Helda meaning.

Helda /ˈɦeld̪a/: antico nome germanico che significa "guerriera".

mercoledì 31 dicembre 2014

Bello, oltre le aspettative.

«La sua anima si abbandonò lentamente mentre udiva la
neve cadere lieve nell'universo e lieve cadere, come la
discesa della loro ultima fine, su tutti i vivi e i morti.»

La prima volta che ho visto la neve da vicino (e lo ricordo) è stata nel dicembre 2010, a Londra. Era incredibilmente magica e bella; non mi importava del freddo, ero lì incantata a guardarla e a lasciarla fioccare su di me. Ancora adesso la neve mi fa questo effetto sebbene a Bologna ormai abbia visto svariate nevicate, tutte meravigliose. 
Questo è stato un Natale strano, l'ho avvertito poco, forse perchè sto crescendo e sto perdendo la magia del Natale, come quei film natalizi che ripropongono ogni anno in cui il protagonista è una persona adulta che ha accantonato la sua parte bambina. Forse è per il troppo stress per la fine tanto attesa (e un po' temuta) dell'università. Forse perchè ci sono distanze dolorose che nemmeno l'arrivo di Babbo Natale può eclissare.
E poi ieri sera, di ritorno da una bella serata Rock-Blues al Rock Café di Napoli, la neve è arrivata anche qui, nella mia città. E non qualche fiocco veloce che si scioglieva al contatto con l'asfalto, era proprio neve che ha iniziato a scendere copiosa e ricoprire le strade facendomi risvegliare stamattina in un paesaggio davvero insolito per questa città, sembra di aver trovato per sbaglio l'Armadio di Narnia.
E non ci poteva essere conclusione più bella per quest'anno se non con la neve.
Generalmente non mi piace paragonare un anno a quelli precedenti, ciascuno è bello a modo suo, o almeno, io riesco a trovare la bellezza anche in quegli anni totalmente bui (e ne ho vissuti...). 
Ma questo lo è stato davvero e difficilmente dimenticherò il 2014, anzi credo sia praticamente impossibile.
È stato un anno altalenante, caratterizzato talvolta da profonde solitudini e da momenti meravigliosi in compagnia di poche persone ma buone, è stato un anno di svariati "giorni di dolore" e di parecchi successi; di lacrime diverse, di gioia, di tristezza, di dolore ed ultimamente soprattutto di mancanza. È stato un anno di sorprese e di momenti. Quei momenti che mi hanno bloccato il respiro ed inchiodato il cuore al petto. Momenti che non sono stati immortalati nelle innumerevoli fotografie che ho scattato in questi trecentosessantacinque giorni, perchè erano talmente belli da non poter essere costretti in un fermo immagine, ma sono comunque impressi indelebilmente nella mia mente; alcuni più di altri. È stato un anno che mi ha regalato l'estate più bella di sempre, un anno in cui ho riso, ho sofferto, ho amato tanto e sono anche cresciuta molto. Un anno di alti e bassi, in cui gli alti sono stati così incredibili da eclissare tutto il resto.
Un anno che, nel linguaggio che conosco meglio, la musica, è stato caratterizzato da "Fireworks" (fuochi d'artificio), da "Thinking Out Loud" (pensieri ad alta voce), da "Don't Stop Believing" (non smettere di credere), da "Pio Psila" (Πιο Ψηλά; in alto), con dei mash-up di gusto Vivaldiano mischiati al Rock più sfrenato. Un anno in la maggiore, la mia tonalità preferita, con delle veloci modulazioni nelle tonalità vicine del circolo delle quinte.
È stato un anno bello, oltre le aspettative.
Perciò la neve ora a Napoli è il modo migliore per concludere questo 2014 e lo conclude nella maniera più magica, con una città generalmente calda che improvvisamente è bianca. 

Grazie per la neve che sta scendendo. Mi è sempre piaciuta, ma adesso mi sembra proprio puntuale. Tempestiva. Porta pulizia. Porta bianco. Costringe all'attenzione. Ai tempi lunghi. Lima i rumori e i colori. Lima le bave dei sensi. Ce n'è bisogno. Ancora per un po'.



Efharisto para poli, thank you so much, merci beaucoup, danke, spasibo, dziękuję, hvala. 
GRAZIE!

giovedì 27 novembre 2014

Happy Thanksgiving! (Tu vuò fa' l'americana)

 La grandeur, l'étonnante mélancolie de ce tableau, ne sauraient s'exprimer dans les langues humaines; les plus belles nuits en Europe ne peuvent en donner une idée. En vain dans nos champs cultivés, l'imagination cherche à s'étendre; elle rencontre de toutes parts les habitations des hommes: mais dans ces pays déserts, l'âme se plaît à s'enfoncer dans un Océan de forêts, à errer aux bords des lacs immenses, à planer sur le gouffre des cataractes, et pour ainsi dire à se trouver seule devant Dieu. 

Questa è una delle descrizioni dell'America che più preferisco. È tratta dal Génie Du Christianisme di Chateaubriand e parla di un'America ancora selvaggia ed incontaminata, una descrizione non del tutto pertinente visto che lo scrittore francese è nato circa trecento anni dopo la "scoperta" dell'America e gli europei avevano già fatto numerose missioni di colonizzazione e civilizzazione (spesso in nome di un dio e di una civiltà che per noi erano il modello assoluto) a spese dei popoli che abitavano in quelle terre. Ma lui parla delle Cascate del Niagara, non sono del tutto certa se il lato sia quello di New York o del Canada, anche se in effetti tuttora il lato americano non è stato contaminato troppo dalla mano dell'essere umano, quindi è probabile che quando Chateaubriand ha scritto la sua opera, fosse ancora più selvaggio.
Ad ogni modo l'America ha sempre sortito un grande fascino per gli europei, prima appunto per la bellezza di terre non ancora contaminate dall'uomo, poi per tutto quello che l'America è diventata nell'ultimo secolo. Con le sue luci, i suoi sogni, le sue promesse, i grattacieli enormi, il Rock 'n' Roll e i blue jeans e anche con tutte le sue contraddizioni. Un paese a metà tra Stairway to Heaven e Highway to Hell.
Ed inconsapevolmente l'America è diventata parte di noi. Usiamo termini inglesi, mangiamo Big Mac ed abbiamo assorbito pregi e difetti dei nostri cugini d'oltreoceano.
Per quanto mi riguarda, l'America fa parte di me. Mio padre ha sempre vissuto con un piede a Napoli e l'altro a New York, ha lavorato per gli americani alla Base NATO e anche lì negli USA ed ha assorbito le loro tradizioni, i loro modi di fare e, ahimè, anche alcuni loro vizi.
E mi ha cresciuta un po' a metà tra NA e NY.
Mi parlava e mi faceva parlare in inglese da piccola, giocavamo a the hangman e names things cities ed i primi libri che ho letto sono stati Alice's Adventures in Wonderland e Peter Pan, rigorosamente in inglese. Per due estati ho frequentato il Summer Camp alla base americana insieme ai figli dei militari della NATO ed ho stretto amicizia con una deliziosa bambina americana della mia età che ricordo tuttora benissimo: Melany, con i capelli biondo ramati e gli occhi azzurri, un po' introversa come me, con la quale parlavo in inglese. Mi piacerebbe rivederla ora.
Alle medie ero la più brava della classe nella lingua straniera, anche se mi veniva rinfacciato più volte di avere una pronuncia americana e di scrivere spesso "wanna" e "gonna" ed altri termini che nell'inglese britannico non erano ammessi.
Poi per mancanza di pratica ho perso parecchio questa lingua, anche se ancora mi capita di sognare in inglese di tanto in tanto, devo ammettere soprattutto dopo quest'estate.
Però alcune tradizioni americane fanno parte di me, non le ho assorbite come tutti a causa della globalizzazione ma le ho vissute davvero. Infatti ho festeggiato Halloween quando in Italia pochi conoscevano questa festa e ricevevo (e ricevo ancora!) la Halloween Treat Cup con dentro i marshmallow, i cioccolatini della Hershey's e quelli a forma e al gusto di zucca della Gertrude Hawk Chocolates; ho mangiato il tacchino imbottito e cotto al miele per il Thanksgiving, una volta anche alla base americana insieme ai militari, durante il primo discorso per il Giorno del Ringraziamento del primo mandato di Obama; conosco i nomi delle renne di Babbo Natale (che per me è Santa Claus!) in inglese e a Natale non mangio gli struffoli, ma i brownies!
Insomma, non è che voglio fare l'Americana, è che mi hanno disegnata così.
E oggi, per questo Thanksgiving, volevo anche io ringraziare. Ho tanto per cui essere grata, quest'anno è stato molto bello, con alti e bassi certo, ma gli alti sono stati talvolta incredibili e non credo che potrò dimenticare questo 2014 e soprattutto alcune persone che l'hanno caratterizzato.
Perciò buon Ringraziamento a tutti e, cari americani, l'anno scorso il Presidente Obama ha graziato il tacchino, perchè non fate lo stesso anche voi quest'anno? Si può essere riconoscenti anche senza di esso, in compenso avete il diritto (e l'obbligo, per quanto mi riguarda) di mangiare più apple pie!

lunedì 3 novembre 2014

La vera bestia è l'essere umano.

3 novembre 2014, Moncler crolla in borsa dopo l'inchiesta di Report.

