fino a pochi giorni fa mi sembravano problemi, ora mi sembrano soltanto far parte della mia infinita collezione di pippe mentali inutili. (n.d.r. ma quanto mi piace questa espressione?)
Non sono scappata, so benissimo da me che i problemi non si risolvono scappando, mi sono solo resa conto che restare era il vero problema.
Per cui eccomi di nuovo qui, a Bologna, nella mia piccola camera, con le mie abitudini, con gli amici che mi regalano bei momenti di studio e non (soprattutto non), con la mia pessima cucina che però adesso non è più tanto brutta e con la mi autoironia... e con tutto il resto.
Sono semplicemente tornata alla mia vita, quella di studentessa universitaria che crede fermamente nei suoi progetti futuri.
Sì, ora si chiamano progetti futuri, non sogni. Non che si siano realizzati nel frattempo, ma chiamarli sogni significa dare loro un'accezione effimera, quasi negativa perchè è sottinteso che inconsciamente pensiamo che non potranno mai essere realtà; parlare di progetti invece è tutta un'altra storia, perchè significa rimboccarsi le maniche e mettersi all'opera per attuarli. Ed è quello che ho intenzione di fare e che in effetti già sto facendo. Ecco, anche questo significa crescere.
E, mentre mi rimbocco le maniche, mi diletto in sperimentazioni culinarie alternative e cerco di ricordare tutte le infinite regole della teoria musicale, sono anche carica per questo nuovo anno accademico, l'ultimo!
Per cui vivere in una città bella come Bologna e studiare nella facoltà più figa che esista, ha come unico risultato quello di non veder l'ora di iniziare i corsi. Nonostante le indecisioni per scegliere i corsi del piano di studi, lo stress per le varie gite tra segreterie ed uffici didattici, l'ansia per il laboratorio di musica ogni giovedì dalle 19 alle 21 (l'ansia va più che altro all'inverno e alla neve!), la segreteria che cambia/sposta/posticipa gli orari dei corsi a giorni alterni come le targhe, sono sul serio in fomento per il mio ultimo anno universitario, che tra l'altro è iniziato con una colazione al bar con gli amici, meglio di così... Ah, ho pure comprato l'agenda quest'anno!

lunedì 16 settembre 2013

Buoni propositi.

I buoni propositi per il nuovo anno io li comincio tre mesi prima del nuovo anno, perchè tanto so che Capodanno sarà deprimente come ogni anno da quando ho smesso di stare su un palco il trentuno dicembre, così mi attaccherò alla prima bottiglia di spumante di poco conto che troverò in giro e le bollicine mi faranno dimenticare della lista di buoni propositi, facendomi iniziare il nuovo anno nello stesso modo in cui avrò concluso quello precedente. Con il piede sbagliato.
Il problema è che non ho ancora capito bene qual è il piede giusto, così mi sento un millepiedi alla ricerca del suo piede non sbagliato.
Per cui direi che l'inizio del mio terzo ed ultimo anno accademico è un buon momento per parlare di buoni propositi, probabilmente non li rispetterò comunque, come succedeva ogni anno quando riprendevo la scuola ripromettendomi sempre di iniziare a studiare sin dall'inizio e per le prime due settimane ci riuscivo anche, poi però inspiegabilmente i compiti si quadruplicavano e mi lasciavo sempre qualche argomento arretrato per poi ritrovarmi a fare assenze programmate il giorno prima di un compito o di un'interrogazione per cercare di recuperare tutto.
Ad ogni modo in questo momento ho bisogno di avere dei buoni propositi, un modo per far svagare la mia mente che sembra occupata da una serie di problemi che alla fine si risolvono in eclatanti sciocchezze. Insomma, ho bisogno di un diversivo.
Per cui ecco i miei buoni propositi.
Con il terzo anno al DAMS, bisogna ottenere dei crediti facendo delle ore o di seminario o di tirocinio o di laboratorio musicale, io ho scelto quest'ultimo e quindi da ottobre fino ad aprile dovrò seguire il laboratorio dalle 19 alle 21 per due giorni alla settimana. Potrei scegliere di far parte del coro, il che sinceramente non mi dispiacerebbe dato che passo 3/4 della mia giornata cantando... oppure si richiede la conoscenza elementare di uno strumento musicale.
Ecco, oltre a suonare il clacson come qualsiasi donna isterica al volante, a saper fare il giro di Do sulla chitarra e a saper riprodurre qualche melodia - senza accordi! - sul pianoforte, so anche suonare il violino. E tecnicamente le mie conoscenze non sono neanche tanto elementari, o almeno non lo erano.
Ho suonato il violino per tre anni nella sezione musicale alle medie, avendo un rapporto strano con quello strumento, mi è stato imposto perchè i posti per pianoforte erano tutti pieni ed io avevo un buon orecchio musicale che sarebbe stato adatto per suonare il violino. All'inizio l'ho odiato, poi ho iniziato ad apprezzarlo, fino ad amarlo, fino a vincere anche un paio di concorsi. Fino a decidere di fare l'esame di ammissione al Conservatorio San Pietro a Maiella di Napoli, su dodici posti io sono arrivata tredicesima, ma avevo un punteggio più alto di persone che erano state ammesse. Le ingiustizie non mi sono mai piaciute, per cui il disgusto per quello che era successo ha fatto sì che io prendessi il mio violino, lo chiudessi nella sua custodia e non lo aprissi più. Il laboratorio musicale al DAMS mi offre la possibilità di riprenderlo e riscattarmi, di portare avanti una passione che per la delusione ho accantonato; era un'idea che mi balenava nella mente già da un po', ma non lo suono più da circa sei anni, ho perso i calli che dolorosamente mi si erano formati sui polpastrelli e praticamente dovrei iniziare tutto d'accapo, per cui ecco i primo dei miei buoni propositi: portare il mio violino a Portalba per cambiare le corde ormai vecchie ed usurate dal tempo e dall'immobilità e tornare a suonarlo il più presto possibile.
L'unico dolore che voglio provare in questi mesi è quello delle corde sottili che mi taglieranno le dita finchè non si formeranno di nuovo i calli, ripudio qualsiasi altro dolore, soprattutto quello per persone che non sono minimamente interessate a me e per le quali ho sofferto fin troppo. La smetto di correre dietro alle persone, d'ora in poi chi mi vuole mi cerca, ma soprattutto deve considerare che io potrei anche non esserci più. Ci sono stata per troppo tempo, mi sono fatta calpestare in onore di sentimenti forti, che provavo solo io e adesso mi sono scocciata di esserci per gli altri e di essere sempre più assente per me. Ecco il mio cambiamento e non ho bisogno di un nuovo look per attuarlo!
Ed il terzo dei buoni propositi è quello più inattuabile visti gli orari allucinanti di quest'anno, per cui lo dico più per aggiungere qualcosa alla lista che per altro... Non dico di voler fare la dieta, ma di cercare di mangiare in maniera più adeguata e tenermi in forma... Ma questa, lo ripeto, potrebbe essere la solita frase comune di tutti, lunedì inizio la dieta... Chissà però qual è il lunedì in questione.
 

domenica 8 settembre 2013

Brand new me.

