Helda meaning.

Helda /ˈɦeld̪a/: antico nome germanico che significa "guerriera".

giovedì 15 dicembre 2016

Quantico (sì, anche io sono in fissa per una serie!)

Che non mi sia appassionata realmente a nessun'altra serie dopo Buffy The Vampire Slayer (correva l'anno 2005 quando l'hanno trasmesso per la prima volta - credo! - su ItaliaUno), è già un indizio abbastanza chiaro di quanto "triste" sia la mia vita ora che tutti i miei coetanei sono in fissa per almeno cinque serie TV diverse e io mi senta sempre esclusa da argomenti riguardanti i Targaryen o i Lannister - giusto per citare quelli più ricorrenti tra i miei amici (i quali mi assicurano che Game Of Thrones è una serie spettacolare).
La verità è che a me non piace aspettare, per cui la serie può essere anche fantastica ma io non riesco mai ad attaccarmi, soprattutto se la trama prevede un seguito sensato nel corso delle altre puntate; Glee, che è stata l'ultima serie che ho guardato con interesse - almeno fino alla quarta stagione -, non aveva un vero e proprio senso continuo, per cui non mi cambiava niente perdere o meno un episodio o magari non guardarla per molto tempo, mi interessava solo che i personaggi cantassero. Più o meno l'approccio di una cinquenne guardando i cartoni animati, me ne rendo conto.
Per questo le serie TV non hanno mai sortito una grande attrattiva su di me, anzi, ho sempre pensato che gli ossessionati a varie serie TV che fanno maratone lunghissime, aspettano con ansia un nuovo episodio, guardano episodi in lingua con sottotitoli in sloveno, siano un po' fuori di testa.
Un altro motivo per cui non sono una grande appassionata di "serialità" - come direbbe la simpatica professoressa di Storia Della Radio E Della Televisione del DAMS in uno dei mille libri (scritti da lei!) da studiare per il suo esame -, è che mi scoccio di restare ferma e concentrata davanti ad uno schermo; riesco a fare lo sforzo per un film avvincente (e per avvincente non intendo necessariamente 2001: Odissea Nello Spazio, ma anche La Bella E La Bestia va benissimo), ma capire la trama "in pillole" è un po' snervante per me, infatti tollero le saghe semplicemente perché ho letto precedentemente i libri e so cosa succede e, per quanto riguarda i libri, è snervante ugualmente aspettare, ma leggere è un'attività che preferisco di gran lunga al guardare una sequenza di immagini in movimento su uno schermo.
Almeno tutto questo era vero fino ad un paio di settimane fa.
Poi una domenica pomeriggio, per scappare alla noia, ho fatto un po' di zapping alla ricerca di qualcosa di accettabile da guardare in TV oltre a tutto il trash solito della televisione italiana e, su Paramount Channel, mi sono imbattuta per caso in Quantico, di cui avevo visto già alcune pubblicità perché è un canale che guardo spesso e, dato che c'è un'attrice che a mio dire è bellissima, ho deciso di guardarlo un po', ma più per invidiare Priyanka Chopra che per una reale curiosità.
(Amo gli uomini al punto da essere estremamente oggettiva nel dire che questa donna è stupenda)

Dieci minuti dopo ero inchiodata allo schermo del televisore sebbene fosse la quartultima puntata della prima stagione e io non avessi capito nulla, ovviamente, di quello che stava succedendo. Un'ora dopo sono andata alla ricerca di siti di streaming (illegali... SHHH!) che avessero riaperto dopo la "censura" e BAM! Ho trovato tutta la prima stagione in italiano e la seconda in inglese fino all'ultimo episodio uscito in America a metà Novembre, prodotto dalla ABC. La sera successiva avevo già visto tutti gli episodi di entrambe le stagioni ed ero totalmente in fissa. E lo sono tuttora perché Quantico è una serie che prende tantissimo e lo dico con tutta l'oggettività del caso perché, ripeto, io non mi attacco facilmente alle serie TV perché mi annoio molto velocemente.

Tutto quello che scriverò ora potrebbe essere un potenziale spoiler. Per cui se non avete ancora visto Quantico e volete vederlo (e io vi consiglio di farlo!), siete avvisati!