Forse dopo tutto quello che l'essere umano ha il coraggio di fare agli animali, la notizia che i piumini della Moncler vengano realizzati con piume strappate dalle oche vive, non doveva poi "sorprendere" così tanto; in fondo l'uomo fa di peggio, no? 
Ma fare dell'ironia su questa notizia, non vi rende simpatici e brillanti, vi rende solo delle latrine (nel senso più latino del termine).
È scandaloso che un marchio come la Moncler (per intenderci: un piumino costa all'incirca 1.500 €, circa quanto un salario mensile di un comune lavoratore!) si abbassi ad una tale porcheria per realizzare i suoi capi. Le normative europee (e probabilmente quelle della maggior parte del mondo occidentale) vietano tali atrocità sugli animali e non bisogna nemmeno essere animalisti per capire quanto questo sia brutale ed assurdo. E, sebbene generalmente sia d'accordo con Voltaire riguardo il non condividere il pensiero altrui ma battersi affinchè possa essere espresso, in questo caso non solo non condivido il pensiero di taluni che espongono le proprie teorie riguardo il "sostentamento dell'uomo" e "il cerchio della vita", ma riserverei loro lo stesso trattamento che subiscono questi animali.
In primo luogo, se non ve ne siete accorti, non siamo più degli uomini di Neanderthal - sebbene abbia la mia personale teoria che molti abbiano ancora il cervello sviluppato come i nostri antenati preistorici, dunque decisamente sottosviluppato rispetto a quello dei gorilla (ah, per la cronaca, i gorilla sono geneticamente molto più simili all'uomo che agli scimpanzé), non posso ahimè confermarla -, nel corso di questo periodo (mica un periodo molto lungo, solo qualche milione di anni) l'essere umano si è evoluto e per gran parte del tempo non ha fatto altro che affermare la sua presunta superiorità - spesso in nome di un dio - rispetto a quella degli altri animali; nel frattempo abbiamo affrontato un paio di rivoluzioni industriali (facciamo tre, va') ed attualmente - lo dico perchè sento che è importante storicizzare e contestualizzare tutto - siamo nell'era della tecnologia in cui riusciamo a creare senza problemi cellulari che spesso sono più intelligenti dei proprietari, per cui possiamo facilmente riprodurre il pelo, la pelle o le piume degli animali. Non è un'utopia, perchè già da svariati anni (e meno male!) esistono pellicce sintetiche o la cosiddetta ecopelle e, guardate un po', sono funzionali e belle esattamente come quelle "originali" e non hanno il peso di numerosi cadaveri sulle spalle.
Secondo (fate per favore molta attenzione a questo punto, sono sicura che anche il cervello di Neanderthal di alcuni può arrivarci con un po' di impegno), il "cerchio della vita" prevede che l'animale più grande mangi quello più piccolo in una sorta di loop naturale ininterrotto, ma non mi pare di aver mai visto un leopardo andare in giro con un raffinato scaldacollo di ermellino per ripararsi dal freddo; sì, d'accordo, si potrebbe opinare che il leopardo, essendo anch'esso fornito di pelliccia, non ne abbia bisogno, allora diciamo che, al posto dello scaldacollo, la borsetta di ermellino è più pertinente per l'esempio. Per cui è vero che l'insetto è mangiato dal topo che a sua volta è mangiato dal gatto e così via come ne "Alla Fiera Dell'Est", ma è anche vero che gli animali non celebrano il Thanksgiving o la Pasqua e non si permetterebbero mai di ammazzare più animali di quanti in realtà necessitano di mangiarne. L'essere umano invece si permette eccome sebbene, la maggior parte delle volte, non ne abbia bisogno.
Questo mi porta al terzo punto: l'essere umano ha la sfacciata presunzione di giudicarsi superiore, di sentirsi il proprietario di questo pianeta e di poter fare quello che stracazzo (perdonate il francesismo) gli pare. Come se ogni essere vivente, vegetale e minerale esistesse solo per il soddisfacimento dei bisogni dell'uomo, qualsiasi essi siano.
Ma l'uomo non è il padrone della Terra e di tutto ciò che la popola, è soltanto un inquilino come gli altri, dotato di un'intelligenza differente che non lo rende affatto superiore, ma solo la bestia più distruttiva e pericolosa che con i suoi ambiziosi vagheggiamenti di superiorità non sta facendo altro che distruggere l'unico pianeta su cui - almeno per ora - ha la possibilità di vivere.
Fintanto che l'essere umano non capirà che ogni cosa al mondo, come lui, ha uno spirito ed un perchè e che non è padrone di nulla, allora non potrà considerasi superiore a niente, ma solo la specie più presuntuosa e cattiva, con grandissime capacità creative sormontate però da una natura distruttiva che mette in pericolo tutti e che probabilmente lo porterà alla sua auto-estinzione.
Nel frattempo, le bestie non sono quelle che vengono spiumate vive per permettere la realizzazione dei piumini della Moncler, la vera bestia è l'essere umano.

venerdì 24 ottobre 2014

Begin again - Tutto può cambiare

La musica aggiusta tutto.
È il modo migliore per amare, per trasmettere il proprio amore, per sognare, per vincere, per cambiare... Per ricominciare.
E New York è il posto migliore per fare tutto questo. Se la musica fosse una città assumerebbe la forma della Grande Mela, si alzerebbe sull'Empire State Building, pattinerebbe al Rockefeller Center, passeggerebbe a Central Park, attraverserebbe il Ponte di Brooklyn, ballerebbe sui palcoscenici di Broadway e si plasmerebbe in tutto ciò che fa parte di quella città.
La città dove niente è impossibile, nemmeno registrare un grande disco a budget zero, con alle spalle un'amore finito e con l'autostima sotto zero. Sostenuta solo da poche persone che credono in te contro tutto il resto del mondo.
Se si pensa di andare al cinema per vedere un grande capolavoro cinematografico, allora Tutto Può Cambiare non è il film adatto. L'uso della telecamera farebbe venire l'orticaria alla maggior parte dei registi, ci sono delle riprese che francamente anche io - semplice "videomaker" nel tempo libero - ho trovato allucinanti e la trama, per le persone troppo razionali, i non-sognatori come preferisco chiamarli io, sarebbe a dir poco banale.
Se invece oltre a fare i cinefili, riuscite ad andare oltre qualche ripresa non perfetta ed una trama forse già sentita, allora Tutto Può Cambiare è il film che fa per voi.
Per quanto mi riguarda, io ci sono andata completamente in fissa.
E riesco anche a giustificare il regista, John Carney, per la scelta di girare alcune scene in un determinato modo: quelle che inizialmente mi sono sembrate riprese disastrose, sono diventate poi un modo per far entrare di più lo spettatore nella storia, una sorta di riproduzione del low budget per la realizzazione del disco on the road di Gretta.
Keira Knightley, con le sue infinite maschere di personaggi storico-fantastici, è riuscita anche sta volta - a mio dire - a trasmettere esattamente le emozioni che la protagonista prova. Sarà che forse mi sento particolarmente affine a questo tipo di emozioni ultimamente, ma riuscivo a capire, quasi a percepire, il suo stesso dolore. Il dolore di aver perso l'amore, con la sensazione di non potercela fare, da sola in una città lontana da casa, senza niente oltre se stessa. E la sua musica.
L'inizio del film, in quel locale un po' sfigato, con un amico che quasi la obbliga a salire sul palco e a far sentire a quel pubblico disinteressato la sua musica in cui riversa ciò che prova e poi un discografico al precipizio della sua carriera, ubriaco e quasi senza speranze riesce a sentire ciò che gli altri non sentono.
E crede in lei.
E si aiutano a vicenda. E la musica aiuta entrambi.
Alla fine il dolore di Gretta per Dave inizia a svanire, è un processo lento e difficile così come la realizzazione del suo album registrato per strada, nelle metropolitane, sui tetti... ovunque a New York. Con i rumori della città che sono parte integrante della sua musica e con musicisti che hanno suonato per lei e creduto in quel progetto che ai più sarebbe sembrato folle. E e la fa, ce la fanno tutti, facendo ricredere coloro che non avevano dato loro speranze.
E alla fine la sua musica arriva a tutti, riescono a sentirla tutti.
Dan ritrova la sua famiglia e Gretta non ritrova l'amore, ma ritrova la musica e sè stessa cambiata, diversa. E ricomincia da qui.
Alla fine del film a me è venuta voglia di tirar fuori dalla custodia la mia chitarra acustica, iniziare a buttar giù delle canzoni su un vecchio quaderno e registrarle in giro, esattamente come il disco di Gretta e Dan.




Ecco quali sarebbero alcuni dei posti dove registrerei il mio disco se fossi Gretta.
Sul Pontile di Bagnoli; su una panchina al St James's Park o tra le bancarelle del mercato di Notting Hill; a Trastevere, sotto gli alberi accanto al fiume; all'interno del Parthenon e sul ponte dello stretto di Korinthos; alle Cascate del Niagara, lato Canada; sul Golden Gate Bridge nella nebbia della Baia di San Francisco; sui Fiordi in Norvegia; in Via Barberia, fuori il Dipartimento di Musica e Spettacolo a Bologna e perchè no, anche su uno dei battelli-pub sulle coste del Danubio a Belgrado... E tanti altri posti.
Per ricominciare.

sabato 18 ottobre 2014

Non condivido il tuo pensiero ma...

Non condivido il tuo pensiero. Ma sarei pronto a morire per il tuo diritto ad esprimerlo.
Questa frase è attribuita a Voltaire il quale, presumibilmente, l'ha pronunciata - o scritta - verso la metà del Settecento, è una frase incredibile per quel tempo, così avanti, così giusta, così illuminata, esattamente come il periodo in cui il filosofo visse. Soprattutto se si pensa che quello che nella Costituzione Italiana è chiamato Articolo 21 [tutti hanno diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione...], è una conquista che siamo riusciti ad ottenere solo molto di recente.
Una frase che dovrebbe essere stampata a fuoco nel cervello di tutti, dovrebbe essere attuale. E che in realtà viene continuamente dimenticata, si perde nel vento.
Sono passati circa tre secoli dall'Illuminismo, da quei messaggi di tolleranza e di apertura che i philosophes si adoperarono tanto per diffondere, eppure sembra che per un ironico capovolgimento spazio-temporale, il Medioevo - inteso come periodo buio - si sia riversato nell'XXI Secolo il quale dovrebbe invece brillare come una Supernova in confronto al XVIII Secolo.
Certo, si potrebbe obbiettare che non c'è più la caccia alle streghe e nemmeno nessun Galileo costretto ad abiurare perchè afferma che la Terra gira intorno al Sole, ma ancora c'è qualcuno che, in nome di un Dio, afferma che l'omosessualità sia una malattia, qualcosa che è contro natura e chiunque dica il contrario, cerca di "imporre" un pensiero sbagliato.
Questo che da poco più di centocinquant'anni chiamiamo Paese è, anche sotto questo punto di vista, tristemente indietro... Insomma, la penisola italica ha visto nascere l'Impero Romano sotto la cui aquila sono state create le terme, gli acquedotti, il servizio fognario, il Corupus Iuris Civilis e tantissime altre cose simbolo di un ingegno incredibile; in seguito è poi stata la culla del Rinascimento, di opere letterarie, artistiche e musicali che il resto d'Europa invidiava ed emulava... Insomma, questo stivale in mezzo al Mediterraneo era il centro del mondo.
E poi?
E poi niente... ci siamo lasciati superare dai discendenti dei Barbari - sì, quelli che andavano in giro con l'elmetto con le corna ai lati e le barbe lunghe -, proprio noi che abbiamo il sangue greco-romano che scorre nelle vene. Mentre parte del mondo occidentale finalmente riconosce i diritti dei gay, permettendo anche le unioni tra di essi e, talvolta, anche l'adozione di bambini, in Italia ci sono ancora uomini di Neandertal che caparbiamente si oppongono a tale civiltà.
Sono infatti passati solo pochi giorni dalla protesta "pacifica" di alcune persone che si sono fatte chiamare Sentinelle in piedi. Questa non è manifestazione del proprio pensiero, non ha nulla di pacifico: queste persone che hanno sprecato il loro tempo restando in piedi nelle piazze a "leggere" libri in segno di protesta alle unioni non eterosessuali, non hanno semplicemente manifestato il loro pensiero, hanno esercitato una violenza forse ancora più aberrante di quella fisica, perchè contrari a coloro che, in quanto omosessuali, vorrebbero poter manifestare liberamente il loro di pensiero.
Un pensiero che viene giudicato "contro natura" eppure l'omosessualità è stata ritrovata in numerose specie animali e in nessun'altra specie è giudicata sbagliata e questo non ci rende superiori agli altri animali, ci rende solo la specie peggiore. Ancora una volta.
Contro natura è la reazione a catena della fissione nucleare; è un ragazzino seviziato con un tubo compressore perchè è grasso; è mettere un fucile in mano ad un bambino e mandarlo a morire in guerra. Ci sono tante cose contro natura, ma di certo non i gusti, che siano legati al cibo, ai vestiti o alla sessualità. Per fortuna su sette miliardi di persone, siamo diversi e ci piacciono cose differenti, altrimenti saremmo esattamente come un gregge di pecore.
Cosa c'è di contrario alla natura nell'amore? In quale parte della Bibbia o del Corano o di qualsiasi altro testo sacro c'è scritto che due persone dello stesso sesso non possono stare insieme e non possono sposarsi liberamente come due persone del sesso opposto?
E se gli egregi signori che fanno parte delle Sentinelle in piedi credono che unioni (che siano civili, fisiche o religiose) tra due persone dello stesso sesso siano sbagliate perchè non portano alla riproduzione, allora stanno implicitamente affermando che l'uomo è un animale (e spesso i suddetti signori sono gli stessi che si adoperano tanto a distinguere l'uomo dalle "bestie") e, esattamente come la maggior parte degli altri animali, ha bisogno del sesso solo per mandare avanti la sua specie.
Ma, sebbene l'uomo sia un animale (fatevene una ragione, discendete dalle scimmie e condividete gran parte del patrimonio genetico con i topi!), ha una differenza rispetto ad altre specie: il sesso non è uno scopo legato solo alla riproduzione, ma è anche un piacere, un legame con una determinata persona per cui si provano dei sentimenti che non si potrebbero provare per altri. Altrimenti avremmo anche noi i nostri periodi di calore in cui ci accoppieremmo con chiunque giusto per procreare.
Anzichè battersi per questioni così futili, sarebbe auspicabile che tutti coloro che si schierano fermamente contro gli omosessuali iniziassero ad occuparsi di questioni di maggior rilievo e ricordassero ciò che diceva Voltaire al riguardo di pensieri diversi; ma soprattutto sarebbe auspicabile che la luce dell'intelligenza di cui l'uomo è naturalmente dotato, sovrasti il buio dell'ignoranza e permetta di capire che non c'è nulla di sbagliato negli omosessuali, che un bacio tra due uomini o due donne è esattamente come un bacio tra una donna e un uomo, che ognuno è libero di fare l'amore con chi vuole e che ha il sacrosanto diritto di dire quel "sì" a chiunque creda sia più giusto.
Ed invece di indignarsi tanto per le sedici trascrizioni di matrimoni contratti all'estero avvenuta oggi a Roma da parte del Sindaco Marino (che sono una provocazione affinchè la legge venga fatta), bisognerebbe gioire perchè almeno la bellezza dell'amore - in qualsiasi sua forma - riesce ancora a trionfare in un mondo che di bello ha ormai ben poco.
Ma soprattutto che illustri signori come Alfano inizino a fare propria la frase di Voltaire e a battersi affinchè tutti possano esprimere liberamente il proprio pensiero anche se magari loro non lo condividono.