Molte persone dicono che un nuovo taglio di capelli rappresenta l'inizio di una nuova vita. O meglio, come se si chiudesse un capitolo della vita e ne iniziasse un altro. È una frase che mi ha sempre fatto ridere, oggettivamente è ridicolo, cambiare acconciatura è un cambiamento fisico, nemmeno poi tanto rilevante, ma non cambia nient'altro.
Non si cambia mai, a meno che non siamo noi stessi a decidere di cambiare e comunque è una cosa molto difficile.
Per questo, quando ho deciso di scurire un po' i capelli, non pensavo a nessun grande cambiamento spirituale, era una questione pratica: i miei capelli non erano chiari come li ho portati per un anno, quindi per quanto belli, era stressante stare dietro ad una ricrescita scura che dovevo coprire tipo ogni mese, per questo la decisione di tornare castana... Che poi il mio parrucchiere abbia deciso di farmi diventare improvvisamente bruna e che io abbia passato gli ultimi giorni a dannarmi per questo tono così scuro, è un altro discorso. Nessun grande cambiamento, nessuna nuova me. L'unica cosa che ho ricavato dalla mio nuovo look, è stato un video... L'ennesimo, in cui prendo in giro prima me stessa e poi le persone in generale. Tutte. Beninteso, in modo scherzoso, non mi permetto di giudicare, perchè se è vero che nessuno è perfetto, io sono il ritratto dell'imperfezione. Però non mi sono caricata di buoni propositi che so già in partenza che non porterò mai a termine. Sono sempre la stessa.
È proprio questo il problema, che io non cambio e mi rendo conto che nessuno più di me dovrebbe cambiare. 
Sono sempre quella che ha più sogni nel cassetto che mutande. 
Quella che cerca di vedere sempre il buono nelle persone, anche quando non c'è, finchè non mi faccio male e allora mi limito ad ignorare quell'individuo, senza ribattere, senza chiedere spiegazioni, senza urlare... Così, lasciando tutto in sospeso, perchè non mi piace nemmeno parlarne, perchè perdo tutte le parole possibili, anche quelle brutte.
Sono sempre quella che crede nell'amore e che preferisce restare sola piuttosto che prendere in giro o essere presa in giro. Sono dell'idea che avere un soprammobile accanto non sia utile per me e sia solo una grande perdita di tempo e a me il tempo serve, sono sempre alla ricerca di più tempo, per cui non posso permettermi di sprecarlo.
Sono quella che cerca di essere sempre positiva, anche quando di positivo non c'è niente; sono peggio dei cartoni della Disney, sono sicura che alla fine c'è sempre un lieto fine. Non ci posso fare niente, è più forte di me, penso sempre che il meglio deve ancora venire, anche quando non sembra possibile, anche quando la vita ha rischiato di schiacciarmi... Allora, l'unico segno del mio cedimento fu tingermi i capelli di nero - non per cambiare, ma per riflettere quello che stavo provando -, per questo mi sono arrabbiata tanto quando sono uscita dal parrucchiere con i capelli così scuri, perchè mi riporta a quel periodo.
Sono quella troppo buona, troppo ingenua, troppo tutto... Ma anche quella che si sente sempre un passo indietro rispetto agli altri, che pensa di non essere abbastanza e di avere sempre qualcosa da imparare.
E sono quella che ha messo l'amicizia sempre al primo posto, anche prima di me stessa. Sono quella che ha pochi amici, ma in cui crede ciecamente e si farebbe uccidere per loro. Ma il tempo mi ha portato a capire che ancora una volta sono un'illusa, perchè la realtà è che ancora una volta ho voluto vedere il buono quando invece sono circondata da voltabandiera, opportunisti, ipocriti che per amicizia intendono qualcuno di cui hanno bisogno in un determinato momento e che possono buttare il momento dopo e che disonorano il significato stesso di amicizia. E che io, purtroppo, continuerò comunque a perdonare, sempre.
Per questo mi piacerebbe che dopo aver passato due ore e mezza dal parrucchiere, non fosse cambiato solo il mio colore di capelli, ma anche io. Mi piacerebbe davvero poter dire "taglio nuovo, vita nuova!". Vorrei sul serio poter dire che questo è il marchio di una nuova me, ma purtroppo non è così. 
It's a brand new me... not yet.

sabato 31 agosto 2013

Quando sono già ricordi che hanno preso casa qui.

A quest'ora, per un mese fino a ieri, ero intenta a fare la mia passeggiata rigenerante dalla Zona Lago al centro di Santa Maria di Castellabate. Era un modo per scaricarmi, per restare sola con me e pensare, mentre la musica si impossessava di me. L'estate scorsa era un momento che condividevo con un'amica, ma quest'anno sono rimasta quasi sempre da sola e comunque non mi è dispiaciuto.
Sono passate circa ventiquattro ore da quando sono andata via da lì eppure mi sembra un millennio, quel posto mi sembra già lontano, così come le persone che ho lasciato. Mi manca tutto, tanto. Esattamente come l'anno scorso, anzi un po' in più.
Non c'è molto da fare, ma come mi ha fatto notare un amico, noi abbiamo avuto la fortuna di fare un mese di vacanza in un posto bellissimo e le cose da fare vanno inventate, se c'è già tutto pronto e confezionato, non ha lo stesso sapore.
Ora mi rendo conto che è così. Che quel poco che c'era era bellissimo grazie alle persone con cui ho condiviso questo mese di agosto. Nel bene e nel male.
È stata un'estate particolare, non posso definirla bellissima come quella precedente, ma di sicuro intensa e comunque indimenticabile, con i suoi momenti al massimo e quelli invece più moderati. Quest'anno forse sono cresciuta, non c'era l'acquagym ogni mattina, nè i balli di gruppo, non c'è stato nessun grande amore, nessun ragazzo per cui ho perso veramente la testa e non ci sono state le amiche, non nel modo in cui avrei voluto comunque. E non ci sono state nemmeno le lacrime alla fine.
Quest'estate mi ha fatto crescere e capire molte cose. Ho capito il vero valore dell'amicizia, il valore che ha per me anche se forse non è ricambiata allo stesso modo, anche se cerco ancora di tenere unito qualcosa che probabilmente si è lesionato da tempo, o che forse non è mai esistito nel modo in cui immaginavo io.
Ho capito che a volte bisogna cacciare gli artigli e che essere troppo buoni non è sempre un pregio.
Ho capito che in un anno le cose cambiano, l'amore finisce e che crescendo si provano emozioni e sentimenti diversi per le stesse persone. Ma comunque i ricordi non si possono cancellare e rivedere qualcuno che è stato importante, provoca comunque un veloce vuoto allo stomaco.
Ho capito che non bisogna giudicare qualcuno senza conoscerlo perchè a volte le risate più sincere le si fanno proprio con quelle persone che avevi puntato per qualche stupido motivo.
Ho capito che, nonostante la lontananza e la totale assenza di contatti per un anno, un amico resta sempre un amico, forse anche di più di persone che si vedono tutti i giorni e si conoscono da sempre.
Ho capito che non importa cosa si fa o dove ci si trova, perchè anche restare in piazzetta nella Zona Lago era divertente, la cosa che conta sul serio è con chi ci si trova in quel momento.
Ho capito che a volte qualcuno che si conosce da poco può regalarti comunque una bella serata, dei buoni consigli e anche tante risate e che vedere l'alba sulla spiaggia è bellissimo.
Ho capito che quest'estate era già piena ricordi e déjà vu ancora prima di iniziare e che poi me ne ha regalati dei nuovi.
Ma soprattutto ho capito che sono innamorata di quella piccola città del Cilento, dei profumi, dei colori, delle persone, dei tramonti mozzafiato, del mare e di tutto il resto a cui, volente o nolente, sarà sempre legata una parte del mio cuore e che spero che quello di ieri sia stato solo un arrivederci e non un addio.

domenica 28 luglio 2013

Dai Helda, aspetta...

