Helda meaning.

Helda /ˈɦeld̪a/: antico nome germanico che significa "guerriera".

sabato 29 giugno 2013

Una tribù che balla sulla musica di Jovanotti.

Credo di aver passato gli ultimi quattro (forse anche cinque) anni a seguire virtualmente i concerti di Lorenzo (Jovanotti) Cherubini e a sperare di poter vedere un suo live ed ho passato le ultime settimane ad ascoltare Backup e a seguire il suo nuovo tour attraverso l'hashtag #lorenzoneglistadi e i suoi post su Facebook.
Jovanotti è uno dei cantanti che amo di più in Italia, è arrivato molto prima dell'amore per Ligabue, anche se è esploso meno violentemente, ma non per questo è meno importante. In fondo lui è così, è uno dei cantanti simbolo della musica italiana e tutti, volenti o nolenti, conoscono almeno un paio di sue canzoni ed utilizzano inconsapevolmente degli slogan dei suoi brani.
Ieri finalmente ho avuto la possibilità (anzi, la fortuna) di poter vedere un suo concerto e, passata l'adrenalina, la felicità e tutto quel mix di emozioni che ha portato con sè, posso dire razionalmente che è di sicuro lo spettacolo migliore in Italia in questo periodo... e io di concerti ne ho visti parecchi!
La fortuna è stata anche poter vedere il concerto nella città che amo più di qualsiasi altra al mondo, quella che sento mia più della città dove sono nata, Roma, che ha dato anche i natali allo stesso Jovanotti e la risposta dei suoi concittadini è stata incredibile. 50.000 persone, cinquantamila! Non so se mi spiego. E lui è riuscito ancora una volta a far ballare la sua tribù, dagli spalti dove mi trovavo io, avevo una perfetta visione di tutto lo stadio e vi garantisco che vedere così tante persone saltare a ritmo e cantare ogni sua canzone è stato davvero pazzesco.
Sull'incantevole sfondo dello Stadio Olimpico e di Roma Caput Mundi, ad aprire il concerto c'è stato il dj Claudio Coccoluto che ha intrattenuto il pubblico man mano che questo prendeva posto, poi quando la luce del crepuscolo ha iniziato ad affievolirsi, è partita la musica della colonna sonora di Django ed ecco il primo boato che ha accompagnato l'ingresso della band sul palco, ogni musicista in un abito particolare, ciascuno con il suo ruolo e poi eccolo, Lorenzo, nella sua giacca colorata, con la sua energia che dal primo istante si è diffusa nello stadio ed ha contagiato la sua tribù.
"Che bello è quando lo stadio è pieno e la musica, la musica riempie il cielo. È una libidine, è una rivoluzione..."
È così che è iniziato il concerto, con una canzone degli esordi, una delle più famose di quello che era appena un ragazzino e che da allora ne ha fatta di strada. Dopo le prime cinque canzoni dell'inizio, lo spettacolo è partito del tutto con "Tensione Evolutiva", lo stadio tremava per il nostro saltare ed urlare.
