Helda meaning.

Helda /ˈɦeld̪a/: antico nome germanico che significa "guerriera".

domenica 28 luglio 2013

Dai Helda, aspetta...

Helda, non iniziare a scrivere uno dei tuoi post deliranti, se proprio devi scrivere parla di... parla del tempo!
Che in effetti a me piace un sacco parlare del tempo, sarei capace di poter fare discorsi lunghissimi, con tanto di tesi ed antitesi, con un tale interesse e convinzione da far credere al malcapitato interlocutore che l'argomento in questione - il tempo - sia il più interessante in assoluto e che non ci sarebbe nient'altro di cui io vorrei parlare.
Tra l'altro parlare del tempo adesso non sarebbe neanche tanto fuori luogo. Insomma, fa un caldo allucinante, è arrivato il nostro simpaticissimo Caronte dall'Africa con un vento caldo ed un'umidità orribile e non ci sono rimedi che tengano. Come non mai hanno scelto un nome appropriato, Caronte, il temibile traghettatore degli Inferi, tra tutti i personaggi della mitologia, credo che Caronte sia sempre stato quello che mi impauriva di più, anche studiandolo nella Divina Commedia e persino ora che sto leggendo la saga di Percy Jackson E Gli Dei Dell'Olimpo. Ora me lo immagino lì, metaforicamente dietro di me, con un remo tra le mani mentre mi accompagna da Ade, nel caldo e nella dannazione eterna. Certo, sarebbe problematico immaginare questa scena se credessi sul serio nell'aldilà, ma dato che non ci credo, mi sembra la metafora perfetta per questo caldo. Ad ogni modo con Caronte sono arrivati anche i miei cali di pressione. Eh beh, non potevano mancare, mi sarei preoccupata se quest'estate me ne fossi stata in santa pace senza rischiare di svenire nemmeno una volta, l'avrei quasi interpretato come una sorta di presagio e invece, eccoli qui.
Okay, ho sul serio parlato del tempo. Beh, ve l'avevo detto che sono bravissima a parlare del tempo, potrei continuare per ore. In fondo è un argomento neutro, quando non si sa di che cosa parlare, ecco che entra in scena il jolly; è facilissimo parlare del tempo, non si corrono rischi, non si può sbagliare.
D'accordo sto degenerando.
È questo il mio problema, la maggior parte delle volte mi capita di parlare - o scrivere in questo caso - senza pensare, la mente è rivolta ad altro, è sempre per fatti suoi persa in un mondo tutto suo in cui si isola facendo inevitabilmente l'asociale e nel frattempo le parole scorrono da sole e questo è il risultato. Per questo parlo quando invece dovrei stare zitta e sto zitta quando invece mi è richiesto di dire qualcosa... No, non è vero, parlo comunque, in ogni caso e dico cose senza senso senza riuscire a frenarmi. Tipo ora.
Tipo sempre.
E mi aspetto che gli altri mi rispondano, senza rendermi conto - o meglio, me ne rendo conto dopo, molto dopo - che in realtà non potrebbero rispondermi, perchè spesso parlo da sola, cioè non proprio da sola come una psicopatica, ma nel senso che il discorso - o non-discorso - avviene soprattutto nella mia mente. Così poi resto in attesa.
In realtà l'attesa è una condizione che fa parte da sempre della mia vita. La preghiamo di attendere. Così me ne resto lì, ad aspettare una risposta, un messaggio, un bacio, un incontro che puntualmente non arrivano... E nel frattempo, sempre perchè tutto avviene nella mia testa, inizio ad elaborare scenari alternativi... Insomma, mi faccio un casino di involontarie pippe mentali che a volte rischiano di alterare la realtà. E di rovinare tutto.
Non a caso sono poche le persone che mi riescono a sopportare ed hanno tutta la mia stima, perchè a volte non riesco a sopportarmi neanche io.
Ecco, per questo è molto più facile parlare del tempo. Non ci sarebbe modo di sbagliare, di dire cose inappropriate, è un argomento semplice senza ulteriori risvolti. Ed è immediato, non ha bisogno di posticipazioni, di attese.

lunedì 22 luglio 2013

Vacanze romane.