Helda, non iniziare a scrivere uno dei tuoi post deliranti, se proprio devi scrivere parla di... parla del tempo!
Che in effetti a me piace un sacco parlare del tempo, sarei capace di poter fare discorsi lunghissimi, con tanto di tesi ed antitesi, con un tale interesse e convinzione da far credere al malcapitato interlocutore che l'argomento in questione - il tempo - sia il più interessante in assoluto e che non ci sarebbe nient'altro di cui io vorrei parlare.
Tra l'altro parlare del tempo adesso non sarebbe neanche tanto fuori luogo. Insomma, fa un caldo allucinante, è arrivato il nostro simpaticissimo Caronte dall'Africa con un vento caldo ed un'umidità orribile e non ci sono rimedi che tengano. Come non mai hanno scelto un nome appropriato, Caronte, il temibile traghettatore degli Inferi, tra tutti i personaggi della mitologia, credo che Caronte sia sempre stato quello che mi impauriva di più, anche studiandolo nella Divina Commedia e persino ora che sto leggendo la saga di Percy Jackson E Gli Dei Dell'Olimpo. Ora me lo immagino lì, metaforicamente dietro di me, con un remo tra le mani mentre mi accompagna da Ade, nel caldo e nella dannazione eterna. Certo, sarebbe problematico immaginare questa scena se credessi sul serio nell'aldilà, ma dato che non ci credo, mi sembra la metafora perfetta per questo caldo. Ad ogni modo con Caronte sono arrivati anche i miei cali di pressione. Eh beh, non potevano mancare, mi sarei preoccupata se quest'estate me ne fossi stata in santa pace senza rischiare di svenire nemmeno una volta, l'avrei quasi interpretato come una sorta di presagio e invece, eccoli qui.
Okay, ho sul serio parlato del tempo. Beh, ve l'avevo detto che sono bravissima a parlare del tempo, potrei continuare per ore. In fondo è un argomento neutro, quando non si sa di che cosa parlare, ecco che entra in scena il jolly; è facilissimo parlare del tempo, non si corrono rischi, non si può sbagliare.
D'accordo sto degenerando.
È questo il mio problema, la maggior parte delle volte mi capita di parlare - o scrivere in questo caso - senza pensare, la mente è rivolta ad altro, è sempre per fatti suoi persa in un mondo tutto suo in cui si isola facendo inevitabilmente l'asociale e nel frattempo le parole scorrono da sole e questo è il risultato. Per questo parlo quando invece dovrei stare zitta e sto zitta quando invece mi è richiesto di dire qualcosa... No, non è vero, parlo comunque, in ogni caso e dico cose senza senso senza riuscire a frenarmi. Tipo ora.
Tipo sempre.
E mi aspetto che gli altri mi rispondano, senza rendermi conto - o meglio, me ne rendo conto dopo, molto dopo - che in realtà non potrebbero rispondermi, perchè spesso parlo da sola, cioè non proprio da sola come una psicopatica, ma nel senso che il discorso - o non-discorso - avviene soprattutto nella mia mente. Così poi resto in attesa.
In realtà l'attesa è una condizione che fa parte da sempre della mia vita. La preghiamo di attendere. Così me ne resto lì, ad aspettare una risposta, un messaggio, un bacio, un incontro che puntualmente non arrivano... E nel frattempo, sempre perchè tutto avviene nella mia testa, inizio ad elaborare scenari alternativi... Insomma, mi faccio un casino di involontarie pippe mentali che a volte rischiano di alterare la realtà. E di rovinare tutto.
Non a caso sono poche le persone che mi riescono a sopportare ed hanno tutta la mia stima, perchè a volte non riesco a sopportarmi neanche io.
Ecco, per questo è molto più facile parlare del tempo. Non ci sarebbe modo di sbagliare, di dire cose inappropriate, è un argomento semplice senza ulteriori risvolti. Ed è immediato, non ha bisogno di posticipazioni, di attese.

lunedì 22 luglio 2013

Vacanze romane.

Quando sono andata la prima volta a Roma avevo circa nove anni. Lo ricordo bene, erano passati pochi giorni dal terremoto in Molise che si era sentito fino a Napoli; ci fu un grande allarmismo a scuola - allora andavo alle elementari - e da quel momento in poi iniziammo a fare delle esercitazioni per evacuare la scuola in caso di allarme che per fortuna non si è mai presentato.
Era il periodo di Halloween e del ponte del due novembre e il tempo non aveva ancora deciso di cambiare a suo piacimento facendo durare l'estate fino a Natale e gli inverni fino a maggio, per cui faceva freddo e la capitale mi accolse con la pioggia.
Ho un ricordo molto nitido di quel giorno, cosa strana perchè fino ai tredici anni, ho ricordi piuttosto sfocati di quello che ho fatto... e di cose ne ho fatte tante. Ricordo che arrivare a Roma con l'auto mi sembrò il viaggio più lungo della mia vita, sebbene avessi passato le estati precedenti sulla Salerno-Reggio Calabria dalla notte alla mattina in attesa di arrivare al villaggio turistico di turno; ricordo che si era fatto troppo tardi per entrare nel Colosseo e che probabilmente mia madre si era arrabbiata con mio padre per questo; ricordo che mi comprarono un orribile keeway giallo che lei mi infilò a forza addosso e che non misi mai più in vita mia perchè lo detestavo, ma nonostante questo, la pioggia non rovinò quella bella giornata e che mangiammo una focaccia con la provola e la salsiccia sbriciolata di cui ricordo ancora il sapore per quanto era buona.
Soprattutto ricordo che, appena arrivai a Roma, pensai che avrei voluto vivere lì, in quella meravigliosa città che, come nessun'altra, fondeva insieme numerosi periodi storici e che era così bella da lasciare senza fiato dovunque si andasse.
Con il tempo sono tornata a Roma altre volte, molte altre, così tante da aver perso il conto di quanto spesso l'abbia vista. Ho imparato a conoscerla, a girare per il centro e a muovermi per le stradine meno conosciute senza aver bisogno di qualcuno che mi accompagnasse o di chiedere informazioni, insomma, conosco molto di più il centro di Roma che quello di Napoli. E in tutti questi anni, ogni volta che ci sono tornata, ho sempre pensato che quella città un po' mi appartenesse, la mia Roma... Non mi stanco mai di andarci ed ogni volta che devo lasciarla, provo una strana sensazione di dolore che non saprei spiegare e sempre penso che non ci sarebbe altra città dove vorrei trovarmi, dove vorrei vivere.
Ieri sono appena tornata da Roma, dove ho passato cinque giorni incredibili. Ad accogliermi stavolta non c'era la pioggia, ma un caldo che ha rischiato più volte di mettermi al tappeto, ma la meraviglia che mi suscitò allora non è cambiata.
Il motivo iniziale per cui sono andata a Roma era il concerto degli Electric Diorama ed About Wayne... insieme, praticamente un invito a nozze per me che ormai mi posso considerare una loro fan sfegatatissima. Inutile dire che il concerto è stato emozionante e bello, che gli Electric Diorama dal vivo sono fantastici e che risentire per la quarta volta gli About Wayne è stato bellissimo, soprattutto perchè hanno presentato tre brani inediti del loro prossimo CD che, senza scherzare, sono belli da far mancare il fiato e da far venire i brividi.
Con le immagini del concerto e la loro musica che echeggiava nella mia mente, ho poi cercato di fare al meglio che potevo le veci di Virgilio, portando in giro per la (quasi) mia città due mie amiche, di mostrare loro quanto Roma sia stupenda e magari, di trasmettere anche un po' del mio amore per la capitale... E forse un po' ci sono riuscita.
Lasciare Roma, dopo cinque giorni così intensi, in giro per le sue strade e per i suoi posti più belli, a mangiare i piatti tipici e a bearsi di quella magia che solo lei ha, è stato come al solito difficile. Ma adesso mi aspettano le vacanze al mare, sono pronta per un'altra estate a Santa Maria di Castellabate e so che tornerò a Roma più presto di quanto immagino.