La storia è un continuo alternarsi di flashback e flashforward e proietta subito lo spettatore in un'eclatante strage terroristica senza però far capire come sia successa, d'altra parte invece nel passato c'è l'inizio dell'addestramento di una classe di potenziali agenti speciali dell'FBI. Questo continuo alternarsi tra passato e futuro è, secondo me, l'elemento che conferisce al racconto maggiore dinamismo, perché non solo le vicende di entrambi i tempi sono veloci e continuamente sorprendenti, ma per capire bene cosa succede nel passato è necessario avere una visuale anche del futuro, e viceversa.
Insomma, lo spettatore non può indovinare mai come si evolverà la storia anche se ha una chiara prospettiva di quello che è già il finale. Ogni puntata è ricca di colpi di scena e di capovolgimenti eclatanti in cui tutto è il contrario di tutto. Tutti i protagonisti di Quantico - il centro di addestramento degli agenti dell'FBI (da ora ogni volta che parlo di Quantico mi riferisco all'addestramento e non al titolo della serie) - hanno dei segreti, tutti sono il potenziale terrorista che fa esplodere la bomba alla Grand Central Station di New York nella scena iniziale che però avviene dopo Quantico. La frase chiave della stagione, ma a mio dire decisamente efficace anche nelle prime puntate della seconda, è non ci si può fidare di nessuno. Questo instaura quindi una serie di rapporti contemporaneamente solidi e precari all'interno del gruppo e soprattutto numerosi dubbi nello spettatore.
I due fuochi principali della serie sono le varie bombe che esplodono nel futuro e l'addestramento degli agenti nel passato, ma attorno a questi due poli si intersecano una serie di altre storie secondarie sempre legate ai vari personaggi - storie d'amore, d'amicizia, di sesso, di lealtà... - che sono necessarie non solo per entrare nella testa di ciascuno di loro, ma anche per fare delle congetture su chi possa essere quella che nella serie è chiamata La Voce. Ogni volta gli indizi cambiano, nel corso di una sola puntata moltissimi sono i segni che portano al vero terrorista, ma è quasi impossibile capirlo fino agli ultimi venti minuti dell'ultima puntata; nel frattempo è facile "incolpare" prima uno e poi un altro personaggio, tutti che sembrano coinvolti e che poi in un modo o nell'altro si dimostrano solo pedine del gioco de La Voce.
G E N I A L  E !
E, come ogni finale di stagione che si rispetti, quello della prima mi ha lasciata annegare in un mare di lacrime, non ha chiarificato tutte le domande e soprattutto mi ha sconvolta.
La seconda stagione parte come un treno, esattamente come la prima e, sebbene non la trovi avvincente agli stessi livelli (ma c'è da dire che otto puntate su ventidue sono poche per giudicare), è ancora piena di tutte queste fantastiche caratteristiche che rendono l'intera serie una droga (lo so, ora mi direte che ogni serie che si rispetti ha questa caratteristica, ma lasciate da parte Jon Snow e date una chance ad Alex Parrish per un po').
L'unica nota negativa? La seconda stagione in Italia non è ancora uscita ufficialmente - credo che sarà trasmessa sempre su Paramount Channel - e, nonostante online si trovino già quasi tutte le puntate tradotte o con i sottotitoli, il problema è che anche in America non è ancora uscita tutta, quindi se come me siete in fissa con Quantico, dovrete aspettare fino al 23 Gennaio (o al 24 se volete almeno i sottotitoli) per capire cosa cazzo sta succedendo!
[Nel frattempo io sarei quasi tentata di andare a Washington D.C. alla sede di Quantico (che ho scoperto esistere davvero) ed iniziare l'addestramento per diventare agente speciale dell'FBI, ma forse è meglio che continui a provare nel mondo della musica prima di prendere decisioni così drastiche.]