sabato 4 ottobre 2014

Arrivederci.

Kalispera, good evening, bonsoire, buona sera, dobry wieczór, dobryy vecher, dobro veče.

Ho imparato a dire buongiorno, buona sera e grazie in varie lingue e questa è solo una delle cose che mi ha lasciato la Grecia.
Delle tante cose.
Non parlo solo di immagini incredibili, quasi da cartolina come i colori del tramonto, l'incredibile bellezza di Atene in cui antico e moderno ed Oriente ed Occidente si fondono in un modo unico e sorprendente, il colore del mare di Eretria, i profumi, i sapori - seppure particolari e talvolta poco vicini ai miei gusti -, della natura... Questa è solo una parte di quello che quest'estate mi ha lasciato.
Le cartoline resteranno impresse nella mia mente, così come alcune parole che sono entrate nel mio vocabolario quotidiano ormai un po' poliglotta e strano.
E poi ci sono cose che sono incise non solo nella mia mente. Alcuni sorrisi, un paio d'occhi dello stesso colore del mare di Eretria, o quella voce che ripeteva il buongiorno in tutte le lingue e tante altre cose....
Non riesco a dimenticare, forse non aiuta che l'esame che sto preparando è Etnomusicologia e che il modulo che io scelsi esattamente un anno fa è sulla musica dei Balcani e della Grecia. Forse semplicemente non posso dimenticare e non voglio.
Fingo di non pensarci molto, ma non sono più una brava attrice e basta una parola, un odore o un viaggio che per certi aspetti può ricordare quello ad Atene e allora mi sento come la scena del video di "Don't Tell Me" di Avril Lavigne in cui lei rompe il vetro. Ma io sono il vetro.
Oggi sono stata a Firenze, mi sono svegliata presto, ho fatto una colazione abbondate e con il regionale ho impiegato poco più di un'ora e mezza da Bologna, poi ho camminato tanto in una bellissima città d'arte in cui le lingue che sentivo per strada erano le più svariate, dopodichè mi sono ritrovata al Mercato di San Lorenzo. Ma non ero a Firenze. Non avevo preso il regionale, ma l'autobus dall'Eretria Village ad Atene e quello non era il Mercato di San Lorenzo, ma il Mercatino delle Pulci vicino l'Agorà. E durante il ritorno nel treno ho realizzato che non sarei tornata ad Eretria, che non mi aspettava la doccia della camera 2205, che non avrei visto nessuno spettacolo accanto ad una piscina e non avrei ballato e guardato ancora quegli occhi.
Ed è stata la prima volta da quando quell'aereo giallo e blu della Mistral Air è decollato dall'Aeroporto di Atene, che mi sono lasciata sul serio andare alla nostalgia (dolore?). Consapevolmente.
A parte la notte...
Ma quando arriva la notte e resto sola con me, la testa parte e va in giro in cerca dei suoi perchè. 

Poco prima di partire per Atene fotografai l'alba sull'Aeroporto di Bari e scrissi "Antìo Italia" su Facebook, perchè avevo bisogno di staccare dall'Italia, di allontanarmi non solo fisicamente dal mio paese e da tutto ciò che ad esso era legato.
Ora "Antìo Ellada kai efharisto para poli". Perchè ho bisogno di credere che questo sia solo un arrivederci prolungato dalla Grecia e da tutto ciò che ad essa è legato.

giovedì 11 settembre 2014

Un mese fa.

È passato un mese.
Un mese da quella partenza che mi ha portato ad Eretria, un comune della Grecia che fino a tre settimane prima quando avevo prenotato la vacanza in agenzia, devo ammettere, non avevo mai sentito. Un mese da quella che ricorderò come la più bella vacanza di sempre.
Un mese da quando vidi apparire in cielo quella bellissima luna piena e rossa mentre ero diretta all'Aeroporto di Bari e che volli prendere come un segno positivo; quasi a voler cercare dalla luna la garanzia di un'estate che avrei voluto non fisse mai.
Quella tra l'undici e il dodici agosto è stata la nottata più lunga della mia vita, ferma nella sala d'attesa dell'aeroporto, stanca dopo il viaggio da Napoli fino al capoluogo della Puglia, in ansia e seduta su quelle scomodissime sedie senza riuscire a chiudere occhio per tutta la notte. C'erano parecchi ragazzi, tutti in attesa di quel volo per Atene alle sei del mattino; molti di loro erano riusciti ad addormentarsi, chi a terra, chi in posizioni strane sulle sedie.
Praticamente tutti, tranne me.
Ero quasi certa che non sarebbe stata una vacanza all'insegna del divertimento dato che ero da sola senza amici, ma avrei visto Atene, una delle città che ho sempre portato nel cuore ancora prima di vederla e andava bene così. E poi io sono abituata a stare da sola, lo sono sin da piccola e spesso la mia compagnia è l'unica di cui ho davvero bisogno, per cui non ero preoccupata per questo.
E, mentre quasi tutti dormivano, io ero acciambellata su una sedia, con gli occhiali da vista e l'iPad intenta ad iniziare (e, per poco, anche finire) Harry Potter E Il Calice Di Fuoco. Non avevo sonno, ero stranamente sveglia mentre i miei occhi passavano continuamente dall'orario sul display del tablet al tabellone delle partenze.
 
Più che altro ero infastidita perchè gli altri dormivano beati; provo sempre molta invidia per quelli che riescono ad addormentarsi ovunque, mentre io faccio fatica persino a prendere sonno in un letto comodo e poi c'erano tutti quei rumori, prima i fuochi d'artificio, poi il tipo che girava per l'aeroporto con la macchina per pulire... E poi alla fine il sonno è arrivato, quando il cielo scuro iniziava a schiarirsi lentamente e le sveglie (degli altri!) suonavano alle quattro del mattini del 12 agosto 2014, orario in cui si sarebbe aperto il check in.
È stato lento, stancante e i sedili "comodi" dell'aereo mi sembravano la terra promessa così come il cornetto mangiato velocemente prima dell'imbarco.
Prima di quell'alba su Bari che, come la luna qualche ora prima, mi era sembrata un bel modo per iniziare le vacanze.
Il lento scorrere del tempo in aeroporto sembra poi aver voluto recuperare nei quindici giorni successivi che si sono accavallati in una corsa frettolosa. Nel momento in cui ho allacciato le cinture, sono crollata in un sonno quasi ininterrotto che si è concluso solo con la voce del comandante della MistralAir che informava i passeggeri che erano atterrati all'Aeroporto di Atene.
Lì, il tempo di recuperare i bagagli e poi l'accoglienza da parte delle ragazze della Balkan Express che ci hanno portati ai vari autobus per i vari villaggi sulla costa di Atene; molte delle persone che avevo visto dormire quella notte a Bari e con cui avevo viaggiato, avrebbero preso strade diverse. Io ero sul pullman per l'Eretria Village-Holidays in Evia che, dalle spiegazioni di una simpatica ragazza campana della Balkan, sembrava il paradiso, ancora di più delle foto che avevo visto in Internet.
Le quasi due ore di viaggio (sarebbe stata un'ora e mezza se l'autista non avesse mantenuto gli 80km/h per tutto il tragitto!) sono state per me modo di riprendere il flirt iniziato con Morfeo sull'aereo, per cui mi sono ritrovata al villaggio senza sapere bene come esserci arrivata.
Faceva un caldo allucinante!
Cocktail di benvenuto, primo assaggio della cucina del ristorante dove avrei più o meno digiunato per i prossimi quattordici giorni, l'arrivo in camera, i bagagli disfatti, ancora un po' di sonno e poi ho fatto la prima immersione nella vita del villaggio. Un bellissimo villaggio.
Mi ci sono volute poche ore per apprezzare la struttura, per notare quanto l'animazione fosse efficiente e per fare subito il paragone con le due estati al Nausicaa che fino a quest'anno mantenevano rispettivamente da sette e sei anni il primato di "estati più belle".
A fine serata, ero già particolarmente interessata ad un animatore e questo - è risaputo - è il primo ingrediente affinchè io inizi ad amare una vacanza.
Tre giorni dopo avevo già svariati lividi, di cui uno al ginocchio che me l'ha gonfiato tantissimo e che tutt'ora dopo un mese, mi fa ancora male; avevo già partecipato a tutte le attività del villaggio a mo'di "incubo peggiore degli animatori"; ero stata coinvolta già in uno spettacolo serale ed avevo passato il più bel quindici agosto da svariati anni (il mio disappunto per feste come Ferragosto e Capodanno è risaputo e lì in Grecia non c'è l'usanza di festeggiare Ferragosto).
Esprimere il desiderio con i palloncini e dopo il Sangria Party, mi ha portato piacevolmente indietro al Nausicaa e allora ho capito che le estati 2007-2008 avevano un valido rivale.
Parte del desiderio che ho scritto e poi attaccato al mio palloncino rosso, si è avverato davvero.
Voglio essere felice.
E lo sono stata, ero davvero felice lì.
Sono stati quattordici giorni incredibili, caratterizzati da numerosi momenti stupendi, da grandi emozioni e sentimenti molto forti, da sorrisi sinceri, da persone speciali (quasi mi manca persino il ragazzino che è stato il mio stalker e che un po' mi inquietava... quasi)... Sono stati quindici giorni intensi, ma purtroppo eccessivamente veloci. 
Sono passate poco più di due settimane dal percorso a ritroso da Eretria all'Aeroporto di Atene, da quel viaggio così diverso da quello dell'andata, così pieno di lacrime e di dolore per la fine di un'estate indimenticabile. Due settimane da quel volo di ritorno a Bari che ha fatto abbastanza male.
E ancora adesso, dopo due settimane, quel dolore di aver lasciato un posto così bello dove mi sono divertita tanto ed ho conosciuto persone splendide, è ancora qui con me, attenuato, ma comunque c'è.
E non potrebbe essere altrimenti vista la bellezza di questa vacanza.