Il concerto di Jovanotti è quello che, tra i tanti che ho visto, mi ha emozionata di più. Non voglio dire che con altri artisti non abbia avuto lo stesso "imprinting", anzi... sebbene abbia visto Ligabue più volte, al suo terzo concerto lo scorso luglio, piangevo come un agnello, per non parlare di quando ero in fissa per i Blue e al loro concerto quasi mi stavo sentendo male. Ma Jovanotti è un'altra storia, lui riesce a coinvolgere in un modo diverso da tutti gli altri, non è costruito, ma è una persona semplice e si presenta sul palco esattamente così, con la sua umiltà e senza la "superiorità" della star; è il primo che sorride, che salta, che si sfrena, che si diverte ed è proprio per questo che poi riesce a far divertire il suo pubblico; è lo stesso ragazzino che venticinque anni fa cantava "Give Me Five" e si girava il berretto sulla testa, anche se ora ha quarantasei anni; è quello che ti esorta a pensare positivo; è l'amico che tutti vorrebbero e sembra quasi di conoscerlo da sempre; è l'energia, quella pura, quella bella che si riflette nella sua musica... Insomma, Lorenzo è tutto questo e molto di più, proprio per questo è difficile descrivere l'uragano di emozioni provate in quelle due ore e mezza.
Ha esternato ancora di più la sua semplicità e la sua dolcezza fuori quando, prima di cantare "La Gente Della Notte", ha fatto un discorso molto toccante: quando era piccolo suo padre comprava la Settimana Enigmistica e faceva i cruciverba più difficili, sua madre quelli medi mentre guardava la tv perchè come tutte le donne era multitasking, i suoi fratelli facevano quelli più facili, mentre il suo momento era quello di unire i puntini; gli piaceva vedere le figure che uscivano unendo quei puntini da 1 a 67, poi a un certo punto ha smesso di seguire l'ordine numerico ed ha iniziato ad unirli a caso e si rendeva conto che per far uscire delle figure sensate, spesso dei puntini dovevano restare fuori. Nel frattempo sono passati gli anni Ottanta e sono arrivati i Novanta e con loro anche Internet e una volta sentì un discorso di Steve Jobs nel quale diceva connect the dots, esattamente come il giochino che piaceva tanto a lui. E ora quei puntini sono una costellazione e nessuno ci dice quali numeri dobbiamo unire, ma dobbiamo scoprirlo da soli, possiamo fare tutte le figure possibili e decidere di rifarne un'altra se quella precedente non ci piace. Insomma, possiamo decidere.
È stato un discorso molto bello e devo ammettere che mi ha commossa, ma non è stato l'unico momento toccante del suo incredibile concerto, infatti accanto alle canzoni che hanno fatto ballare il pubblico, ci sono state anche quelle più tranquille, quelle che riescono ad arrivarti dritte al cuore; Jovanotti è molto bravo in questo, riesce a trovare le parole migliori per colpire e per arrivare alla gente.
Per tutta la durata del live non si è risparmiato, ha corso avanti e indietro su quel palco lunghissimo, ha saltato, ha interagito con i suoi musicisti, ha dedicato "Bella" ai due amori della sua vita, la moglie e la figlia ed ha regalato alla sua città natale un concerto che di sicuro sarà difficile da dimenticare perchè, almeno a mio parere, è stato sul serio il più grande spettacolo dopo il Big Bang!