lunedì 21 novembre 2016

Animali Fantastici E Dove Trovarli


O meglio: she's back.
J.K. Rowling and her magic world are back.
Se anche voi, come me, avete pianto più di Mirtilla Malcontenta in tutta la sua esistenza quando Harry Potter è finito, allora di sicuro l'espressione di Cornelius Caramell nella gif qui sopra rispecchierà la vostra quando finirete o avete finito di guardare Animali Fantastici E Dove Trovarli e sono altrettanto sicura che salterete (o siete saltati) dalla sedia quando sullo schermo comparirà di nuovo il logo della Warner Bros con l'Hedwig's Theme in sottofondo.
Con la frase "All was well", la Rowling aveva reso orfana un'intera generazione di persone che sono rimaste con Harry fin proprio alla fine, e non bastava colmare l'assenza del magico mondo in cui la Rowling ci ha insegnato a rifugiarci rileggendo ogni estate tutti i libri della saga e riguardando i film ogni volta possibile; diciamolo, senza Harry Potter sembrava un po' come se tutta la felicità fosse sparita dal mondo. Ma dato che zia Jo ci ha insegnato che la felicità può essere ritrovata anche negli attimi più tenebrosi, se solo uno si ricorda di accendere la luce, dopo i racconti "di estensione" su Pottermore, ha reso il 2016 un anno di nuovo magico.
Ammetto che ho reagito all'ottavo libro della saga - Harry Potter And The Cursed Child - con parecchio scetticismo, quasi con rancore nei confronti di questa immensa scrittrice che mi ha fatto sognare tanto; infatti ho provato a leggerlo in inglese, ma poi, un po' sdegnata, ho interrotto la lettura per poi riprenderla in italiano solo quando il libro è arrivato anche qui in Italia e, sebbene abbia trovato il libro/sceneggiatura un po' forzato, devo ammettere che non posso dirmi completamente contraria a La Maledizione Dell'Erede e, una parte di me, l'ha apprezzato molto più di quanto sia stata disposta ad ammettere dopo averlo letto e terminato in tre ore e mezza.
Per quanto riguarda Animali Fantastici E Dove Trovarli, invece, le mie aspettative erano diverse. Naturalmente ho letto il piccolo libricino omonimo, ma facevo un po' fatica ad immaginare come potesse evolversi in una storia vera e propria, per cui quando ieri pomeriggio mi sono seduta nella sala iSens dell'Uci Cinema di Casoria, devo ammettere che non ero affatto preparata a quello che poi ho visto.
Animali Fantastici E Dove Trovarli è un film inaspettato, anzi, inaspettatamente oltre le aspettative. Se l'inizio può risultare lento e quasi privo di senso, in poco tempo il film trasporta invece lo spettatore in un mondo magico che forse lascia ancora più sbalorditi rispetto a tutti gli incantesimi che si svolgevano ad Hogwarts. Il personaggio di Newt Scamander - interpretato dall'incredibile Eddie Redmayne - ha una forte potenza espressiva e non si può che restare totalmente affascinati ed ammaliati da lui, dal suo modo diverso di vedere le cose e dalla capacità di