mercoledì 27 agosto 2014

Sunshine

Quando a fine luglio mia madre ed io siamo andate in agenzia a prenotare la vacanza, eravamo disperate e credevamo che non avremmo trovato nulla di interessante. La proposta di un villaggio sulla costa di Atene era fantastica, anche solo perchè avevamo una delle città più belle ed antiche del mondo ad un'ora e mezza di autobus, per questo abbiamo accettato. L'arte, la storia e la cultura dell'Antica Grecia sono tra le mie preferite in assoluto e sarebbe già andato bene così, anche solo avendo la possibilità di visitare Atene.
Non avrei immaginato - sebbene avessi visto le foto sul sito - che ad Eretria mi sarei trovata in un villaggio bellissimo, molto più delle aspettative, con un'equipe di animazione incredibile.
Potrei cercare dei difetti per questa vacanza, come il cibo, i 42 gradi quasi costanti o il mare con le alghe, ma in realtà non riesco a definirli davvero difetti. Queste due settimane hanno rasentato la perfezione, stop.
E io non mi sono risparmiata, volevo essere felice e lo sono stata, senza forzature e anche da sola senza le persone con cui ho condiviso circa venti estati della mia vita.
Quest'estate mi ha dato tanto, sotto svariati punti di vista: mi ha permesso di parlare quasi sempre in inglese, all'inizio ho fatto fatica dato che non lo parlavo più da secoli, poi ho ripreso ad essere abbastanza fluente e a riuscire a fare e capire anche discorsi più difficili; ho avuto la possibilità di conoscere - anche se poco - altre lingue, di imparare almeno le frasi principali, di entrare in contatto con persone di altri paesi e di scoprire che in Grecia, sebbene abbiano una situazione economica e politica peggiore di quella italiana, sono molto più avanti di noi culturalmente, organizzativamente ed umanamente e che in Serbia ci sono delle persone fantastiche, almeno quelle che ho conosciuto lì nello staff, le quali mi hanno dato tanto e che, per un motivo o per un altro, porterò sempre nel cuore tanto da desiderare di andare al più presto in Serbia per ritrovarle (e comunque questo viaggio è in programma); mi sono sentita desiderata, voluta bene, importante ed ho avuto esperienze ed emozioni nuove e belle.
E poi ho fatto tutto. Ogni attività al villaggio, sono stata coinvolta in molti spettacoli serali, ho bruciato tutte le mie energie sempre con un "banana smile" ed ho vissuto questa vacanza intensamente.
E questa è solo una parte dei motivi per cui questa è stata la più bella vacanza di sempre.
Per cui, dopo quattordici giorni che l'ho sentito dire a voi dopo ogni attività, lasciate che ora sia io a ripeterlo perchè lo meritate:
Efharisto para poli, thank you so much, merci beaucoup, danke, spasibo, dziękuję, hvala. Grazie mille!
One, two, three... SUNSHINE!

giovedì 7 agosto 2014

La ceretta.

Noi Occidentali siamo dei gran bugiardi.
Avremo pure il diritto di manifestare liberamente il pensiero attraverso la parola, lo scritto e qualsiasi altro mezzo di diffusione (e ad alcuni dovrebbe essere revocato!), abbiamo smesso di andare in giro con pelle di pecora quando fa freddo (reticenza per quelle che ancora comprano le pellicce) e diciamo di essere lontani dagli estremismi di alcune culture orientali. 
QUESTA. È. UNA. BUGIA!
Magari non ci sarà più il supplizio della ruota, ma ci sottoponiamo volontariamente alla ceretta e direi che è più o meno la stessa cosa. 
Tutte le ragazze fanno la ceretta, diffidate di coloro che negano di farla e sono glabre come una bambina di sei anni perchè: 
mentono
• usano il rasoio una volta a settimana, perciò hanno i peli doppi come quelli di Lucio Dalla
Anche le bionde si depilano, magari di meno rispetto alle more, ma comunque lo fanno perchè può darsi pure che i peli biondi si notino poco, ma passare una mano su una gamba ed avere la sensazione di accarezzare un Cocker Spaniel Inglese potrebbe non essere piacevole.
Andare dall'estetista significa sofferenza, diffidate pure di quelle che dicono che loro non sentono nulla e che fare la ceretta è piacevole. Sono subdole e mentono spudoratamente.
Già entrando in un centro estetico si avverte quell'odore tipico della paura, probabilmente lo stesso che si sente in posti come Alcatraz, Guantanamo... Azkaban! E poi vedi loro, una schiera di estetiste con le sopracciglia perfette, i capelli lisci che manco Yuko Yamashita e le unghie con l'immancabile ricostruzione, di solito troppo lunga, con un'accozzaglia di colori che farebbero vergognare persino Arlecchino.
Il primo step dall'estetista è la consegna di quell'imbarazzante slip di carta, deformato, troppo più grande per un sedere che non sia quello di Nicki Minaj e nel frattempo su un piccolo tavolo mobile c'è quel fornellino rotondo dove una sostanza color gelato alla vaniglia andato a male si sta riscaldando. Quando ci si stende sul lettino coperto di carta, l'estetista prende un utensile che generalmente si trova in fondo al cassetto della cucina e le mamme lo usano per stendere la glassa sulle torte, sì la spatola e sì, quando lei - l'arpia - stenderà sui vostri stinchi la cera calda, si avrà per un attimo la sensazione di essere diventata una creazione del Boss Delle Torte, poi si percepisce il calore e dopo lo sfregamento della mano sul pezzo di carta rettangolare e poi... ZAC. Al primo strappo si vorrebbe già andare via piangendo per il dolore, ma noi - imperterrite - restiamo lì, con espressione stoica e se lei domanda «Hai sentito dolore?», noi sfoggiamo sempre un sorriso incerto ed ostentato rispondendo di no.
Il supplizio continua, gli strappi risuonano nella stanza e i rettangoli di carta pieni di peli che non pensavate di avere - manco foste lo Yeti! - si ammucchiano in un angolo del lettino e allora l'arpia inizia a fare conversazione perchè nel frattempo ha superato il ginocchio e si avvicina il momento che farebbe invidia ai migliori film Horror.
Generalmente le conversazioni dall'estetista sono molto frivole, qualche volta capiterà di vederla sudare davanti a un congiuntivo e di certo non vi chiederà che cosa ne pensate riguardo il Bosone di Higgs. Di solito inizia con la domanda tipica «Sei fidanzata?» e non importa se tu sia single, fidanzata o se la tua storia da Pretty Woman sia finita il giorno prima, quella domanda arriverà sempre, durante ogni seduta, anche se ormai l'arpia dovrebbe sapere la risposta, continuerà a chiederlo come se l'essere fidanzata fosse una questione di primaria importanza al pari dell'argomento del giorno durante l'assemblea delle Nazioni Unite.
Poi candidamente vi chiederà di allargare la gamba - e lì l'inutilità dello slip di carta raggiungerà il suo culmine - ed inizierà a spalmare la cera (ormai bollente) sul vostro inguine. I muscoli si tendono allo spasmo, si inizia a pregare Dio, Zeus, Tutankhamon, Sailor Moon e i 649 Pokemon mentre già la cera calda in quella zona diventa peggio delle torture medievali, ma non è niente in confronto allo strappo che è così doloroso da farvi desiderare di imparare seduta stante l'aramaico antico solo per poter bestemmiare nella lingua di Gesù, così che abbia più effetto.
Ma lei non sarà contenta finchè anche l'ultimo pelo non sarà stato estirpato, così vi chiederà di mettervi in posizioni assurde (la posizione ginecologica al confronto vi sembrerà una passeggiata) ed improbabili (manco Carla Fracci riusciva ad allargare le gambe in quel modo!); vi aprirà in modo osceno come se voi foste il miglior tacchino da imbottire per il Giorno del Ringraziamento e vi conoscerà meglio di qualsiasi ragazzo al mondo, fosse pure Christian Grey!
[Questa, mie care, si chiama ceretta brasiliana ed è il peggio del peggio. Pensate solo che Naomi Campbell dice di farla ed addirittura di non poterne fare a meno! Adesso capite perchè si distrugge di droghe pesanti?]
Inizierete a chiedervi perchè siete andate lì, in fondo le vostre mamme non la facevano la ceretta, ve la ricordate bene quella foto di lei da giovane, seduta sul lettino in spiaggia con le braccia dietro la testa mentre esponeva orgogliosamente la marmotta che aveva sotto le ascelle. Eppure noi NO, la ceretta la dobbiamo fare perchè mica Belen se ne andrebbe mai in giro con un ciuffetto di morbidi peli che escono dal suo costume sgambatissimo che solo lei può permettersi?
Alla fine del supplizio - la ceretta brasiliana, intendo - l'arpia vi chiederà di girarvi e, imbrattate come siete delle ramasuglie di cera, vi porterete dietro mezza rivestitura di carta.
Lei si accanirà contro quell'ultimo ed unico pelo rimasto in un angolo remoto della vostra gamba che nessuno noterebbe, inizierà a passarci mille volte la cera e comunque non riuscirà a tirarlo via, sarebbe infatti più facile se usasse una semplice pinzetta anzichè fare della vostra pelle una riproduzione fedele della superficie lunare!
Dopo un'ora, avrete le gambe doloranti, la cera che vi attacca spiacevolmente posti dove non batte il sole e sembrerete delle fragole giganti perchè nel frattempo saranno comparsi infiniti puntini rossi a delineare ogni pelo tirato via!
Eppure continuiamo ad andare una volta al mese (almeno) dall'estetista e a sottoporci per un'ora a queste sevizie ripetendoci che chi bella vuole apparire un poco deve soffrire.


giovedì 24 luglio 2014

Luciano... per la quarta volta.