giovedì 6 giugno 2013

#momentimigliori.

Lo studio folle, l'abuso di caffè, le poche ore di sonno, lo stress e i conseguenti litigi con tutti quelli che mi circondano - fisicamente e virtualmente -, l'ansia e il nervosismo per l'esame di Storia della Musica del Medioevo e Rinascimento, alla fine sono stati ripagati. E n'è valsa davvero la pena. Mi sono ritrovata a vomitare letteralmente tutto quello che sapevo per più di un'ora di esame e poi... Trenta!
Prima di riprendere a studiare per il prossimo imminente esame, mi sono concessa qualche giorno di pausa, un po' di tempo per liberare la mente, per godermi gli ultimi giorni qui a Bologna e per metabolizzare il repertorio di emozioni che si affiancano contrastandosi a vicenda. 
Insomma, ho cercato di fare un po' di ordine. Sistemando la mia stanza che era diventata una giungla nelle ultime due settimane, ma anche i miei pensieri. Ad ogni modo non ho avuto molto successo con entrambi. Si sa, l'ordine non fa proprio per me, in nessun caso.
Così i vestiti si sono riaccumulati sul mio divano poche ore dopo averlo sgomberato e la mia mente ha continuato a pensare ad una miriade di argomenti scoordinati senza dividerli per categorie. E io mi ritrovo a spostare continuamente le cose dal divano alla sedia e viceversa e ad avere dei frequenti sbalzi d'umore. 
L'accavallarsi di pensieri distanti tra loro ha avuto inizio nell'istante in cui la mia mente si è liberata di tutte le nozioni dell'esame che ne avevano sedato questo flusso incessante. Sto vivendo questi ultimi giorni a Bologna praticamente divisa in due: da un lato c'è la voglia incredibile di tornare a casa, di tornare a mangiare i piatti meravigliosi di mia madre, di non dover più essere l'unica a prendersi cura di me e di rivedere le persone che amo, che sono poche, ma che in questi mesi mi sono mancate tanto da farmi avere la sensazione che qualcuno mi avesse strappato prepotentemente il cuore dal petto. Dall'altro però c'è la nostalgia di separarmi da questa città che negli ultimi due anni ho amato ed odiato allo stesso modo; qui è casa mia ormai e stare lontani da casa, si sa, fa sempre male. Io ormai potrei farne un tutorial, visto che sono stata lontana da più case. Prima Bagnoli, poi la mi attuale casa ed ora Bologna. 
Ora mi ritrovo a passare quasi tutta la giornata fuori casa, a ripercorrere meccanicamente strade fatte e rifatte durante quest'anno, ma anche quelle meno familiari e la mia testa mi regala delle diapositive molto vivide di alcuni momenti che, devo ammetterlo, spesso mi fanno venire delle fitte al petto.
È stato un anno pieno di momenti intensi, probabilmente per questo ripensarli mi causa un'esplosione di emozioni contrastanti.
Ripassando per la Corte dei Servi mi è tornata in mente la giornata che passai qui a Bologna con mia madre a novembre, per cercare casa, il freddo gelido, la stanchezza, la delusione e poi quell'ultima casa, vista di corsa prima di prendere il treno, con delle ragazze simpatiche e la situazione era perfetta... E poi quel messaggio in treno da parte delle mie attuali coinquiline che mi dicevano di aver scelto me. 
Ricordo la paura mista all'emozione di andare a vivere finalmente a Bologna, le prime settimane da sola, la prima pasta con le lenticchie che faceva talmente schifo che alla fine ho dovuto buttarla via, la prima nevicata che mi ha lasciata per giorni con un sorriso da bambina e il desiderio di andare in Piazza Maggiore a giocare. 
Oggi tornando a casa, ho fatto una strada diversa dal solito, più lunga e sono passata davanti alla fermata del bus 18 e non ho potuto fare a meno di sorridere a mo'di Stregatto, perchè a quella fermata ho passato dei minuti interminabili, mentre con una mia amica aspettavamo con ansia e fomento il concerto degli About Wayne, il primo di quella che per me è stata una lunga serie - che ancora non si è conclusa - e mentalmente ho ripercorso quelle sette fermate prima di arrivare al Caos Rock Club ed ho avvertito la stessa adrenalina di quella sera del primo febbraio.
Ricordo il concertone per Lucio Dalla, tutta quella gente che riempiva Piazza Maggiore e tutte le strade limitrofe, tutti gli escamotage che le mie coinquiline ed io abbiamo adottato per cercare di arrivare in un punto dove potessimo vedere ciò che succedeva sul palco. Oppure i viaggetti con mia madre, i vari momenti a Via Zamboni, il Campus By Night, le varie serate... Il freddo e poi il caldo e poi di nuovo il freddo.
E poi la strada che per quasi cinque mesi ho percorso e ripercorso più di qualsiasi altra, ovvero quella che mi porta in Via Barberia 4 al Dipartimento di Musica e Spettacolo, dove ho passato la maggior parte delle mie giornate... La mia università, i corsi, i panini mangiati fuori la questura, i dibattiti sull'armonizzazione di un corale al bar, i colleghi e gli amici, le risate, gli sbadigli, l'ansia di capire, i professori - quelli stronzi e quelli che hanno lasciato un bellissimo ricordo -, la musica. Il DAMS. 
Insomma, Bologna in questi mesi mi mancherà. Nel bene e nel male. Ma è stata esattamente all'altezza delle mie aspettative, quelle di una ragazzina appena diplomata e quelle di una persona più adulta che ha dovuto prendersi il meglio e il peggio di tutto questo.
Tutti questi ricordi sono pertinenti e sono contenta anche che adesso facciano un po' male, significa che è stato tutto molto intenso, con tanti alti e bassi che mi fanno pensare solo a una cosa... Che il meglio deve ancora venire, devo ricordarmelo sempre. E in fondo, se non ci sono alti e bassi nella tua vita, significa che sei morto.
Per quanto mi riguarda, non vedo l'ora di scoprire che cosa mia aspetterà il prossimo anno, ma per ora penso di poter aspettare, perchè sebbene sia curiosa e già stia fremendo per il mio terzo anno al DAMS, adesso ho bisogno di un po' di relax, di un po' di coccole, del sole e del mare... Insomma, penso che quest'estate me la godrò a pieno, ancora di più delle altre.