trovare del buono anche e soprattutto in creature che gli altri allontanano. Ancora una volta la Rowling delinea un personaggio la cui luce diventa quasi un modello da seguire e un monito per tutti: non necessariamente ciò che è diverso è sbagliato o cattivo e Newt, con i suoi modi un po' schivi e la sua predilezione ad interagire più con gli animali fantastici piuttosto che con le persone, riesce a farcelo capire perfettamente. Ma se da un lato ci lasciamo trasportare dall'incanto per queste nuove creature e seguiamo con apprensione e meraviglia le vicende di Newt, della sua valigia magica e delle persone che incrociano il suo cammino a New York, dall'altro c'è una trama più sottile che si delinea nel corso del film e che ad un Potterhead accanito - come me! - riporta in mente storie secondarie accennate nei libri di Harry Potter che probabilmente tutti avrebbero voluto approfondire. La Rowling butta di tanto in tanto queste Easter Eggs per attivare la nostra memoria: gli articoli della Gazzetta del Profeta riguardanti un temibile mago oscuro che non è Lord Voldermort, bensì il suo "predecessore" Gellert Grindelwald, il ciondolo dei Doni della Morte, la frase "per un bene superiore"... tutto rimanda ad un mondo magico che noi conosciamo solo in parte dalle pagine per noi incomplete di Vita E Menzogne Di Albus Silente ad opera di Reta Skeeter; un mondo che precede la nascita del bambino che è sopravvissuto. Attraverso una serie di colpi di scena, di cui uno particolarmente sorprendente nel finale - con una specie di cameo che richiama il film Parnassus -, il film ci porta ad indovinare i primi elementi di una storia complessa ed affascinante che riguarda anche la gioventù di Albus Silente e che si delineerà nei prossimi quattro film di questa nuova saga fino ad arrivare alla data del 1945: anno della battaglia tra Silente e Grindelwald e della sconfitta di quest'ultimo, ma anche l'anno in cui Tom Riddle termina gli studi ad Hogwarts e va a lavorare da Magie Sinister prima di far perdere le sue tracce e tornare poi con il nome di Lord Voldemort.
Ancora una volta J.K. Rowling riesce a creare e trasportarci in un mondo che lascia a bocca aperta - e a me, personalmente, anche con un po' di invidia perché vorrei essere capace di scrivere ed inventare come lei - in cui ogni dettaglio non è mai lasciato al caso e sono sicura che questa nuova saga saprà sorprendere (quasi) quanto Harry Potter. 
[E ora, dopo averci fatto desiderato civette bianche, gatti dal pelo fulvo, zampe storte e muso schiacciato, Ungari Spinati e Puffole Pigmee, ora ci fa desiderare intensamente gli Snasi e (quasi) tutti gli altri. Io, nel frattempo, vado a recuperare tutti gli animali fantastici scappati dalla valigia di Newt per il concorso messo in palio da UCI Cinemas e sono pronta a lanciare Maledizioni Senza Perdono a chiunque pur di vincere il viaggio a Londra negli Studios di Harry Potter.]