domenica 7 luglio 2013

Questo post è l'elogio alla follia.

Questa giornata non è iniziata nel modo migliore, come del resto tutta la settimana non è stata proprio il massimo.
Con stamattina però probabilmente ho raggiunto l'apice. La sveglia è suonata in ritardo, mi sono alzata con un gran mal di testa, in cucina sulla porta del frigorifero c'era Aragog. Sì, il ragno enorme di Harry Potter, proprio lui. Credevo di essere immune ai ragni, che la mia fobia fosse ristretta solo agli insetti, ma per ragni intendevo quelli grandi quanto l'unghia del mignolo del piede, quasi carini, non esseri sproporzionati e mostruosi come quello che c'era oggi in cucina. Non avendo il coraggio di spostarlo di lì - di ucciderlo non se ne parla proprio perchè non solo non ne sarei capace, ma non lo farei perchè io non ho alcun diritto di fermare la vita di un qualsiasi essere vivente -, sono andata a fare colazione al bar. Un bar i cui unici clienti erano in quel momento extracomunitari - nulla contro di loro, beninteso - che mi guardavano come io guardo il Boss Delle Torte quando sono in premestruo. E come se non bastasse, il caffè era disgustoso! A due cose non mi abituerò mai a Bologna: quell'agglomerato di farina, acqua e sale di forma rotonda che si ostinano a chiamare pizza ma che pizza non è e il caffè che nei bar fanno veramente male.
Vabè, forse sono tre le cose a cui non mi abituerò mai... C'è anche il clima. D'inverno si gioca con i pinguini con le palle di neve in Piazza Maggiore e d'estate ci sono novemila gradi Fahrenheit. 
E il caldo ha contribuito a rendere tragica questa settimana...
Avevo la consapevolezza che non sarei riuscita a studiare bene per l'esame già quando ho aperto il primo libro circa tre settimane fa, di libri ne avrei dovuti fare quattro, belli corposi e ne ho studiati due... Male.
Ho la più totale certezza che questo sarà il primo che non passerò e che sarò costretta a rifare, prima o poi, con la mente più libera e con meno caldo, ma dovrò rifarlo. Ad ogni modo c'è sempre una prima volta, no? E non tutte le prime volte sono piacevoli, ecco, essere bocciati non è piacevole! Dopo essermi disperata ed aver pensato di suicidarmi con l'arsenico come Emma Bovary, ho pensato che ci sono persone che vengono bocciate molto più di una volta allo stesso esame o addirittura persone che non sanno nemmeno cosa significhi fare un esame perchè non possono permettersi l'università e allora mi è passata un po' la stizza che mi ha fatto da ombra in questi giorni.
Ho alternato momenti di isteria totale pari alla bimba dell'Esorcista a momenti in cui sembravo un irrigatore automatico. Ho pianto così tanto e per le più grandi sciocchezze che ora, dopo una settimana di lacrime improvvise e violente, mi sento del tutto svuotata, stanca e con i dotti lacrimali in ferie. Credo che non sarò più in grado di piangere per un bel po', per questo oggi è iniziata la ridarella.
Domani andrò a fare un esame scritto, senza sapere quasi nulla, con l'unica sicurezza della bocciatura e, arrivata a questo punto in cui il dado è tratto, non me ne frega niente, non è un danno irrimediabile. E, passato l'esame, sarò ufficialmente in vacanza! Voglio concedermi una settimana di relax estremo a vedere serie TV, i film ispirati ai fumetti della Marvel per i quali ultimamente sto in fissa, andare al mare, poi dal parrucchiere ed infine sottopormi a una seduta dall'estetista per ritornare allo stadio di donna. Non mi piace rappresentare l'anello mancante darwiniano tra l'uomo e la scimmia.
Lo scopo di tutto questo è quello di partire per Roma assomigliando di nuovo a me stessa e non a una mia brutta copia.
Ah, ho anche intenzione di fare nuovi video, non solo quelli divertenti per il mio canale Youtube, ma ho intenzione di fare anche altro, qualcosa di un po' più serio, o almeno lo spero... Poi magari parlerò più in là di questi piccoli progetti che ho in mente.
Nel frattempo, tra i vari progetti senza senso che ho in mente, finalmente mi sto dedicando alla realizzazione del mio fumetto, devo solo trovare dei bravi fumettisti, perchè io ho provato a fare degli schizzi e sono piuttosto orribili. Di cosa dovrebbe parlare il fumetto? Di una supereroina un po' svampita ed imbranata che però a modo suo riesce sempre a cavarsela, il suo nome è Super H.
Sì, lo so, ho decisamente troppi alterego ormai, altro che sdoppiamento di personalità e bipolarismo, altro che maschere pirandelliane e Dr. Jekyll e Mr. Hyde, direi che ormai il livello è quello di Mort Rainey, il protagonista del film "Secret Window"... La follia più totale!
Però fare un fumetto mi piacerebbe davvero tanto, è uno di quei "sogni minori" che ho da sempre, probabilmente dovuto ai miei pomeriggi passati a guardare Disney Channel da bambina, in particolare Lizzie McGuire e il suo alterego che ogni tanto interveniva nei vari episodi. Ad ogni modo, se tra i lettori di questo blog ci fosse qualcuno particolarmente bravo a disegnare (ancora meglio se con il Cintiq), che magari fosse interessato a fare una cosa del tutto inutile e priva di guadagno, ma solo per divertimento, allora mi può contattare. Cercatemi in giro per il Web, mi trovate un po' dovunque!

martedì 2 luglio 2013

An H against the brain.