Quando sono andata la prima volta a Roma avevo circa nove anni. Lo ricordo bene, erano passati pochi giorni dal terremoto in Molise che si era sentito fino a Napoli; ci fu un grande allarmismo a scuola - allora andavo alle elementari - e da quel momento in poi iniziammo a fare delle esercitazioni per evacuare la scuola in caso di allarme che per fortuna non si è mai presentato.
Era il periodo di Halloween e del ponte del due novembre e il tempo non aveva ancora deciso di cambiare a suo piacimento facendo durare l'estate fino a Natale e gli inverni fino a maggio, per cui faceva freddo e la capitale mi accolse con la pioggia.
Ho un ricordo molto nitido di quel giorno, cosa strana perchè fino ai tredici anni, ho ricordi piuttosto sfocati di quello che ho fatto... e di cose ne ho fatte tante. Ricordo che arrivare a Roma con l'auto mi sembrò il viaggio più lungo della mia vita, sebbene avessi passato le estati precedenti sulla Salerno-Reggio Calabria dalla notte alla mattina in attesa di arrivare al villaggio turistico di turno; ricordo che si era fatto troppo tardi per entrare nel Colosseo e che probabilmente mia madre si era arrabbiata con mio padre per questo; ricordo che mi comprarono un orribile keeway giallo che lei mi infilò a forza addosso e che non misi mai più in vita mia perchè lo detestavo, ma nonostante questo, la pioggia non rovinò quella bella giornata e che mangiammo una focaccia con la provola e la salsiccia sbriciolata di cui ricordo ancora il sapore per quanto era buona.
Soprattutto ricordo che, appena arrivai a Roma, pensai che avrei voluto vivere lì, in quella meravigliosa città che, come nessun'altra, fondeva insieme numerosi periodi storici e che era così bella da lasciare senza fiato dovunque si andasse.
Con il tempo sono tornata a Roma altre volte, molte altre, così tante da aver perso il conto di quanto spesso l'abbia vista. Ho imparato a conoscerla, a girare per il centro e a muovermi per le stradine meno conosciute senza aver bisogno di qualcuno che mi accompagnasse o di chiedere informazioni, insomma, conosco molto di più il centro di Roma che quello di Napoli. E in tutti questi anni, ogni volta che ci sono tornata, ho sempre pensato che quella città un po' mi appartenesse, la mia Roma... Non mi stanco mai di andarci ed ogni volta che devo lasciarla, provo una strana sensazione di dolore che non saprei spiegare e sempre penso che non ci sarebbe altra città dove vorrei trovarmi, dove vorrei vivere.
Ieri sono appena tornata da Roma, dove ho passato cinque giorni incredibili. Ad accogliermi stavolta non c'era la pioggia, ma un caldo che ha rischiato più volte di mettermi al tappeto, ma la meraviglia che mi suscitò allora non è cambiata.
Il motivo iniziale per cui sono andata a Roma era il concerto degli Electric Diorama ed About Wayne... insieme, praticamente un invito a nozze per me che ormai mi posso considerare una loro fan sfegatatissima. Inutile dire che il concerto è stato emozionante e bello, che gli Electric Diorama dal vivo sono fantastici e che risentire per la quarta volta gli About Wayne è stato bellissimo, soprattutto perchè hanno presentato tre brani inediti del loro prossimo CD che, senza scherzare, sono belli da far mancare il fiato e da far venire i brividi.
Con le immagini del concerto e la loro musica che echeggiava nella mia mente, ho poi cercato di fare al meglio che potevo le veci di Virgilio, portando in giro per la (quasi) mia città due mie amiche, di mostrare loro quanto Roma sia stupenda e magari, di trasmettere anche un po' del mio amore per la capitale... E forse un po' ci sono riuscita.
Lasciare Roma, dopo cinque giorni così intensi, in giro per le sue strade e per i suoi posti più belli, a mangiare i piatti tipici e a bearsi di quella magia che solo lei ha, è stato come al solito difficile. Ma adesso mi aspettano le vacanze al mare, sono pronta per un'altra estate a Santa Maria di Castellabate e so che tornerò a Roma più presto di quanto immagino.

domenica 7 luglio 2013

Questo post è l'elogio alla follia.