Fatto il misfatto (almeno per adesso).

mercoledì 9 novembre 2016

Where is the American dream now?

November 9th, 2016.

Ci sarebbero tanti modi per definire questo giorno, ma l'unica parola che mi è venuta in mente quando qualche ora fa mi sono svegliata ed ho letto che Donald Trump è stato eletto Presidente degli Stati Uniti d'America è stata: paura.
Non che la Clinton fosse una candidata ottimale, ma Trump Presidente è una vera e propria catastrofe.
E pensare che ieri sera credevo che la cosa peggiore di quelle ore fosse stata cadere da un autobus, fare un volo con le bottiglie d'acqua in mano e provocarmi una distorsione alla caviglia, un ginocchio scuoiato ed una leggera lesione al polso ed essere sola e senza adeguate medicazioni. Stamattina, invece, mi sono svegliata con caviglia e ginocchio gonfi ed un'oppressione al petto che aveva poco a che fare con il mio clamoroso volo di ieri sera.
In questi mesi ho letto troppe volte un disdicevole menefreghismo da parte di molti account sui Social – non mi va nemmeno di definirli persone, perché come ho già detto in un altro post, la loro "potenza" sta solo nel numero di like e retweet – riguardo l'interesse degli italiani alle presidenziali americane. E io, in prima persona, sono stata "accusata" di voler fare l'americana, con tutti i video anti-Trump che ho condiviso. Ma in realtà, le presidenziali americane interessano tutti, non solo gli americani, ma anche il mondo intero, incluse l'Europa e sì, anche l'Italia in quanto paese della NATO legato all'America. In soldoni: se Trump domani si sveglia e vuole fare una guerra, l'Italia è chiamata in causa. Finché gli Stati Uniti saranno una potenza del genere, tutto il mondo sarà legato ad essi e dovrà interessarsi di cosa succede nella politica americana.
E purtroppo non è la prima volta che l'America mira contro se stessa da sola e, come per ironia della sorte, la storia si ripete in una data che è lo specchio di un'altra data terribile: 11/9 - 9/11.
La vittoria di Trump oggi rende questa data triste, ci aspettano quattro anni bui, ancora più oscuri di questi che stiamo vivendo ora, con la minaccia dell'Isis, la Corea, Putin e tutto il resto.
Mi sembra passato un secolo da quando otto anni fa fu eletto Barak Obama, sebbene avessi solo sedici anni, avevo la percezione che un Presidente di colore come lui avrebbe cambiato non solo l'America, ma il mondo intero. Ricordo che per il Ringraziamento subito dopo l'elezioni, mio padre mi venne a prendere a scuola ed andammo alla base americana; era una sala enorme piena di Marines e di americani residenti a Napoli e la mensa quel giorno aveva preparato tacchino imbottito e cotto al miele ed apple pie, nella più tipica tradizione americana. La TV era accesa in attesa del discorso ufficiale di Obama e ricordo le facce di attesa e di speranza di tutte quelle persone attorno a me e pensai che quello doveva essere il sogno americano e che io, che di americano conoscevo la Halloween Cup con gli Harshey's, i Reese's e i Butterfinger, l'Eggnog a Natale, il tacchino imbottito e poco altro, mi sentii in qualche modo parte di quel sogno. Forse perché volente o nolente mi sono ritrovata nella cerchia della mia famiglia un'americana che è la compagna di mio padre, ma allora come adesso capivo benissimo quanto l'elezione di quel Presidente fosse importante non solo per l'America ma per tutti.
Barak di certo non è stato perfetto, ha fatto anche lui i suoi errori, alcuni particolarmente grandi, ma si è dimostrato un Presidente moderato, abbastanza illuminato ed ha fatto molto. Le leggi sulle unioni civili in tutti gli Stati Uniti d'America è storia di solo un anno e mezzo fa e, se la Casa Bianca si è illuminata dei colori arcobaleno, è stato anche grazie ad Obama; lo stesso che ha lottato contro il razzismo e la parità dei diritti di tutti e voleva arginare quello schifoso Secondo Emendamento... E ancora più grande di lui, è stata sua moglie Michelle, una donna combattiva, forte ed onesta, una grandissima First Lady e madre impeccabile, un esempio da seguire.
E adesso, nello Studio Ovale ci sarà un uomo che, a ventisette anni dalla caduta del Muro di Berlino, vuole innalzare un muro tra gli USA ed il Messico, che vuole allearsi con la Russia che storicamente è sempre stata l'acerrima nemica dell'America... Oggi, 9 Novembre 2016, non ha vinto solo Donald Trump, ha vinto il razzismo, l'omofobia, il sessismo, l'ignoranza, l'odio e la paura.
Cinquantatré anni fa l'America si identificava nel celebre discorso di Martin Luther King, l'America aveva un sogno. Mi rifiuto di credere che ora quel sogno coincida con Donald Trump.
Dov'è il sogno americano adesso?