Ok, mi prendo una pausa da antropologia culturale... Beh, non che abbia studiato chissà quanto oggi, no vabè, ho studiato, abbastanza. O almeno ci sto provando, ma è un po' complicato dato che il mio cervello è altrove; mi manda delle simpatiche cartoline di località balneari o sue foto in giro tra città e concerti vari, devo ammettere che le più belle sono quelle che si è fatto a Roma, sì perchè lui è già lì (o forse ci è rimasto da venerdì, ancora non ho capito), peccato che affinchè anche tutto il resto di me possa seguirlo, devono prima passare esattamente quindici giorni, il suddetto esame di antropologia culturale ed altri otto giorni qui a Bologna.
Insomma caro cervello, io ho bisogno di te adesso. Lo so, sono un po' opportunista, ti cerco solo quando ne ho bisogno e ti contraddico praticamente sempre, ma in fondo lo so che hai ragione tu, quindi qualsiasi cosa t'abbia fatto sta volta, dai facciamo pace e torna da me!
Altrimenti rischio di precipitare nel baratro. Sto prendendo persino in considerazione di brevettare un nuovo gioco olimpionico: il lancio del libro dalla finestra. Il suddetto lancio verrà giudicato in base a tre caratteristiche: la distanza, l'altezza e le lesioni riportate dal libro. Io mi candido per la medaglia d'oro, mai come sta volta credo nelle mie capacità sportive.
La verità è che fa caldo, ho poco tempo per studiare e sostanzialmente la materia non mi piace e soprattutto sono stanca. Molto stanca. A questo punto dell'anno chi non lo è? Non basta più prendersi una giornata di pausa e poi riprendere meglio di prima, il concerto di Jovanotti non è stato una pausa, ma l'inizio ufficiale delle vacanze e andateglielo a dire adesso al mio cervello che invece manca ancora un po' alle vacanze... Io c'ho provato, ma non mi ascolta!
E quale inizio migliore per le vacanze se non un concerto incredibile le cui immagini ed emozioni si sono impossessate di me e vengono continuamente rievocate dalla mia mente?
È il secondo anno che la mia estate parte proprio da un concerto. L'anno scorso Luciano Ligabue a Piazza Del Plebiscito, con quel turbine di emozioni che lui riesce sempre a regalarmi, unite ad altre emozioni provenienti dall'esterno, decisamente contrastanti. Quest'anno Lorenzo Cherubini, nella mia Roma.
Quest'ultimo è stato talmente incredibile che ha lasciato un po' di nostalgia, anzi no, proprio disperazione. In questo momento sto detestando tutti i miei "amici" di Facebook che stanno sovraffolando la mia bacheca di stati in cui si manifestano particolarmente contenti di andare a vedere Jovanotti stasera all'Arechi. Vi odio tutti, con tanto affetto, ma vi odio! Anche perchè mi sto pentendo di non aver comprato la maglia con la scritta "Ti porto via con me", ci ho pensato dopo che mi piaceva, tanto... E ora la voglio!
Sono così disperata che ho controllato le altre date sperando di poter andare ad un'altra, ci sarebbe Padova il 13, già, io torno a Napoli il 10 però. E tra l'altro il 17 parto. Per Roma, di nuovo.
Vacanze romane che mi vedranno nei panni non della bella "straniera" che incontra l'amore nella magica Roma, ma da guida turistica. Ormai è un classico, ho portato parecchie persone a Roma, manco io vivessi lì insomma, ma la cosa imbarazzante è che non ho mai portato nessuno a fare un giro per Napoli che, con grande vergogna, probabilmente conosco meno rispetto alla prima. Non che mi dispiaccia tornare in quella città comunque, fosse per me sarei sempre lì.
E comunque non mi dispiace il ruolo di guida turistica, proprio non sopporterei di essere una principessa in visita a Roma che si concede un giorno da persona normale e si innamora.
Penso che, visto lo stato delle cose, se mi innamorassi ora, il mio cervello smetterebbe definitivamente di parlarmi e, in effetti, non potrei dargli torto.
Insomma, questa è la situazione. Il caldo, la stanchezza e lo studio contribuiscono solo a peggiorarla e vi assicuro che non ce n'era bisogno.
Se poi si aggiunge che ho litigato per l'ennesima volta con il mio cervello e che stavolta sembra intenzionato a starsene per le sue almeno per un po', allora stiamo messi male. Anzi, sto messa male, malissimo.


sabato 29 giugno 2013

Una tribù che balla sulla musica di Jovanotti.