Tre concerti da maggio ad oggi. Tre incredibili concerti.
MIKA, Rolling Stones e Luciano Ligabue.
Sul concerto degli Stones non ho scritto neanche un post, lo so, ma è impossibile riuscire a trasportare su carta (seppure virtuale) le emozioni che si provano ad essere a sette metri dal palco su cui si trovano alcune tra le più grandi Rock Star che la storia della musica abbia avuto. Descrivere il concerto dei Rolling Stones è impossibile, bisogna viverlo per capire quanto sia stato pazzesco ed io, l'ho vissuto.
Del concerto di MIKA ne ho già parlato abbondantemente.
Per cui eccomi qui, il giorno dopo il concerto di Luciano. Il sua quarto concerto che ho visto, per la seconda volta sullo sfondo dello Stadio Arechi a Salerno, stavolta però senza pioggia per fortuna.
L'ultima volta che ho visto Luciano era il 20 luglio 2012 in Piazza del Plebiscito. Faceva caldissimo ed io ero lì dalla mattina e, tra trentamila persone, mi sono ritrovata di fianco alla persona che è un po' il motivo per cui io amo Ligabue, un mio carissimo amico di vecchia data (molto vecchia, sedici anni!) che a volte, tra i banchi di scuola, mi ficcava un auricolare nelle orecchie facendomi ascoltare Lambrusco & Pop Corn o I Duri Hanno Due Cuori e alla fine me l'ha fatto amare ancora di più di quanto non lo amassi già. Trovarmi lì e guardare il concerto del nostro cantante preferito insieme, è stato solo uno dei vari regali che Liga mi ha inconsapevolmente fatto.
Ieri ero di nuovo all'Arechi, stavolta con mia madre che è il primo motivo per cui mi piace Ligabue; insomma, ancora ricordo l'imbarazzo che provai quando avevo tredici anni e ci ritrovammo al Festivalbar a Napoli e, durante l'esibizione di Luciano - che allora cantava Happy Hour che era uno dei tormentoni dell'estate 2006 -, urlò con tutto il fiato che aveva "Ah bono!"... Insomma, con una mamma del genere che per di più alzava il volume ogni volta che sentiva una sua canzone per radio, non potevo non diventare anche io una sua fan.
Sebbene ieri fosse il quarto concerto, non è cambiato nulla dalla prima volta. Mi sono svegliata incredibilmente presto per l'eccitazione pre-concerto, durante il tragitto ero a mille, ho cantato tutte le canzoni selezionate da Luciano per RTL prima dell'esibizione e, quando si sono accese le luci su quell'incredibile palco, ho iniziato ad urlare, ridere, emozionarmi, avere i brividi e cantare acclamando il mio cantante preferito. Questo mix di emozioni diverse che è durato per due ore e mezzo durante le quali Luciano non si è risparmiato per niente.
E poi ha cantato Ho Messo Via. La mia canzone preferita che non avevo mai sentito dal vivo prima d'ora... È stato un momento incredibilmente intenso.
Ho ancora addosso l'emozione del concerto e già aspetto il prossimo che sarà comunque un colpo all'anima.
Grazie Luciano.
30 luglio 2010, Stadio Arechi, Salerno. 
11 dicembre 2010, Palamaggiò, Caserta. 
20 luglio 2012, Piazza del Plebiscito, Napoli. 
23 luglio 2014, Stadio Arechi, Salerno. 

lunedì 14 luglio 2014

Alla ricerca di un'identità.

Sono sempre stata alla ricerca di una mia identità, credo un po' come tutti.
Chi è Helda? Che cosa vuole da se stessa? 
Molto spesso non so rispondere a questa domanda.
Forse perchè Helda ha mille facce senza saperlo, non che sia voltabandiera - o almeno lo è solo con se stessa -, Helda è quella che vorrebbe fare mille cose, che ha mille sogni e non li ha mai messi in un cassetto perchè, disordinata com'è, rischierebbe di non trovarli più, per cui nel cassetto ci lascia generalmente i vestiti, piegati male. E i miei sogni sono qui, sempre con me, che mi girano intorno a volte estrapolandomi dalla realtà. Potrei quasi dire che a volte i miei stessi sogni diventano il mio scenario della paura e rischio di esserne sopraffatta.
E poi, a parte l'identità che vorrei, quella che credo di avere ma non ne sono sicura, si insinuano in me delle identità temporanee influenzate dal libro di turno che sto leggendo. Queste sono le identità che preferisco perchè almeno non devo necessariamente trovarne una seria che mi faccia capire che cosa mi proporrà il futuro.
Sono stata sul punto di uccidermi con l'arsenico come Emma Bovary, dopo una vita spesa a perseguire scopi mai ottenuti del tutto; sono stata la secondogenita di cinque sorelle, sincera, ostinata, alla ricerca di una verità che all'inizio non capivo, diversa da tutte le ragazze della mia età e del mio tempo e poi innamorata di Mr. Darcy; ho fatto l'autostop per andare dalla East Coast alla West Coast, on the road; ho avuto un ritratto che invecchiava per me in soffitta; ho scritto l'ultima canzone con mio padre poco prima della sua morte; sono stata Penelope, Francesca, Giulietta, Julia, Jane, Angelica, Anna, Alice, Catherine e molte altre...
Sono stata la strega più brillante della mia età ed ho aiutato a recuperare la Pietra Filosofale, ho trovato la Camera dei Segreti, ho aiutato il Prigioniero di Azkaban, ho partecipato al Torneo Tremaghi perchè qualcuno aveva inserito il mio nome nel Calice di Fuoco, ho fatto parte dell'Ordine della Fenice e scoperto chi fosse il Principe Mezzosangue ed infine sono diventata padrona della morte unendo i Doni della Morte.
Ho trovato Narnia in fondo al mio armadio; ho scoperto di essere una Semidea figlia di Atena, astuta, terrorizzata dai ragni ed innamorata di un figlio di Poseidone; ho viaggiato nel tempo perchè ero il rubino nel Cerchio dei Dodici e poi sono stata anche una Custode della Storia; sono diventata una Shadowhunters e poi mi sono offerta come Tributo agli Hunger Games, diventando inconsapevolmente la Ghiandaia Imitatrice, il simbolo della rivolta contro Panem... Ed ora ho scelto gli Intrepidi tra le Fazioni della città, ma sono in realtà una Divergente.
Non importa chi io sia veramente, quando ho un libro in mano posso essere chiunque io voglia.

giovedì 26 giugno 2014

QUESTO sì che è per te.

Ciao.
Odio Facebook.
A me piacciono così.
Scopro solo ora che hai un blog.
Mi manchi, mi dai il tuo numero?
Farfalle nello stomaco.
Mi dispiacerebbe se ti innamorassi di me.
Così ci salteremmo addosso.
Nero.
Universo parallelo.
Sei bella.
Se fossi lì...?
Foto.
Labbra.
Te.
Un regalo.
Devi decidere tu.
Mio.
Hai paura che io ti baci.
Così sei pericolosamente vicina.
Panchina.
Mi manchi.
Un anno.
Sparito.
Devo dimenticare.
Distrazioni.
Inutile.
Non ce la faccio.
Ti voglio.
Tristezza.
What's App.
Tu.
Di nuovo.
Assenza.
Ansia.
TI VOGLIO.
Baci.
Bagno.
Sono felice.
Ci si pente delle cose brutte, che io sappia.
Sparito.
Dolore.
Smettila di pensarlo.
Mi manchi.
La devo smettere.
Contro di me.
Gioco della lattina.
Coast to coast.
È bellissimo.
Due anni.
Che significa che sei innamorata di lui?
Hablo.
Vaffanculo.
Stronzo, stupido e presuntuoso.
Buon pomeriggio.


Scusa.
Torna.
Non è definitivo.
Per sempre.
Addio.


Ti amo.


domenica 15 giugno 2014

Maleficent: il vero amore non esiste.

Maleficent ovvero per la prima volta la Jolie mi ha fatto provare emozioni.
Lo ammetto, La Bella Addormentata Nel Bosco era quel classico Disney che da piccola guardavo solo quando ero particolarmente coraggiosa - cioè quasi mai - visto che mi faceva paura e, con ogni probabilità, la paura degli aghi mi (ci?) è venuta proprio per colpa di quel cartone. Per carità, era bellissimo: Aurora era molto più figa e simpatica di quelle due inutili principesse quali Cenerentola e Biancaneve e Filippo era il principe più gnocco dopo Eric di Ariel; ma la scena del fuso, quando Aurora cammina impossessata e sale tutte quelle scale per poi pungersi mentre Filippo lotta contro un drago che incendia tutto come se fosse un enorme barbecue, a me spaventava. Tanto.
Però ho ventun'anni e, dopo aver visto Kristen Stewart nei panni di Biancaneve essere considerata più bella di Charlize Theron (e farsi Chris Hemsworth), pensavo di essere ormai pronta a tutto, per cui mi sono fatta coraggio e finalmente sono andata al cinema a vedere Maleficent ripetendomi un mantra: Angelina Jolie è Malefica e non potrà mai farmi paura.
Infatti.
Il mio amore per la Jolie è al pari di quello per Monica Bellucci. Entrambe considerate tra le donne più belle del mondo e tra le attrici più brave. Potrei anche essere d'accordo per il primo punto, ma... attrici più brave? Sì, davvero brave se si considera che la tartaruga marina di una mia amica ha una mimica facciale più espressiva della loro, la cui espressione non varia per nessuno stato d'animo che devono rappresentare (come ricordo nel video L'espressività di... Monica Bellucci).
In Maleficent la Jolie non si è riscattata ai miei occhi, ma il film nel suo insieme, l'ha resa decisamente più simpatica da farmi quasi pensare di perdonarla per la sua relazione del tutto inopportuna con Brad. Quasi.
L'unica cosa che un po' mi ha turbata è la sua dentatura, ho passato gran parte del film a chiedermi ma quanti denti ha in bocca la Jolie?
Bel film, mi è piaciuta pure la scelta degli attori che non rasentavano insopportabilmente la perfezione; Aurora era una ragazza normale e Filippo non era il solito principe biondo e scultoreo (e anche un po' gay) che di solito propinano nei film. Bella la fotografia, gli effetti speciali, bella pure Lana Del Rey che ha cantato Once Upon A Dream. Bello tutto, insomma.
Bella soprattutto l'evoluzione della trama che ha abbandonato quella più scontata del classico animato, motivo che ha fatto guadagnare alla Jolie le mie lacrime. Un fiume di lacrime.
C'è da dire che mia madre mi chiama spesso bestiolina, che ero al cinema con lei dopo quasi un mese che non la vedevo e che ho un esaurimento nervoso a causa dello stress, del caldo e dello studio. Quindi... tante lacrime.
Lacrime e finale incredibile a parte, ho la convinzione che il film sia stato prodotto con lo scopo di lasciare un messaggio a Helda Tassi.
Il vero amore non esiste. O almeno non come la Disney ha sempre cercato di farcelo immaginare. Non ci si innamora a prima vista. L'amore non è per niente una cosa semplice, è un processo lungo, complicato, inconsapevole e a volte - purtroppo - unilaterale e fa male. E, per quanto tu possa aspettare il bacio del ragazzo di cui sei innamorata, l'unico bacio che credi sia in grado di svegliarti da quel metaforico sonno eterno, prima o poi devi capire che potrebbe non arrivare mai o che potrebbe arrivare senza sortire l'effetto desiderato perchè non è ricambiato allo stesso modo. E allora avrai bisogno dell'amore di qualcun altro per aprire gli occhi. Qualcuno che non sparirà mai dopo averti dato quel bacio, qualcuno come una mamma il cui amore non può svanire. O almeno non dovrebbe. Ma di sicuro è molto più sincero e vero di qualsiasi altro amore ci sia nella vita di una persona.
Purtroppo.
Ma Malefica lascia un insegnamento importante: non importa quanto tu sia ferita, quanto dolore tu abbia provato, quante volte tu ti sia svegliata nel cuore della notte piangendo e quanta rabbia tu abbia provato nei confronti di quella persona e di te stessa, alla fine tutto passa e allora si torna ad amare.
Grazie Disney per avermi illusa per anni con sta storia del bacio del vero amore, per avermi fatto sperare di vivere un amore da favola, forte, intenso e invincibile e poi avermi spiattellato brutalmente in faccia che il vero amore non esiste. Io ero ancora lì ad aspettare che qualcuno cantasse la strofa successiva della canzone che stavo cantando io ed ecco che ora avrò bisogno di andare in analisi. Grazie, davvero.
Per disperazione aspetterò l'uscita del DVD di Maleficent e lo guarderò fino a consumarlo.
(E grazie al cazzo che Malefica diventa cattiva: si innamora di uno che vuole distruggerla per il suo potere personale, diventerei anche io la peggiore delle streghe.)

lunedì 2 giugno 2014

Daje, famo un post sul #relive.