giovedì 27 ottobre 2016

L'ennesima stupida lettera d'amore

Ciao.
Sono mesi che non parliamo più e forse più di un anno che non parliamo seriamente e io mi sono ripromessa di non cercarti più perché è inutile e deludente ed ogni volta io ci sto peggio.
E con tutte queste "e" probabilmente tu già detesteresti questa frase smettendo di leggerla e facendomi così arrabbiare e star male.
E.
Mi sembro Vasco Rossi.
Comunque ci sto riuscendo. A non cercarti, intendo.
Dopo gli svariati messaggi senza risposta, alla fine ce l'ho fatta – con l'unica eccezione del tuo compleanno, ma non potevo non farti gli auguri, nonostante tutto –, quindi forse c'è un rimedio al mio incommensurabile masochismo.
Non dico che sia facile, ma questi quattro anni sono stati tutto tranne che facili. Credo che con te sia impossibile, o con me, non lo so.
In questi giorni stavo ripensando a quando ci siamo conosciuti. Ventinove Maggio Duemiladodici. Quattro anni fa. E nel modo più assurdo: grazie ad un mio tweet durante una puntata di A Tu Per Gu su Radio Deejay.
A volte mi chiedo come sarebbe stato se quel tweet non l'avessi mai scritto o se tu non l'avessi letto. Chi avrei desiderato così tanto in questi anni? Chi mi avrebbe inviato tutti quei messaggi? Con chi avrei parlato a telefono nel cuore della notte a bassa voce per paura di svegliare le mie coinquiline a Bologna? Chi mi avrebbe fatto versare le prime lacrime d'amore? Chi sarebbe stato il ragazzo che avrei amato per la prima volta, così tanto, in modo così totalizzante ed ostinato?
O forse ci saremmo conosciuti comunque, in un altro modo. Chissà.
La verità è che mi manca l'aria se penso che avresti potuto non fare parte degli ultimi quattro anni della mia vita e forse è il mio incommensurabile masochismo a parlare, ma sono contenta che tu ci sia stato, nonostante tutto.
Fatta eccezione per il tuo compleanno, è dal 18 Maggio che non parliamo e dal 29 Giugno che ho smesso di cercarti. Il che significa che sono quasi quattro mesi esatti, centoventi giorni e mi sembrano centoventi piccoli spilli infilati nel petto, ma fa' conto che questa sia la mia solita tendenza al dramma.
Il desiderio di scriverti c'è praticamente ogni giorno, ma mi trattengo, così come mi trattenevo nel dirti quello che avrei davvero voluto ogni volta che eravamo insieme. Troppo poche, comunque.
Nel frattempo cerco di non pensarti. Ci sono giorni in cui mi riesce benissimo: durante lo stage, ora che scrivo la tesi, quando sono con un altro... Ma poi arriva la notte e di tanto in tanto il tuo nome o il tuo volto compaiono nei miei sogni anche se questi non hanno niente a che fare con te, poi il sogno lo dimentico al mattino, ma quando mi sveglio resta comunque la tua presenza. E allora va male.
E frequentare altri ragazzi è abbastanza inutile, se nemmeno quello che sembrava l' "amore della mia vita" dagli occhi acquamarina e la lingua serba è riuscito a farmi dimenticare davvero di te, non credo che ci possa riuscire il primo arrivato. Un po' lo spero però. Non che non stia bene con altri, per fortuna riesco ancora a diventare di caramello fuso se a baciarmi è un ragazzo che mi piace molto, se ricevo i suoi messaggi o passo del tempo con lui e per una crudele ironia della sorte, ho passato molto più tempo con chi conosco da pochi mesi che con te. A volte penso anche che sono molto presa, ma non è lo stesso, con te tutto era diverso.
Quando tu mi inviavi un messaggio, anche dopo svariati giorni, succedeva sempre una cosa strana: avvertivo un leggero vuoto allo stomaco prima ancora di leggere il tuo nome sul display. Ancora adesso non so spiegarmi come sia possibile.
Ma che senso ha torturarmi così? Quindi mi butto a capofitto in altre pseudo-relazioni improbabili e complicate che non hanno né capo né coda e cerco di dimenticarti, qualche volta mi illudo anche di esserci riuscita, soprattutto di recente.
Questo post però è una prova del contrario; insieme alle mille note sul mio iPhone che inizialmente sono nate come messaggio per te, ma che non ti ho mai inviato. Temo che tu possa continuare a non rispondere e comunque sarebbe un po' da psicopatica scriverti: "Ciao, volevo dirti che sono innamorata di te, cazzo. Esattamente in questi giorni prima di Halloween, quattro anni fa, realizzavo che stavo perdendo la testa per te come non avevo mai permesso che succedesse prima e per mia sfortuna ti amo ancora anche se tu ti sei dimostrato uno stronzo. Con amore, Helda."
Meglio di no. Non ha senso scaricare un peso del genere su di te che sei completamente disinteressato e la memoria del mio iPhone è abbastanza capiente da reggere quel milione di note dedicate a te; magari un giorno resteranno solo quelle e basta.
Ma per il momento sono certa che se tra due settimane tornassi a Napoli e ti incontrassi per caso tra gli scaffali di dischi de La Feltrinelli in Piazza Dei Martiri come la primissima volta che ci siamo visti, ti amerei esattamente come ti ho amato su quella panchina in Via Chiaia quando ci siamo baciati la prima volta e come ogni momento successivo a quel pomeriggio del sedici Luglio 2013.
Forse passerà, forse no. Nel frattempo continuo a ripetermi una frase di una canzone del tuo TZN: "Sì, lo ammetto, un po' ti penso, ma mi scanso, non mi tocchi più."
E comunque... mi manchi, Mmio.
 

venerdì 7 ottobre 2016

Cari Coldplay...