Credo di aver passato gli ultimi quattro (forse anche cinque) anni a seguire virtualmente i concerti di Lorenzo (Jovanotti) Cherubini e a sperare di poter vedere un suo live ed ho passato le ultime settimane ad ascoltare Backup e a seguire il suo nuovo tour attraverso l'hashtag #lorenzoneglistadi e i suoi post su Facebook.
Jovanotti è uno dei cantanti che amo di più in Italia, è arrivato molto prima dell'amore per Ligabue, anche se è esploso meno violentemente, ma non per questo è meno importante. In fondo lui è così, è uno dei cantanti simbolo della musica italiana e tutti, volenti o nolenti, conoscono almeno un paio di sue canzoni ed utilizzano inconsapevolmente degli slogan dei suoi brani.
Ieri finalmente ho avuto la possibilità (anzi, la fortuna) di poter vedere un suo concerto e, passata l'adrenalina, la felicità e tutto quel mix di emozioni che ha portato con sè, posso dire razionalmente che è di sicuro lo spettacolo migliore in Italia in questo periodo... e io di concerti ne ho visti parecchi!
La fortuna è stata anche poter vedere il concerto nella città che amo più di qualsiasi altra al mondo, quella che sento mia più della città dove sono nata, Roma, che ha dato anche i natali allo stesso Jovanotti e la risposta dei suoi concittadini è stata incredibile. 50.000 persone, cinquantamila! Non so se mi spiego. E lui è riuscito ancora una volta a far ballare la sua tribù, dagli spalti dove mi trovavo io, avevo una perfetta visione di tutto lo stadio e vi garantisco che vedere così tante persone saltare a ritmo e cantare ogni sua canzone è stato davvero pazzesco.
Sull'incantevole sfondo dello Stadio Olimpico e di Roma Caput Mundi, ad aprire il concerto c'è stato il dj Claudio Coccoluto che ha intrattenuto il pubblico man mano che questo prendeva posto, poi quando la luce del crepuscolo ha iniziato ad affievolirsi, è partita la musica della colonna sonora di Django ed ecco il primo boato che ha accompagnato l'ingresso della band sul palco, ogni musicista in un abito particolare, ciascuno con il suo ruolo e poi eccolo, Lorenzo, nella sua giacca colorata, con la sua energia che dal primo istante si è diffusa nello stadio ed ha contagiato la sua tribù.
"Che bello è quando lo stadio è pieno e la musica, la musica riempie il cielo. È una libidine, è una rivoluzione..."
È così che è iniziato il concerto, con una canzone degli esordi, una delle più famose di quello che era appena un ragazzino e che da allora ne ha fatta di strada. Dopo le prime cinque canzoni dell'inizio, lo spettacolo è partito del tutto con "Tensione Evolutiva", lo stadio tremava per il nostro saltare ed urlare.
Il concerto di Jovanotti è quello che, tra i tanti che ho visto, mi ha emozionata di più. Non voglio dire che con altri artisti non abbia avuto lo stesso "imprinting", anzi... sebbene abbia visto Ligabue più volte, al suo terzo concerto lo scorso luglio, piangevo come un agnello, per non parlare di quando ero in fissa per i Blue e al loro concerto quasi mi stavo sentendo male. Ma Jovanotti è un'altra storia, lui riesce a coinvolgere in un modo diverso da tutti gli altri, non è costruito, ma è una persona semplice e si presenta sul palco esattamente così, con la sua umiltà e senza la "superiorità" della star; è il primo che sorride, che salta, che si sfrena, che si diverte ed è proprio per questo che poi riesce a far divertire il suo pubblico; è lo stesso ragazzino che venticinque anni fa cantava "Give Me Five" e si girava il berretto sulla testa, anche se ora ha quarantasei anni; è quello che ti esorta a pensare positivo; è l'amico che tutti vorrebbero e sembra quasi di conoscerlo da sempre; è l'energia, quella pura, quella bella che si riflette nella sua musica... Insomma, Lorenzo è tutto questo e molto di più, proprio per questo è difficile descrivere l'uragano di emozioni provate in quelle due ore e mezza.
Ha esternato ancora di più la sua semplicità e la sua dolcezza fuori quando, prima di cantare "La Gente Della Notte", ha fatto un discorso molto toccante: quando era piccolo suo padre comprava la Settimana Enigmistica e faceva i cruciverba più difficili, sua madre quelli medi mentre guardava la tv perchè come tutte le donne era multitasking, i suoi fratelli facevano quelli più facili, mentre il suo momento era quello di unire i puntini; gli piaceva vedere le figure che uscivano unendo quei puntini da 1 a 67, poi a un certo punto ha smesso di seguire l'ordine numerico ed ha iniziato ad unirli a caso e si rendeva conto che per far uscire delle figure sensate, spesso dei puntini dovevano restare fuori. Nel frattempo sono passati gli anni Ottanta e sono arrivati i Novanta e con loro anche Internet e una volta sentì un discorso di Steve Jobs nel quale diceva connect the dots, esattamente come il giochino che piaceva tanto a lui. E ora quei puntini sono una costellazione e nessuno ci dice quali numeri dobbiamo unire, ma dobbiamo scoprirlo da soli, possiamo fare tutte le figure possibili e decidere di rifarne un'altra se quella precedente non ci piace. Insomma, possiamo decidere.
È stato un discorso molto bello e devo ammettere che mi ha commossa, ma non è stato l'unico momento toccante del suo incredibile concerto, infatti accanto alle canzoni che hanno fatto ballare il pubblico, ci sono state anche quelle più tranquille, quelle che riescono ad arrivarti dritte al cuore; Jovanotti è molto bravo in questo, riesce a trovare le parole migliori per colpire e per arrivare alla gente.
Per tutta la durata del live non si è risparmiato, ha corso avanti e indietro su quel palco lunghissimo, ha saltato, ha interagito con i suoi musicisti, ha dedicato "Bella" ai due amori della sua vita, la moglie e la figlia ed ha regalato alla sua città natale un concerto che di sicuro sarà difficile da dimenticare perchè, almeno a mio parere, è stato sul serio il più grande spettacolo dopo il Big Bang!

giovedì 6 giugno 2013

#momentimigliori.

Lo studio folle, l'abuso di caffè, le poche ore di sonno, lo stress e i conseguenti litigi con tutti quelli che mi circondano - fisicamente e virtualmente -, l'ansia e il nervosismo per l'esame di Storia della Musica del Medioevo e Rinascimento, alla fine sono stati ripagati. E n'è valsa davvero la pena. Mi sono ritrovata a vomitare letteralmente tutto quello che sapevo per più di un'ora di esame e poi... Trenta!
Prima di riprendere a studiare per il prossimo imminente esame, mi sono concessa qualche giorno di pausa, un po' di tempo per liberare la mente, per godermi gli ultimi giorni qui a Bologna e per metabolizzare il repertorio di emozioni che si affiancano contrastandosi a vicenda. 
Insomma, ho cercato di fare un po' di ordine. Sistemando la mia stanza che era diventata una giungla nelle ultime due settimane, ma anche i miei pensieri. Ad ogni modo non ho avuto molto successo con entrambi. Si sa, l'ordine non fa proprio per me, in nessun caso.
Così i vestiti si sono riaccumulati sul mio divano poche ore dopo averlo sgomberato e la mia mente ha continuato a pensare ad una miriade di argomenti scoordinati senza dividerli per categorie. E io mi ritrovo a spostare continuamente le cose dal divano alla sedia e viceversa e ad avere dei frequenti sbalzi d'umore. 
L'accavallarsi di pensieri distanti tra loro ha avuto inizio nell'istante in cui la mia mente si è liberata di tutte le nozioni dell'esame che ne avevano sedato questo flusso incessante. Sto vivendo questi ultimi giorni a Bologna praticamente divisa in due: da un lato c'è la voglia incredibile di tornare a casa, di tornare a mangiare i piatti meravigliosi di mia madre, di non dover più essere l'unica a prendersi cura di me e di rivedere le persone che amo, che sono poche, ma che in questi mesi mi sono mancate tanto da farmi avere la sensazione che qualcuno mi avesse strappato prepotentemente il cuore dal petto. Dall'altro però c'è la nostalgia di separarmi da questa città che negli ultimi due anni ho amato ed odiato allo stesso modo; qui è casa mia ormai e stare lontani da casa, si sa, fa sempre male. Io ormai potrei farne un tutorial, visto che sono stata lontana da più case. Prima Bagnoli, poi la mi attuale casa ed ora Bologna. 
Ora mi ritrovo a passare quasi tutta la giornata fuori casa, a ripercorrere meccanicamente strade fatte e rifatte durante quest'anno, ma anche quelle meno familiari e la mia testa mi regala delle diapositive molto vivide di alcuni momenti che, devo ammetterlo, spesso mi fanno venire delle fitte al petto.
È stato un anno pieno di momenti intensi, probabilmente per questo ripensarli mi causa un'esplosione di emozioni contrastanti.
Ripassando per la Corte dei Servi mi è tornata in mente la giornata che passai qui a Bologna con mia madre a novembre, per cercare casa, il freddo gelido, la stanchezza, la delusione e poi quell'ultima casa, vista di corsa prima di prendere il treno, con delle ragazze simpatiche e la situazione era perfetta... E poi quel messaggio in treno da parte delle mie attuali coinquiline che mi dicevano di aver scelto me. 
Ricordo la paura mista all'emozione di andare a vivere finalmente a Bologna, le prime settimane da sola, la prima pasta con le lenticchie che faceva talmente schifo che alla fine ho dovuto buttarla via, la prima nevicata che mi ha lasciata per giorni con un sorriso da bambina e il desiderio di andare in Piazza Maggiore a giocare. 
Oggi tornando a casa, ho fatto una strada diversa dal solito, più lunga e sono passata davanti alla fermata del bus 18 e non ho potuto fare a meno di sorridere a mo'di Stregatto, perchè a quella fermata ho passato dei minuti interminabili, mentre con una mia amica aspettavamo con ansia e fomento il concerto degli About Wayne, il primo di quella che per me è stata una lunga serie - che ancora non si è conclusa - e mentalmente ho ripercorso quelle sette fermate prima di arrivare al Caos Rock Club ed ho avvertito la stessa adrenalina di quella sera del primo febbraio.
Ricordo il concertone per Lucio Dalla, tutta quella gente che riempiva Piazza Maggiore e tutte le strade limitrofe, tutti gli escamotage che le mie coinquiline ed io abbiamo adottato per cercare di arrivare in un punto dove potessimo vedere ciò che succedeva sul palco. Oppure i viaggetti con mia madre, i vari momenti a Via Zamboni, il Campus By Night, le varie serate... Il freddo e poi il caldo e poi di nuovo il freddo.
E poi la strada che per quasi cinque mesi ho percorso e ripercorso più di qualsiasi altra, ovvero quella che mi porta in Via Barberia 4 al Dipartimento di Musica e Spettacolo, dove ho passato la maggior parte delle mie giornate... La mia università, i corsi, i panini mangiati fuori la questura, i dibattiti sull'armonizzazione di un corale al bar, i colleghi e gli amici, le risate, gli sbadigli, l'ansia di capire, i professori - quelli stronzi e quelli che hanno lasciato un bellissimo ricordo -, la musica. Il DAMS. 
Insomma, Bologna in questi mesi mi mancherà. Nel bene e nel male. Ma è stata esattamente all'altezza delle mie aspettative, quelle di una ragazzina appena diplomata e quelle di una persona più adulta che ha dovuto prendersi il meglio e il peggio di tutto questo.
Tutti questi ricordi sono pertinenti e sono contenta anche che adesso facciano un po' male, significa che è stato tutto molto intenso, con tanti alti e bassi che mi fanno pensare solo a una cosa... Che il meglio deve ancora venire, devo ricordarmelo sempre. E in fondo, se non ci sono alti e bassi nella tua vita, significa che sei morto.
Per quanto mi riguarda, non vedo l'ora di scoprire che cosa mia aspetterà il prossimo anno, ma per ora penso di poter aspettare, perchè sebbene sia curiosa e già stia fremendo per il mio terzo anno al DAMS, adesso ho bisogno di un po' di relax, di un po' di coccole, del sole e del mare... Insomma, penso che quest'estate me la godrò a pieno, ancora di più delle altre.