Questa giornata non è iniziata nel modo migliore, come del resto tutta la settimana non è stata proprio il massimo.
Con stamattina però probabilmente ho raggiunto l'apice. La sveglia è suonata in ritardo, mi sono alzata con un gran mal di testa, in cucina sulla porta del frigorifero c'era Aragog. Sì, il ragno enorme di Harry Potter, proprio lui. Credevo di essere immune ai ragni, che la mia fobia fosse ristretta solo agli insetti, ma per ragni intendevo quelli grandi quanto l'unghia del mignolo del piede, quasi carini, non esseri sproporzionati e mostruosi come quello che c'era oggi in cucina. Non avendo il coraggio di spostarlo di lì - di ucciderlo non se ne parla proprio perchè non solo non ne sarei capace, ma non lo farei perchè io non ho alcun diritto di fermare la vita di un qualsiasi essere vivente -, sono andata a fare colazione al bar. Un bar i cui unici clienti erano in quel momento extracomunitari - nulla contro di loro, beninteso - che mi guardavano come io guardo il Boss Delle Torte quando sono in premestruo. E come se non bastasse, il caffè era disgustoso! A due cose non mi abituerò mai a Bologna: quell'agglomerato di farina, acqua e sale di forma rotonda che si ostinano a chiamare pizza ma che pizza non è e il caffè che nei bar fanno veramente male.
Vabè, forse sono tre le cose a cui non mi abituerò mai... C'è anche il clima. D'inverno si gioca con i pinguini con le palle di neve in Piazza Maggiore e d'estate ci sono novemila gradi Fahrenheit. 
E il caldo ha contribuito a rendere tragica questa settimana...
Avevo la consapevolezza che non sarei riuscita a studiare bene per l'esame già quando ho aperto il primo libro circa tre settimane fa, di libri ne avrei dovuti fare quattro, belli corposi e ne ho studiati due... Male.
Ho la più totale certezza che questo sarà il primo che non passerò e che sarò costretta a rifare, prima o poi, con la mente più libera e con meno caldo, ma dovrò rifarlo. Ad ogni modo c'è sempre una prima volta, no? E non tutte le prime volte sono piacevoli, ecco, essere bocciati non è piacevole! Dopo essermi disperata ed aver pensato di suicidarmi con l'arsenico come Emma Bovary, ho pensato che ci sono persone che vengono bocciate molto più di una volta allo stesso esame o addirittura persone che non sanno nemmeno cosa significhi fare un esame perchè non possono permettersi l'università e allora mi è passata un po' la stizza che mi ha fatto da ombra in questi giorni.
Ho alternato momenti di isteria totale pari alla bimba dell'Esorcista a momenti in cui sembravo un irrigatore automatico. Ho pianto così tanto e per le più grandi sciocchezze che ora, dopo una settimana di lacrime improvvise e violente, mi sento del tutto svuotata, stanca e con i dotti lacrimali in ferie. Credo che non sarò più in grado di piangere per un bel po', per questo oggi è iniziata la ridarella.
Domani andrò a fare un esame scritto, senza sapere quasi nulla, con l'unica sicurezza della bocciatura e, arrivata a questo punto in cui il dado è tratto, non me ne frega niente, non è un danno irrimediabile. E, passato l'esame, sarò ufficialmente in vacanza! Voglio concedermi una settimana di relax estremo a vedere serie TV, i film ispirati ai fumetti della Marvel per i quali ultimamente sto in fissa, andare al mare, poi dal parrucchiere ed infine sottopormi a una seduta dall'estetista per ritornare allo stadio di donna. Non mi piace rappresentare l'anello mancante darwiniano tra l'uomo e la scimmia.
Lo scopo di tutto questo è quello di partire per Roma assomigliando di nuovo a me stessa e non a una mia brutta copia.
Ah, ho anche intenzione di fare nuovi video, non solo quelli divertenti per il mio canale Youtube, ma ho intenzione di fare anche altro, qualcosa di un po' più serio, o almeno lo spero... Poi magari parlerò più in là di questi piccoli progetti che ho in mente.
Nel frattempo, tra i vari progetti senza senso che ho in mente, finalmente mi sto dedicando alla realizzazione del mio fumetto, devo solo trovare dei bravi fumettisti, perchè io ho provato a fare degli schizzi e sono piuttosto orribili. Di cosa dovrebbe parlare il fumetto? Di una supereroina un po' svampita ed imbranata che però a modo suo riesce sempre a cavarsela, il suo nome è Super H.
Sì, lo so, ho decisamente troppi alterego ormai, altro che sdoppiamento di personalità e bipolarismo, altro che maschere pirandelliane e Dr. Jekyll e Mr. Hyde, direi che ormai il livello è quello di Mort Rainey, il protagonista del film "Secret Window"... La follia più totale!
Però fare un fumetto mi piacerebbe davvero tanto, è uno di quei "sogni minori" che ho da sempre, probabilmente dovuto ai miei pomeriggi passati a guardare Disney Channel da bambina, in particolare Lizzie McGuire e il suo alterego che ogni tanto interveniva nei vari episodi. Ad ogni modo, se tra i lettori di questo blog ci fosse qualcuno particolarmente bravo a disegnare (ancora meglio se con il Cintiq), che magari fosse interessato a fare una cosa del tutto inutile e priva di guadagno, ma solo per divertimento, allora mi può contattare. Cercatemi in giro per il Web, mi trovate un po' dovunque!

martedì 2 luglio 2013

An H against the brain.