Ieri, 1 giugno 2014, ho festeggiato gli otto anni esatti dalla mia cosiddetta data zero in tournèe. E non avrei potuto celebrare meglio questi otto anni di concerti, di palchi, di emozioni, di facce, di sorrisi e di vita, se non proprio su un palco. E che palco!
Per quanto lei mi stia antipatica, direi che è il caso di citare una frase di Emma detta proprio ieri: "Non avevo ancora fatto l'amore sotto al Duomo di Milano". Esatto, io stessa non avrei saputo dirlo meglio.
Per cui, ripresami dall'euforia e non del tutto dalla stanchezza, eccomi a scrivere un post sul concerto di Radio Italia.
Sarei quasi tentata di scrivere uno di quei post che amavo tanto pubblicare sul Live Space (eh, sono vecchia) quando avevo tredici anni, con tanto di ringraziamenti a staff, band e chi più ne ha più ne metta e tutto il resto... Per fortuna il passaggio dal Live Space a WordPress ha cancellato direttamente quei post di una pischella fortunata, levandomi automaticamente l'imbarazzo di ritrovarli per caso e rileggerli. Però me li ricordo molto bene.
Ricordo anche molto bene le emozioni che provavo quando salivo per la prima volta sui vari palchi. La provo tuttora, solo che sono - e vorrei ben dire! - più matura e più capace di gestirle.
Per cui sono tornata nella ormai familiare Milano, niente viaggio frenetico e veloce in macchina stavolta, ma un treno altavelocità in solitudine, un giro in centro con la band, la camera allo Sheraton, il pranzo nel ristorante dell'albergo con Alex e i Negramaro... Insomma, se non fossi ormai abituata a situazioni del genere, mi ripeterei di cambiare spacciatore perchè sarebbe piuttosto irreale. Lo è, ma non per me.
Poi una bella doccia, i miei immancabili preparativi pre-live che mi faranno sempre guadagnare le battutine di mio padre che ripete che sono più star io che atre che lo sono effettivamente e poi dritti in Piazza Duomo. Tralasciando Edoardo che ha fatto andare me nell'auto di Radio Italia mandata per lui, mentre lui è andato con il furgone insieme alla band perchè così preferiva, per cui quando siamo arrivati nel backstage mi sono ritrovata gli occhi di un numero esorbitante di persone che cercava di capire chi fossi dei vari artisti e tralasciando pure la quantità considerevole di mani che ho stretto e di nomi che perlopiù non ricordo, il concerto di Radio Italia è stato una figata pazzesca. Ecco, sono sicura che questo è un termine tecnico molto usato nell'ambiente.
La mia stima va a Biagio Antonacci che ha aperto il live, stonando. Cioè, non ha intonato una nota nemmeno per sbaglio, incredibile! Però il suo è un grandissimo messaggio di speranza: se lui è considerato uno dei migliori cantanti in Italia, ha riempito San Siro per i suoi vent'anni di carriera ed ha venduto un bel po' di dischi, allora tutti possono cantare. Emma invece mi ha dimostrato ancora una volta la sua femminilità alla Rambo e la sua raffinatezza, con quel vestito così sobrio ed elegante. Alex sempre più bello che, durante il suo momento, mi ha fatto cantare a squarcia gola giù dal palco che ancora sono afona. Luca e Paolo grandissimi e Laura Pausini che mi è passata davanti prima di chiudersi nel camerino accanto a quello di Edoardo e lì ho dovuto seriamente trattenere una cascata di lacrime.
Ok, quest'ultima parte sembra un po' quei post di "Helda James", quindi la finisco qui.
No, scherzi a parte, per quanto sia cocciuto e surreale continuare a ripeterlo, sono sempre più convinta - soprattutto dopo aver preso parte ad eventi del genere - che io non desidero niente di più di questo per il mio futuro.

mercoledì 21 maggio 2014

Cara Laura...

Il '93 ha dato i natali a te, Laura, artisticamente parlando e a me, naturalmente parlando. Io sono nata poco meno di un mese prima di te, tu però sei più grande.
Mi piace pensare che in qualche modo abbiamo qualche cosa in comune noi due.
Qualche esempio?
Anche il mio papà è un musicista ed è lui che mi ha "iniziata" alla musica, certo, non faccio pianobar con lui, ma semplicemente perchè suonava sui palchi delle piazze, dei palazzetti dello sport, degli stadi e non solo nei locali, però lo accompagno spesso, soprattutto di recente... Cioè, da otto anni. Lui crede molto in me, comunque, ed immagino che, vista la tua incredibile voce, anche tuo padre doveva credere moltissimo in te allora. E vorrei ben dire!
Anche io sono una brava ragazza, non lo dico per vantarmene, è un dato di fatto. A volte vorrei non esserlo così tanto... Sono decisamente troppo brava, troppo timida, troppo educata (come spesso mi ha ripetuto persino la maestra alle elementari); ho fatto sega a scuola solo un paio di volte - vabè dai, facciamo quattro, ma solo perchè sono di una generazione diversa - ed anche io ho chiamato subito mia madre per scusarmi scatenando l'ilarità di entrambi i miei genitori che a momenti facevano una festa quando l'hanno saputo.
Sono sostanzialmente una brava ragazza che cerca di nasconderlo. Ma non sono quella che a Napoli verrebbe definita addurmuta, ho fatto anche io i miei casini, come tutti; l'essere buona non significa necessariamente non essere sveglia. E tu lo sai bene.
E soprattutto anche io ho avuto la mia bella dose di Marco che sono andati via... Non uno, La', ho una lista di Marco! A quattordici anni ho trascorso le vacanze in un villaggio bellissimo a Rossano Calabro dove lavorava un altrettanto bellissimo ragazzo di nome Marco che faceva l'animatore, mi sono presa una cotta allucinante per lui! Per cui una delle ultime sere al villaggio, c'era la serata karaoke, mi sono fatta coraggio ed ho cantato La Solitudine e poi pure Incancellabile, giusto per non farmi mancare niente... Inutile dire che tutto il villaggio - equipe e villeggianti - avevano capito che la stessi palesemente dedicando al bell'animatore. Inutile dire anche che ripensandoci ora, arrossisco ancora.
Ce ne sono stati altri di Marco, giusto perchè sbagliare è umano, perseverare è da Helda Tassi! Ma ce n'era (ce n'è) uno in particolare. Lui non se n'è propriamente andato via, direi più che va e viene a suo piacimento (distruggendomi) e non posso nemmeno scrivere una canzone perchè guarda un po', l'hanno già fatta su un Marco. Ah già, l'hai fatta tu. Così, evitando di citare il nome Marco, avrei potuto dire che finchè rimane sarà lui il migliore dei miei mali... Ma anche questa mi sa di già sentita. Mortacci tua, La'. Con affetto.
Scherzi a parte... D'accordo, magari un altro milione di ragazze ha un papà musicista e un Marco nel suo passato, e le tette non mi sembrano un buon argomento per dire di avere qualcosa in comune con te, per cui forse non è che ti somiglio molto, però sei sempre stata una delle mie cantanti preferite e ti stimo molto (ok, questa chissà quante volte l'hai sentita).
Quando ero piccola avevo un CD che ascoltavo continuamente, ogni giorno e che, a furia di riprodurlo, è diventato ormai irriproducibile, ma lo conservo ancora con gelosia: E Ritorno Da Te, il tuo Best Of del 2001. Cantavo le tue canzoni sempre, davanti allo specchio in camera mia con un microfono giocattolo sperando di poter diventare come te un giorno...
E poi, quando avevo sette/otto anni circa, hai fatto un concerto al Palapartenope a Napoli ed ho supplicato i miei di portarmi al tuo live. Era il mio primo concerto, o meglio, mio padre dice che a tre anni mi ha portata a vedere Bob Dylan, ma io proprio non lo ricordo!
Però ricordo benissimo le emozioni che ho provato quando sono venuta a vedere te la prima volta. Ero felicissima, finalmente avrei visto il mio idolo, avrei potuto cantare con te, seppure a distanza e quando sei salita sul palco... sono svenuta! No, non sto scherzando... Ho avuto davvero un calo di pressione per la troppa emozione e mi sono ripresa solo alla fine della prima canzone. Poi ho iniziato a cantare a squarci gola, a saltare e a piangere disperata e quando alla fine del concerto mio padre mi ha chiesto se avessi voluto conoscerti, stavo per svenire di nuovo. Ma ero troppo timida, troppo emozionata e non ce l'ho fatta.
Ora, ripensandoci, mi darei una sberla!
Però a breve avrò il mio riscatto perchè il 1 giugno al concerto di Radio Italia in Piazza Duomo a Milano, ci sarò anche io, con mio padre e, sebbene siano passati quattordici anni da quel concerto e nel frattempo io sia stata svariate volte in tour, abbia conosciuto tantissimi artisti italiani e non e sia salita su palchi importanti, ti confesso che sono molto emozionata all'idea di poter incontrare l'idolo di una vita.
Perciò, da persona leggermente egocentrica quale sono, spero che tu e le similitudini che tanto mi affatico a trovare tra noi, mi portiate fortuna.
Grazie Laura.

lunedì 19 maggio 2014

#Nutella50bday

Ho visto un numero esorbitante di concerti in ventun'anni di vita, alcuni probabilmente non li ricordo neanche, altri invece più che visti, li ho vissuti dato che ero sul palco, ma una cosa non è mai cambiata: l'emozione che mi dà ogni volta la musica, che sia un po' distorta sul lato del palco o perfetta in mezzo al pubblico. I concerti sono per me una carica importante senza la quale sarebbe difficile continuare. Ho bisogno di vedere concerti ogni tanto, insomma.
A tre anni ho visto Bob Dylan al Palapartenope, ma non lo ricordo (mio padre che mi teneva in braccio, lo ricorda benissimo invece); ho visto quattro volte gli About Wayne ed una gli Electric Diorama, tre volte Laura Pausini e Luciano Ligabue (e tra poco saremo a quattro con Liga), due volte Avril Lavigne (se non si conta anche una volta a Piazza Dante per TRL on Tour), due volte i Finley, un concerto dei Blue, uno di Lee Ryan, uno di Enzo Avitabile, uno di Jesse McCartney, uno dei Sonohra, uno di Francesco De Gregori, uno di Giorgia, uno di Max Pezzali, uno di Lorenzo Jovanotti Cherubini, vari di Alex Britti, infiniti di Edoardo Bennato; per non parlare di due concertoni del Primo Maggio (visti sul palco), Festivalbar, TRL Awards e svariati concerti di MTV (quando era davvero Music Television) ed altri eventi del genere... E probabilmente non li ho comunque elencati tutti.
Sono stati tutti belli, ciascuno in maniera differente a seconda del periodo della mia vita in cui l'ho visto... Forse ora non andrei a vedere i Sonohra, ma all'epoca ero una ragazzina ed era giusto così. Ho però avuto la fortuna di conoscere moltissimi artisti italiani ed internazionali, di trovarmi nel backstage con loro e di poter parlare non come una fan, ma come "una di loro". Qualcuno ancora si ricorda di me e tutte le ammonizioni di mio padre che mi ha sempre voluta professionale in questo ambiente, sono servite a qualcosa.
Insomma, mi ritengo molto fortunata, ogni concerto ha lasciato dei ricordi indelebili... Ma credo che finora nessuno sia stato bello ed emozionante come il concerto di ieri di MIKA per la festa dei cinquant'anni della Nutella.
Ok, prima c'erano Simona Molinari, Almamegretta, James Senese, Arisa, Giuliano Palma, tutti più o meno bravissimi... Ma MIKA è stato incredibile!
E non importa che le persone con cui dovevo andare al concerto hanno dato forfait all'ultimo momento, che fossi da sola in mezzo a una cifra di persone (i vari articoli che ho letto stamattina parlano di centomila persone), che cercavo visi conosciuti tra la gente ed alcuni li ho trovati (non chi avrei voluto però)... All'inizio pensavo che non avrei mai potuto sentirmi più sola di così, invece era esattamente il contrario, non ero sola, ero con centomila persone circa che cantavano, urlavano e saltavano insieme a me e sticazzi se non le conoscevo, ho fatto amicizia, ho riso comunque e mi sono goduta incredibilmente il concerto. E vaffanculo a tutto il resto.
Conserverò accuratamente i ricordi di ieri sera, ad ogni modo. Ricorderò le mie urla che mi hanno resa afona oggi, le lacrime, le canzoni dedicate mentalmente, i sorrisi, la semplicità e l'incredibile talento di MIKA. Insomma, ricorderò tutto. 
E sono felice di aver speso i soldi del biglietto del treno per fare questa veloce fuga a Napoli sebbene sia impegnata con lo studio e gli esami imminenti. 
Domani tornerò nella mia amata Bologna senza però smettere di pensare a quanto Napoli ieri fosse stata bella e magica, riflettendo a pieno il titolo di città più bella del mondo!

sabato 10 maggio 2014

Come quel paio di ballerine.