venerdì 31 maggio 2013

Non mi smentisco mai.

Per il motivo per cui si dice che il battito d'ali di una farfalla può scatenare un terremoto dall'altra parte del mondo, io mi sento un po' responsabile per questo clima assurdo. In poche parole, se sta piovendo da giorni e più che prepararci all'estate sembra che dobbiamo preparare le zucche per Halloween, potrebbe essere a causa della voglia improvvisa di stare con me stessa che mi prende nei momenti più assurdi portandomi a scrivere post a distanza di un arco di tempo piuttosto breve visti i miei standard. Io sono sempre l'eccesso, sia in positivo che in negativo, le sfumature non fanno per me.
Ecco, a proposito di eccessi...
Riesco a non smentirmi mai.
La verità è che mi faccio letteralmente sopraffare dalle emozioni, è sempre stato così. Dico sempre di avere il carattere dei gatti, anzi, in realtà lo dicono un po' tutti quelli che mi conoscono... Questo perchè sono diffidente, fredda e talvolta riesco a risultare antipatica persino a me stessa. Anzi, molto spesso in effetti.
Sono una di quelle persone che mette molta distanza tra sè gli altri e mi ci vuole parecchio per sciogliermi definitivamente, anche se resto sempre un po' sulla difensiva. Però allo stesso tempo cerco di mascherare questo aspetto del mio carattere, cerco di far uscire l'animatrice, di far sì che sia Curlyaitch ad interagire con gli altri e non la timida e diffidente Helda. Sì, lo so, questa storia dell'alterego mi fa avere continue crisi di identità e passo dall'attribuirmi da sola infinite maschere pirandelliane all'essere la versione meno nevrotica di Dr. Jackyll e Mr. Hyde. Sempre a proposito di eccessi, insomma... io sono la personificazione dell'ossimoro.
Proprio perchè sono in continua contraddizione con me stessa, per una strana legge del contrappasso, nonostante tutte le precauzioni e le distanze che prendo inconsciamente dal mondo, alla fine vengo comunque sopraffatta dalle emozioni, dai miei sentimenti... Ecco, a volte sono così intensi che quando riescono ad abbattere la barriera di ghiaccio che mi circonda, mi sconvolgono letteralmente. La maggior parte delle volte non sono preparata a quello che provo, semplicemente non so di provarlo fino a quel momento perchè cerco sempre di restringere il più possibile la mia sfera emotiva.
È una lotta contro me stessa che alla fine perdo sempre. In qualsiasi caso.
Ecco perchè ogni estate, quando le vacanze finiscono, io sono sempre quella che piange disperata, non solo perchè la maggior parte delle volte mi sono presa una cotta allucinante ed improbabile per qualcuno - nei casi peggiori anche più di uno! -, ecco perchè se finisce qualcosa a cui sono particolarmente legata come un programma radiofonico, una tournèe o qualsiasi altra cosa, sto male ed ecco perchè oggi l'ultima lezione di quest'anno mi ha reso particolarmente malinconica. Questo perchè tendo ad affezionarmi in maniera spropositata e totalitaria alle persone ed è una cosa che spesso sfugge dal mio controllo maniacale. Adesso probabilmente qualche sedicente psicologo di turno mi dirà che questo è chiaramente un bisogno di affetto o qualcosa del genere... Beh, in mia difesa dico che in un mondo di stitici emotivi, un po' di affetto non farebbe male comunque.
E ad ogni modo questa è stata la conclusione migliore di questo primo semestre da frequentante e da studentessa fuori sede. Sono stati mesi tremendi e stupendi ed una grande parte del loro essere stati così belli deriva dal fatto che sto facendo quello che ho sempre sognato e che le giornate intere passate nel Dipartimento di Musica e Spettacolo in Via Barberia 4 sono state decisamente migliorate dalle persone che hanno condiviso con me quelle mura affrescate e quelle lezioni, così incomprensibili, demotivanti e belle. Oggi è finito ufficialmente il mio secondo anno al DAMS, questo significa che il mio titolo di dottoressa in musicologia si sta lentamente avvicinando... Certo, mancano un'infinità di esami e ancora un altro anno accademico, ma in fondo io non mi smentisco mai... Mi lascio sopraffare dalle emozioni e dalla velocità con cui la mia mente produce incredibili film mentali. 
E comunque ora mi tocca sopravvivere agli esami! 

martedì 28 maggio 2013

Sono contrariata.