Ok, mi prendo una pausa da antropologia culturale... Beh, non che abbia studiato chissà quanto oggi, no vabè, ho studiato, abbastanza. O almeno ci sto provando, ma è un po' complicato dato che il mio cervello è altrove; mi manda delle simpatiche cartoline di località balneari o sue foto in giro tra città e concerti vari, devo ammettere che le più belle sono quelle che si è fatto a Roma, sì perchè lui è già lì (o forse ci è rimasto da venerdì, ancora non ho capito), peccato che affinchè anche tutto il resto di me possa seguirlo, devono prima passare esattamente quindici giorni, il suddetto esame di antropologia culturale ed altri otto giorni qui a Bologna.
Insomma caro cervello, io ho bisogno di te adesso. Lo so, sono un po' opportunista, ti cerco solo quando ne ho bisogno e ti contraddico praticamente sempre, ma in fondo lo so che hai ragione tu, quindi qualsiasi cosa t'abbia fatto sta volta, dai facciamo pace e torna da me!
Altrimenti rischio di precipitare nel baratro. Sto prendendo persino in considerazione di brevettare un nuovo gioco olimpionico: il lancio del libro dalla finestra. Il suddetto lancio verrà giudicato in base a tre caratteristiche: la distanza, l'altezza e le lesioni riportate dal libro. Io mi candido per la medaglia d'oro, mai come sta volta credo nelle mie capacità sportive.
La verità è che fa caldo, ho poco tempo per studiare e sostanzialmente la materia non mi piace e soprattutto sono stanca. Molto stanca. A questo punto dell'anno chi non lo è? Non basta più prendersi una giornata di pausa e poi riprendere meglio di prima, il concerto di Jovanotti non è stato una pausa, ma l'inizio ufficiale delle vacanze e andateglielo a dire adesso al mio cervello che invece manca ancora un po' alle vacanze... Io c'ho provato, ma non mi ascolta!
E quale inizio migliore per le vacanze se non un concerto incredibile le cui immagini ed emozioni si sono impossessate di me e vengono continuamente rievocate dalla mia mente?
È il secondo anno che la mia estate parte proprio da un concerto. L'anno scorso Luciano Ligabue a Piazza Del Plebiscito, con quel turbine di emozioni che lui riesce sempre a regalarmi, unite ad altre emozioni provenienti dall'esterno, decisamente contrastanti. Quest'anno Lorenzo Cherubini, nella mia Roma.
Quest'ultimo è stato talmente incredibile che ha lasciato un po' di nostalgia, anzi no, proprio disperazione. In questo momento sto detestando tutti i miei "amici" di Facebook che stanno sovraffolando la mia bacheca di stati in cui si manifestano particolarmente contenti di andare a vedere Jovanotti stasera all'Arechi. Vi odio tutti, con tanto affetto, ma vi odio! Anche perchè mi sto pentendo di non aver comprato la maglia con la scritta "Ti porto via con me", ci ho pensato dopo che mi piaceva, tanto... E ora la voglio!
Sono così disperata che ho controllato le altre date sperando di poter andare ad un'altra, ci sarebbe Padova il 13, già, io torno a Napoli il 10 però. E tra l'altro il 17 parto. Per Roma, di nuovo.
Vacanze romane che mi vedranno nei panni non della bella "straniera" che incontra l'amore nella magica Roma, ma da guida turistica. Ormai è un classico, ho portato parecchie persone a Roma, manco io vivessi lì insomma, ma la cosa imbarazzante è che non ho mai portato nessuno a fare un giro per Napoli che, con grande vergogna, probabilmente conosco meno rispetto alla prima. Non che mi dispiaccia tornare in quella città comunque, fosse per me sarei sempre lì.
E comunque non mi dispiace il ruolo di guida turistica, proprio non sopporterei di essere una principessa in visita a Roma che si concede un giorno da persona normale e si innamora.
Penso che, visto lo stato delle cose, se mi innamorassi ora, il mio cervello smetterebbe definitivamente di parlarmi e, in effetti, non potrei dargli torto.
Insomma, questa è la situazione. Il caldo, la stanchezza e lo studio contribuiscono solo a peggiorarla e vi assicuro che non ce n'era bisogno.
Se poi si aggiunge che ho litigato per l'ennesima volta con il mio cervello e che stavolta sembra intenzionato a starsene per le sue almeno per un po', allora stiamo messi male. Anzi, sto messa male, malissimo.