Cari Coldplay,
io ho tutti i vostri dischi - originali eh! mica quelli comprati dal vucumprà in Piazza del Gesù, che credete! - certo, voi potreste obiettare che io sia una collezionista di dischi e non potrei darvi torto, tant'è che a quattordici anni ho comprato Headstrong di Ashley Tisdale semplicemente perché mi piaceva una canzone, dopodiché non l'ho mai più ascoltato e manco la mamma della Tisdale se lo ricomprerebbe, quindi resta lì, il più nascosto possibile nel mio scaffale con tutti i dischi.
Però generalmente se mi prendo la briga di spendere i miei soldi per comprare l'intera discografia di un artista/band - anziché, che ne so, comprare dei pantaloni di una taglia più piccola dato che quelli dell'inverno scorso mi stanno larghi - è perché mi piace parecchio.
Affinché voi lo sappiate, i vostri CD sono sistemati davanti a tutto, per farvi capire: c'è la discografia completa di John Mayer, Bob Dylan, Queen e poi spiccate voi proprio in pole position.
Per di più, ho passato svariate serate tristissime accasciata sulle piastrelle giallo vomito del mio appartamento a Bologna, piangendo disperata sulle note di Fix You e pensando al più stronzo degli stronzi, semplicemente perché la frase "When you're too in love to let it go" era proprio appropriata a lui/"noi". Nel frattempo speravo - invano! - che lui mi scrivesse facendomi così tornare gli occhi a cuoricino per qualche minuto, anche se però non serviva a placare il dolore che provavo perché lui non ricambiava minimamente il mio amore. (Ci ho impiegato quattro anni per capire che le sue parole dolci erano semplici parole di uno che è molto bravo a scrivere!)
Cioè, cari Coldplay, capite? Io ascoltavo voi in quei momenti! Mica Adele o Laura Pausini come fanno tutti! Cioè, è una cosa importante! La scelta della canzone in momenti del genere è davvero fondamentale, probabilmente se avessi ascoltato Someone Like You, mi avrebbero ritrovata diciotto ore dopo morta come Janis Joplin, invece voi mi avete dato la forza di andare avanti, di non ispirarmi al suicidio di Madame Bovary, ma di alzarmi e tornare nella mia stanza con un gran mal di testa e gli occhi rossi e gonfi come quelli di un coniglio albino e di pensare che io da sola avrei try to fix you, cioè me.
Io non so come funzionano le cose all'estero, ma qui in Italia è un casino con le prevendite dei biglietti di un concerto: gente che piazza metaforicamente le tende sul sito di TicketOne da giorni prima, persone che s'ammazzano per un posto in piccionaia, tipi del secondary ticketing che comprano biglietti per il corrispettivo di tutta la popolazione cinese per poi rivenderli a prezzi così alti che dopo un po' ti chiedi se sia meglio comprare un biglietto per il concerto o comprare direttamente la Parlophone... Cioè, una tragedia! Se poi si aggiunge che in questo periodo c'ho un po' le ovaie che girano come i pianeti del sistema solare, allora è proprio brutto.
Provate a capirmi, ho passato tutta la mattinata su quel dannato sito che ha crashato un triliardo di volte e alla fine non sono riuscita a comprare i biglietti né per il 3 Luglio né per il giorno dopo e nel frattempo dovrei scrivere la tesi del Master (che dovrei consegnare a fine mese ed ho scritto solo tre pagine per ora), sto cercando lavoro, mi faccio un casino di paranoie per altri motivi che non vi sto a raccontare perché insomma, i problemi in amore li abbiamo tutti, vero Chris?
Insomma, non è che avevo proprio tutta sta voglia di far scendere tutti i Santi dal Paradiso mentre perdevo il mio tempo su TicketOne. Fossi almeno riuscita a prendere un misero biglietto, e invece niente!
E il vostro concerto volevo proprio vederlo.
Poi immaginate la figata: io sono una di quelle che ai concerti urla così tanto che la mia voce quasi sovrasta la musica, chiunque si trova accanto a me preferirebbe essere svegliato ogni domenica dal trapano del vicino piuttosto che perdere l'udito durante il concerto a causa delle mie urla che sembrano quasi ultrasuoni, poi ballo, salto, a volte cado io da sola perché perdo l'equilibrio... Cioè, è proprio uno spasso avermi ai concerti, pensate quante risate! Poi volete mettere l'effetto speciale che manco Hollywood quando voi cantaterete Fix You e io allagherò San Siro perché tanto proprio in quel momento mi ricorderò di non aver mai dimenticato lo Stronzo e quindi ascoltare quella canzone dal vivo mi distruggerà? Ma noi pensiamo positivo, cari Coldplay, c'abbiamo la testa piena di sogni e siamo sicuri che per Luglio le mie paranoie saranno finite ed io avrò un ragazzo con cui limonare duro mentre voi cantate Yellow.
In Italy we say "che figata" and it means "it's very cool", pensateci Coldplay, in nessun'altra parte del mondo ci sarebbe un elemento del genere ad un vostro concerto; quindi mettiamoci d'accordo: io cucino una bella teglia grande di pasticcio di tagliatelle, vi invito qui a casa, ci beviamo un po' di vino italiano che è sempre buono, facciamo casino che tanto i vicini sono abituati a me che canto e voi in cambio mi date un accredito per il vostro concerto. Chris, mi rivolgo soprattutto a te, pensaci bene! Il pasticcio di tagliatelle in cambio di un biglietto, mi sembra ragionevole, no? Che lo so che tanto Gwyneth ti faceva mangiare al massimo solo una caesar salad!