Sono contrariata. È la frase del giorno, sì perchè io ho anche una "frase del giorno", c'è chi si sveglia la mattina ripetendo frasi-mantra, magari augurandosi persino il buongiorno da solo, quindi perchè io non potrei avere una "frase del giorno"? Beh, non che ce l'abbia sempre comunque, a volte riesco a svegliarmi già senza parole, altre invece ne avrei così tante che è meglio non esternarle proprio, non sarebbero piacevoli da ascoltare comunque. A volte è capitato anche che mi svegliassi cantando, ma al momento non ricordo l'ultima volta che è successo, non di recente ad ogni modo. Oggi semplicemente sono contrariata.
Non è una lamentela, è un dato di fatto. Tutto oggi contribuisce ad alimentare questa frase. Dalla sveglia che è suonata, troppo presto e troppo insistentemente come al solito, a una manciata di cereali finiti per terra e non nella mia tazza di latte parzialmente scremato, al fatto che mi sia messa a studiare troppo presto come ormai capita da già qualche giorno - qualche! - e che la mia mente era invece troppo concentrata a pensare ad altro anzichè apprendere le infinite nozioni di Storia della Musica del Medioevo e Rinascimento, al fatto che poi sia andata a seguire un corso di tre ore che oggi è durato troppo, più del solito e tutte quelle note, quelle eccezioni, quei se e quei ma hanno solo peggiorato il mio umore, rendendomi ancora più contrariata.
Sono contrariata perchè ho mangiato alle tre del pomeriggio, di fretta e male e perchè alle tre e un quarto ero già con la testa attaccata ai libri, con gli occhi che si chiudevano dal sonno e non è bastata nemmeno un'intera macchinetta di caffè ad impedire a Morfeo di farmi una corte spietata e comunque le otto di sera si sono avvicinate troppo presto e anche la cena, fatta ancora velocemente e male.
Dopo cena e dopo una giornata del genere, il mio cervello si è automaticamente spento, lo vedo lì con le braccia incrociate e il broncio che non ne vuole sapere proprio più di lavorare. Poveretto, cercate di capirlo, in fondo sta cercando di contenere una sommossa da parte dei neuroni che hanno aperto un campo di lotta libera, ma sembra che non ci saranno vincitori.
Così, ho deciso di lasciarlo lì in pace con il suo broncio, a me basta il mio. Avrei voluto ascoltare "Revolver" dei Beatles, così giusto per rilassare quella piccola parte di me che non ha chiuso definitivamente con la musica e tutto ciò che la riguarda, ma a quanto pare su Spotify c'è solo una versione fatta da un'indegna cover band, stonata. Sono davvero contrariata per questo!
E per concludere questa così piacevole giornata, non poteva mancare un bel litigio serale. Con mia madre. Su Skype. Perchè a quanto pare io non posso essere contrariata.
Eppure, rivelazione shock, anche Helda Tassi di tanto in tanto è contrariata e il mondo le sta cordialmente antipatico... Ma in fondo non sarò mai il supereroe che loro si aspettano che io sia.
E comunque ora vado a dormire, sembra che almeno su questo oggi il mio cervello ed io siamo pienamente d'accordo. Soprattutto perchè domani la sveglia suonerà di nuovo troppo presto e mi attenderà una nuova giornata interamente dedita allo studio.
Tra l'altro ho scritto tre post in pochi giorni, so che se dovesse esserci una qualche calamità naturale, potrei esserne in parte responsabile. Va tutto al contrario. E questo mi rende ancora più contrariata.
 

domenica 26 maggio 2013

Backup.

Ascoltando "Backup 1987-2012" di Lorenzo Jovanotti, ho cercato di immaginare come potesse essere quel periodo. I fantastici Anni 80 in Italia... mi sembra quasi di averli vissuti e forse indirettamente è sul serio così, li ho vissuti attraverso i racconti dei miei, i ricordi di mio padre e gli aneddoti che spesso riecheggiano sulle frequenze di Radio Deejay.
Ad esempio chissà come doveva essere San Siro quel 19 luglio del 1980, quando sessantamila persone attendevano trepidanti il concerto di Edoardo Bennato, il primo cantante italiano che ha fatto un concerto in quello stadio riempendolo totalmente, anzi, facendo addirittura ventimila persone in più rispetto a Bob Marley che aveva suonato lì il 27 giugno dello stesso anno, quindi solo poco più di venti giorni prima... Era il periodo in cui Edoardo era la star indiscussa in Italia, il numero uno, quello da cui tutti gli altri che sono venuti dopo hanno preso spunto. Tutti conoscevano le sue canzoni, tutti avevano almeno un suo LP ed alcuni suoi testi erano finiti persino nei libri scolastici di antologia.
Oppure quell'estate di due anni dopo, nell'82 quando Claudio Cecchetto fece uscire il "Gioca Jouer", un tormentone che ha avuto un'immensa fortuna, così tanta che quando nel 2010 ho fatto l'animatrice, ancora la si ascoltava nel villaggio turistico dove lavoravo e tutti la ballavano e la cantavano. Una canzone che per quanto banale, è diventata in qualche modo parte del nostro patrimonio genetico, perchè sebbene quelli della mia generazione nell'82 non ci fossero, comunque conoscono il "Gioca Jouer" come se l'avessero vissuto in prima persona e sono pronta a scommettere che sarà così ancora per parecchio tempo. Quella canzone racchiude la genialità indiscussa di Cecchetto. E dal ricavato del "Gioca Jouer", Claudio prelevò una radio locale di Milano, Radio Music, dalle ceneri della quale creò Radio Deejay che nel giro di pochissimo tempo diventò la frequenza più ricercata in tutta Italia.
Ed è proprio tra i corridoi del Deejay Building in Via Massena 2 a Milano che sono nati - artisticamente parlando - la stragrande maggioranza di artisti che ora rappresenta un po' il fiore all'occhiello del panorama dello spettacolo italiano. Gerry Scotti, che è stato la prima voce della radio, Jovanotti per l'appunto che ha iniziato a lavorare in quella radio quando era appena un ragazzino, Max Pezzali, Linus, Amedeus, solo per citarne alcuni... Oppure un ragazzo siciliano che faceva l'animatore nei villaggi turistici, al quale Cecchetto nel 1989 affidò un programma in radio, Viva Radio Deejay, diventato uno dei programmi di punta tanto da essere trasmesso sia d'inverno a Milano, sia d'estate a Riccione.
Oppure chissà come doveva essere l'estate a Riccione, tra la fine degli '80 e l'inizio dei '90 quando Rosario Fiorello appunto - insieme a Linus ed Amadeus - conduceva il programma televisivo Deejay Beach, all'Aquafan, con la sigla cantata da lui, "Spiagge" e le canzoni più famose di Jovanotti o di un Max Pezzali agli esordi e la Deejay Parade di Albertino con tutti i tormentoni di quell'anno...
No, io non c'ero. Ero bambina quando guardavo Fiorello presentare il Karaoke, ma ne ho dei ricordi sbiaditissimi. Ma se si potesse avere una macchina del tempo, ecco, probabilmente un periodo che mi piacerebbe poter vivere, sarebbe proprio questo. Gli incredibili Anni '80.


Scusate per la banalità del post. Quando ho iniziato a scriverlo mi sembrava più profondo, forse è la bellissima musica di Jovanotti ad offuscarmi la mente e forse anche il fomento per la risposta di quello che potrei definire il mio più grande "idolo" su Twitter ieri sera.