Essendo un pericolo per me stessa con il mio equilibro di Bambi sul ghiaccio, tendo ad evitare le scarpe alte. Sì, certo, ogni tanto le metto quando è un'occasione particolare e da qualche anno mi sono convertita almeno ai sandali che hanno una decina di centimetri di tacco, ma di solito non sono molto a mio agio su queste altezze.
Perciò, quando non è estate e non è un'occasione particolare, giro con le All Star o con gli anfibi, oppure in questi periodi, con le bamboline.
Sono molto carine ed indossate correttamente possono anche essere eleganti, ma hanno un difetto: all'inizio fanno un male allucinante.
Quest'anno, quando è scoppiata quell'anteprima di primavera - in anticipo -, ho dato un'altra possibilità a questo tipo di scarpe.
La prima volta che le ho indossate, sono tornata a casa che quasi piangevo dal dolore, avevo la morsicatura dietro entrambe le caviglie ed una quasi sanguinava. Una scena horror insomma.
Spesso le cose belle fanno male, ma non per questo smettono di essere belle.
Suonare il violino, ad esempio, è stata una delle cose migliori che abbia fatto nella mia vita, ma quando ho iniziato, senza aver mai toccato prima uno strumento e con le dita delicate, il dolore era forte e il suono era terribile, soprattutto quando non passavo la pece sull'archetto ed iniziavo a mettere il primo dito sul MI. Un rumore peggiore del gesso sulla lavagna.
Poi ho imparato, il suono è diventato prima accettabile e poi bello e alla fine mi si sono formati i calli da musicista e non importa che ora abbia smesso di suonare, resta comunque legato alla parte migliore di me.
Anche amare è una parte migliore di me e probabilmente di tutti. Amo incondizionatamente e questo inevitabilmente porta a soffrire; ci ho messo un po' per capire che donare tutta me stessa ad una persona - che sia un ragazzo o le amiche con cui sono cresciuta - significa innanzitutto rischiare. Rischiare che i muri che ho innalzato vengano distrutti da una Miley Cyrus impazzita che dondola su una palla demolitrice. Rischiare di voler a tutti i costi prima il bene di quella persona e poi il mio. Rischiare poi di soffrire.
Va bene così. Nel momento stesso in cui capisco di voler amare in quel modo, ne accetto anche le conseguenze. E ce ne sono state, forse mi hanno fortificata ed adesso col cazzo che Hannah Montana può rompere i miei muri così facilmente, ma forse mi hanno allo stesso tempo resta più fragile. Questo non significa che non rifarei esattamente la stessa cosa.
La rifarei comunque, allo stesso modo.
Per questo ho continuato a mettere quelle ballerine, ho capito che avrei avuto bisogno dei cerotti per poterle indossare ancora ma non le ho dimenticate in un angolo remoto della scarpiera. E alla fine le ferite si sono rimarginate ed ora che è passato del tempo, hanno persino smesso di fare male anche senza i cerotti, sono un po' più consumate, ma sono finalmente diventate comode e belle. Certo, dietro la caviglia ci sono ancora i segni della morsicatura e delle altre formatesi nel corso degli anni, ma semplicemente mi ricordano che, nonostante il dolore, si continua a camminare. Finchè non passa.
Per questo oggi ho comprato un nuovo paio di ballerine - rosse - ed ho preso anche i cerotti!
Per un attimo avete temuto che avessi improvvisamente deciso di diventare una fashion blogger, eh? Tranquilli, non ne sarei capace comunque. Nel caso però vi interessasse un blog del genere, vi consiglio vivamente Le baiser de la mode di due mie amiche che secondo me è davvero il top in materia!


martedì 6 maggio 2014

Figlia di Atena.

Dall'unione di Crono e Rea nacquero diverse divinità le quali, a causa di una profezia che diceva che il re dei Titani sarebbe stato spodestato dal suo potere per mano di uno dei figli, furono divorati dallo stesso appena dopo la nascita. Perciò Rea affidò l'ultimo figlio alle protezioni delle Ninfe dei boschi nascondendolo ad Ida. Zeus, crebbe forte ed intelligente, perciò quando venne a conoscenza della storia, decise di affrontare il padre, costringendolo prima a vomitare i figli ingoiati (Poseidone, Ade, Era, Demetra, Estia) e poi con l'aiuto dei suoi fratelli, dei Ciclopi e dei Centimani, i Titani furono segregati nel Tartaro, la parte più profonda degli Inferi. Nacquero così gli Dei dell'Olimpo; i tre fratelli più importanti si divisero il regno: Zeus divenne perciò il signore del cielo, Poseidone il signore del mare ed Ade il signore del mondo sotterraneo. Tutti gli altri Dei si occupavano delle più svariate attività ed erano tutti importanti a loro modo per l'Olimpo.
Secondo alcune leggende, dall'unione tra una divinità ed un umano, nascevano gli eroi e a me piace pensare alle persone con cui mi relaziono come "figli" di qualche dio greco; di solito tendo ad innamorarmi dei figli di Apollo o di Ermes, mi scontro con quelli di Ares e mi trovo abbastanza bene con i figli di Artemide.
E a volte mi chiedo io di chi potrei essere la discendente. Non posso certo considerarmi un'Afrodite, non sono nè così bella nè così superflua, ma conosco vari figli di questa dea ed ho visto molti innamorarsi di loro; l'amore per le arti a volte mi fa pensare che potrei essere figlia di Apollo, ma anche lui è troppo bello e decisamente troppo vendicativo...
Poi mi fermo a pensare... Il mio animale preferito, insieme al cerbiatto e al gatto, è la civetta; mi considero moderata e riflessiva, decisamente più saggia di quanto vorrei; il mio nome in tedesco significa guerriera ed ho una fobia incontrollata per gli aracnidi (oltre che per gli insetti).
"Tutti i figli di Atena avevano paura dei ragni. Molto tempo fa, Atena aveva insegnato ad una tessitrice mortale, Aracne, ma a causa del suo orgoglio, le impartì una dura lezione maledicendola e trasformandola nel primo ragno. Da allora, i ragni hanno odiato i figli di Atena."
Atena è nata dalla mente di Zeus già adulta ed armata per la guerra, è la dea prediletta del re dell'Olimpo proprio grazie alla sua saggezza ed astuzia, perciò la civetta - simbolo di saggezza - è un animale a lei sacro; è inoltre versatile nelle arti minori e si occupa dell'aspetto più nobile della guerra.
Ecco, Atena è esattamente il tipo di divinità di cui io potrei essere figlia e, sinceramente, tra l'avere una bellezza capace di far incantare tutti e l'essere intelligente, preferisco decisamente immaginarmi con un libro in mano piuttosto che innamorarmi del mio riflesso allo specchio.
(E poi non si spiegherebbe perchè sia terrorizzata di tornare nella mia camera dopo aver visto un grosso ragno sul soffitto!)

venerdì 25 aprile 2014

Risposte.

Non ricordo di essere stata una bambina che faceva molte domande, sono sempre stata molto curiosa sì, ma cercavo di scoprire da sola le cose anzichè ottenere delle risposte da qualcuno. Forse perchè ho sempre mostrato una certa diffidenza nei confronti degli altri. Credo di essere sempre stata una brava osservatrice e questo mi rende abbastanza incline ad evitare le domande. Sia a farle che a riceverle, ad essere sincera. Però sono più brava a fornire delle risposte, piuttosto che fare delle domande.
Osservare mi permette di trovare da sola delle risposte, a volte incredibilmente esatte, altre volte totalmente e disastrosamente sbagliate; è l'aspetto negativo del voler sempre cavarsela da soli, contando solo sulle proprie forze.
Questo non vuol dire che le risposte che tendo a darmi da sola non possano cambiare se osservo qualcosa da un altro punto di vista, anzi direi che le mie risposte cambiano continuamente.
Ultimamente però mi sono resa conto di avere molte più domande ed osservare non mi basta più perchè - soprattutto in certi casi, soprattutto per certe persone - tendo a darmi delle risposte catastrofiche, qualcuno mi ha detto che devo fare i conti con il suo lato pessimista, ma sono sicura che il mio è infinitamente peggio. Per cui ho bisogno di porre delle domande agli altri che risultano piuttosto un terzo grado in cui probabilmente io sembro una psicopatica/insicura/rompiballe e comunque le risposte che ottengo non sono soddisfacenti. Più che altro perchè, essendomi precedentemente data una risposta catastrofica, quelle che ottengo dall'esterno sono decisamente in contrasto con le mie e allora tendo a non fidarmi, a pensare che in realtà quella risposta non è altro che un "contentino" e ritorno alla mia ipotesi degna di una diretta discendente di Giacomo Leopardi... Anzi, per Leopardi dalla lava del Vesuvio nasce la ginestra, oltre la siepe c'è l'infinito e questa può quindi essere superata; invece per me c'è una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia, un muro invalicabile.
E poi, in questi giorni in cui sento un enorme punto interrogativo sulla mia testa - come nei fumetti -, ho ritrovato un oggetto improbabile: il libro delle risposte in versione tascabile. È l'oggetto più inutile che esista al mondo probabilmente e, il motivo per cui io lo possegga, è per me un mistero. Ad ogni modo, nel mio bisogno di ottenere risposte, ho aperto più volte a caso le pagine di questo piccolo oggetto del male ottenendo delle risposte che hanno suscitato in me varie reazioni: in un primo momento avrei voluto scaraventare il libricino fuori dalla finestra, poi - visto che in certi casi le risposte lette erano peggiori di quelle che avevo formulato nella mia mente - ho iniziato a pensare che il libro avesse in qualche modo ragione, per cui la forte oppressione al petto non ha fatto che aumentare trascinandomi ancora di più nello sconforto ed aumentando così il bisogno di risposte.
Un uroboro insomma... Tipico di me.
E pensare che sarebbe tutto molto più facile se solo mi limitassi a chiedere a qualcuno...

lunedì 21 aprile 2014

Noah

Grandissimo film.
Non andavo al cinema da qualche mese ormai e tornarvi per vedere un film così bello è stato più che appagante. E, quando un film mi colpisce così tanto, allora non posso non parlarne qui.
Cercando di non fare troppo spoiler, la storia è una rivisitazione in chiave un po' fantasy-fantascientifica del passo dell'Antico Testamento dell'Arca di Noè. (Non me ne vogliate, ma sono piuttosto al digiuno di testi sacri, per cui non so bene se si possa parlare di "passo", ma sono quasi certa che questa storia si trovi nell'Antico Testamento. Ad ogni modo sono ben accette correzioni su questo argomento che ignoro particolarmente.)
Non parlerò della trama perchè, a parte che è facilmente intuibile visto l'argomento abbastanza famoso, inoltre è anche facilmente rintracciabile in Internet; per cui volevo innanzitutto soffermarmi brevemente sul cast, man mano che i vari personaggi si succedevano sullo schermo, non ho potuto fare a meno di esclamare un sonoro wow. Insomma, Russell Crowe, Antony Hopkins, Emma Watson, Logan Lerman, Douglas Booth... tutti insieme nello stesso film, direi che non è affatto poco. E poi lasciate che la Potterhead che è in me dica la sua: Emma Watson è una grandissima attrice.
Più che gli effetti speciali, ciò che mi ha colpito molto del film a livello tecnico sono state le immagini fatte a computer che, a mio dire, sono davvero notevoli ed ho apprezzato particolarmente anche la colonna sonora, molto pertinente rispetto ad ogni scena.
Ciò che però ho amato di più è stato il messaggio che Darren Aronofsky - il regista - ha voluto lasciare, o che forse io ho arbitrariamente letto, ovvero la crudeltà dell'uomo, al di là della "favola religiosa" che era inevitabile visto il tema e che poi può essere discutibile a seconda di quello in cui si crede o non si crede.
L'essere umano viene presentato soprattutto in tutte le sue accezioni negative, nella sua brama di potere che porta inevitabilmente alla distruzione di tutto, dalla natura agli animali, fino ad arrivare alla guerra tra uomo contro uomo, fratello contro fratello, esattamente come Caino che ha ucciso Abele. L'emblema di questo tipo di umanità dedita solo all'odio e alla violenza è Tubal-Cain - il cattivo per intenderci, nonchè discendente della stirpe di Caino - che si fa beffe delle decisioni del "Creatore", che considera l'uomo l'essere superiore e che perciò ha il diritto di sfruttare a suo piacimento le risorse della natura e di uccidere gli animali che non sono altro che esseri dovuti all'uomo, di sua proprietà e chiunque cerchi di opporsi a questa cattiveria, al sangue che scorre a causa della presunzione dell'essere umano, allora merita di morire a sua volta. Insomma Tubal-Cain si sente a sua volta un dio e, in quanto tale, sostiene di poter decidere della vita o della morte di qualsiasi essere vegetale, animale e umano.
In lui riconosco gran parte dell'umanità, da Putin a qualsiasi altro dittatore della storia, a coloro che si scagliano contro chi sostiene che uccidere così tanti agnelli a Pasqua solo per compiacere una stupida tradizione sia una sciocchezza, alle decisioni di sotterrare le scorie tossiche e l'immondizia nei campi tra Napoli e Caserta e così via... Insomma, l'essere umano è così e, sebbene ci siano tanti Noah, Naamah o Ila a riscattare l'umanità, purtroppo non bastano a redimerla totalmente e allora ecco che il diluvio è necessario per salvare la Terra e tutti i suoi abitanti innocenti ed è per questo che nell'Arca ci sono due esemplari per ogni specie animale, ma Noah si rende conto che l'uomo è destinato a morire.
L'essere umano non è superiore a tutto il resto, questo pianeta non è soltanto nostro e non siamo i padroni di tutto. Quando finalmente inizieremo a capire che siamo uguali a tutti gli altri animali e che la nostra intelligenza superiore, il pollice opponibile o la parola non ci rendono più importanti delle altre specie e non hanno niente di superiore; quando ci renderemo conto che la natura è tutto ciò che realmente abbiamo e che distruggendola non facciamo altro che distruggere ulteriormente noi stessi e quando finalmente smetteremo di imporci gli uni sugli altri per decidere chi è il migliore, allora forse potremo salvarci e questa "salvezza" non ha nulla a che fare con il giudizio universale, con il paradiso o con qualsiasi altra cosa legata alla religione.
Ma finchè ci sarà qualcuno che dirà "gli animali sono solo animali ed è giusto che noi li uccidiamo per servircene in qualsiasi modo", finchè si preferirà un altro parcheggio al posto del Parco Robinson e finchè continueremo ad avere questa presunzione di essere superiori a tutto e di avere diritto a tutto, allora non saremo altro che più inferiori di qualsiasi altro animale e il diluvio sarà necessario.

martedì 1 aprile 2014

C'eri tu.

C'ero io e c'eri anche tu.
C'eravamo noi e c'era il nostro sentirci sempre. E c'erano anche le mie speranze, i miei innumerevoli film mentali su un noi che esisteva solo nella mia mente.
E c'era pure l'ansia di vederti per un tempo che durasse più di un battito di ciglia.
C'era il mio stomaco accartocciato per l'ansia e il mio cuore che ha fatto una capriola quando ti ho visto; c'erano i tuoi occhi su di me e la voglia incredibile di abbracciarti, nonostante tutta quella gente, nonostante tutto.
C'era la voglia di girarmi ripetutamente e sfacciatamente verso di te.
C'era la musica, bella e il cuore che batteva a ritmo della batteria.
C'era il mio ciao, veloce, segreto, che racchiudeva tutte le parole non dette che però aleggiavano nell'aria. C'era la mia mano che avrebbe cercato la tua con la consapevolezza che le persone l'avrebbero nascosta.
C'era il mio sorriso alla fine e l'adrenalina che quella notte non mi aveva fatto dormire.
E c'era molto altro.
C'eri tu.

domenica 30 marzo 2014

La stiamo perdendo...

La stiamo perdendo, carica a cinquanta.
Sono state due settimane frenetiche, ancora mi porto dietro lo stress per aver preparato e dato due esami nello stesso giorno e tra poco ne darò un altro a distanza circa di quattordici giorni. E se tutto va bene come spero, significherebbe avere un numero poco elevato di esami che mi dividono dalla laurea. Certo, ammesso che sia illuminata sulla via di Damasco e anzichè ottenere la fede, mi venga invece consegnata una maggiore conoscenza di fisica e quindi di acustica musicale. Ma ne dubito. Non ho il cavallo e in realtà non ricordo nemmeno bene dove sia Damasco.
Ad ogni modo sento quell'adrenalina fastidiosa che precede e succede gli esami e di cui avrei voluto liberarmi almeno per un po' prima di avvertirla ancora. E nel frattempo continuo a leggere, passando così gran parte della mia giornata a contatto con i libri, tra quelli per gli esami e quelli che mi concedo come piacere personale.
Leggo come un'ossessa, come se fossi drogata dell'inchiostro stampato sulla carta ruvida e del suo incredibile ed unico profumo. E in effetti non mi rassicura tanto il fatto che in due post di seguito (scritti in un tempo abbastanza dilatato rispetto ai miei standard), io stia parlando di libri e di quanto sia assuefatta dalle storie.
Libera!
Mi rendo vagamente conto che è uno di quei periodi in cui mi sento allo stesso tempo frenetica ed accidiosa. Probabilmente è colpa di marzo, non è uno dei mesi che più preferisco a causa dei capricci del meteo che per una meteoropatica come me non sono proprio il massimo. Per cui mi ritrovo in un momento a studiare freneticamente, l'attimo dopo leggo altrettanto freneticamente, poi vorrei scrivere e fare altre cento cose, ma già le prime due mi risucchiano così tanta energia che alla fine vago per casa con delle occhiaie terribili, la mente piena di parole diverse e dissonanti tra di loro ed un gran mal di testa.
E per di più sento di aver bisogno di una vacanza, l'idea che manchi quasi un mese a Pasqua è quasi insopportabile, soprattutto perchè i quattro giorni passati a Napoli la settimana scorsa subito dopo gli esami, sono stati frenetici esattamente come quelli che li hanno preceduti e anche come quelli dopo. E non ho avuto il tempo di fare nemmeno la metà delle cose che avrei voluto e di vedere le persone che desideravo vedere.
Ma si tiene botta. Nel frattempo spero sul serio che la fisica penetri nella mia testa come per magia e che il potere della botta di culo mi assista, almeno per una volta.
In fondo ci sono esami per cui bisogna solo studiare ed apprendere, ma quando questo non è possibile allora non si può fare altro che sperare nel fattore C.


Si sentiva irrequieta. Lavò accuratamente i piatti mentre la lavatrice centrifugava quella massa colorata e informe di vestiti e si concesse di stenderli minuziosamente dopo aver pulito la cucina, indugiò su ogni vestito cercando di non sgualcirlo e per alcuni provò anche ad abbinarli al colore delle mollette.
Probabilmente se qualcuno l'avesse osservata dall'esterno avrebbe pensato che fosse un po' svitata, non era del tutto certa di poter confutare quella tesi. Forse lo era davvero.
Entrò nella sua camera con quell'opprimente sensazione di vuoto che si ingigantiva nel suo petto minacciando di inghiottirla in un'oscurità perenne. Si sentiva incompleta, come se le mancasse qualcosa. Qualcosa di importante, una parte di se stessa, come una gamba o una mano. 
Tamburellò impaziente le dita sul compensato color ardesia della scrivania cercando in vano una distrazione. Sapeva che nulla avrebbe potuto distrarla; l'unico modo per far sparire quella sensazione sarebbe stato soddisfarla.
Alla fine decise.
Aprì l'anta in legno chiaro del suo armadio e prese a caso un paio di jeans, dopodichè aprì un altro ripiano del mobile e scelse una maglia. In altre circostanze la scelta dei vestiti che avrebbe dovuto indossare avrebbe richiesto un tempo molto superiore, ma in quel momento non importava. Le mancava. Quella era l'unica cosa che importava. Si vestì velocemente nell'angusto bagno lasciando la porta semiaperta e, sebbene avesse fretta di colmare finalmente quell'assenza, il suo moderato narcisismo ebbe la meglio su di lei, così indugiò qualche minuto passando del mascara sugli occhi e del phard sulle sue guance pallide. Il suo riflesso allo specchio le restituì un'occhiata severa, quasi accusatoria, soffermandosi sulle ombre scure che aveva sotto agli occhi e che ne scurivano ulteriormente il colore. Sapeva che anche il migliore dei correttori non le avrebbe coperto quelle occhiaie e comunque non aveva importanza.
Tornò nella sua camera infilando a caso delle cose nella borsa mentre in equilibrio su un piede, infilava la scarpa sull'altro, poi prese un cappotto che indossò quando era già alla prima rampa di scale del palazzo in cui abitava.
Percosse rapidamente quella strada familiare, avrebbe potuto farla ad occhi chiusi e in quel momento sembrava frenetica come avrebbe potuto esserlo un cocainomane che raggiungeva lo spaccio più vicino. Ogni passò che faceva diminuiva la distanza da lui.
Ne percepiva già l'odore e la sua dolce ruvidezza al tatto, sapeva che non se ne sarebbe mai stancata.
Arrivò quasi ansimante per il passo accelerato, non era nemmeno del tutto consapevole di quanto tempo avesse impiegato, si era diretta lì come se fosse un automa. 
I suoi occhi la fissarono sorpresi tra la gente, l'avrebbe riconosciuta dovunque e non poteva essere altrimenti. 
— Signorina, già di ritorno? Ne ha preso uno solo ieri pomeriggio.
Lei sorrise un po' imbarazzata poggiando il libro sul bancone — Non avrei potuto aspettare oltre.
[Tratto da le avventure di Helda, riportate sulle note della sua pagina Facebook]