martedì 20 settembre 2016

M'indigno anche io

Che bel paese l'Italia. L'Italia dell'arte, del buon cibo, della moda e di questo lungo, incessante Medioevo.
L'Italia delle tendenze, l'Italia degli ignavi di cui parlava Dante nel Terzo Canto della sua Commedia: sempre lì ad inseguire la direzione che il vento impone alla bandiera, perché loro non sanno prendere una posizione.
O meglio, una posizione magari la prendono anche, a patto che venga retwittata il più possibile.
E l'argomento è sempre lo stesso: il sesso.
Si direbbe che alla fine del 2016 il sesso non sia più una parola tabù, ma d'altronde il 2016 non è proprio l'anno in cui cade l'Impero Romano D'Occidente? Ah no, quello è il 476, però dai, il 6 finale è lo stesso, quindi direi che non cambi poi tanto, no?
Per cui è ovvio che in questo "periodo buio", parlare di sesso faccia ancora scandalo. Certo, non tutto il sesso, sia chiaro! Ci stiamo avvicinando all'Anno Mille, per cui riferimenti al sesso sono ovunque: un buon film al cinema, ad esempio, non può essere considerato tale senza una bella scena hot; però oh, se il termine è affiancato a due persone dello stesso sesso (per l'appunto!) o, ad una donna, allora ecco che diventa qualcosa di vergognoso di cui non bisogna parlare.
Anzi no, se ne parla, perché l'Italia ha sempre qualcosa da dire! (E forse il problema è proprio questo.)
Eh sì, perché se viene pubblicato in Internet un video di un momento intimo tra una ragazza della provincia di Napoli ed il lurido verme bastardo con cui purtroppo è stata, il problema non è lui che ha pubblicato quel video, anzi, lui è un gran figo! Ma lei, invece, è una "gran troia". Punto.
Ed ecco che diventano tutti campioni dello sport più amato d'Italia. No, non il calcio, ma la pratica atletica del pollice sul touch-screen dello smartphone. Così la rete si gonfia di perbenismi vari: perché lei non doveva fare quello che ha fatto, perché lei l'ha voluto, perché, perché, perché... Ma soprattutto tutti lì a ripetere quel "bravo" manco fosse il nuovo imperdibile tormentone estivo di Alvaro Soler, senza rendersi conto invece che il continuo replicare quel "bravo" li rendeva particolarmente simili ad un gregge di pecore che belano all'unisono.
Dopodiché però, la ragazza di cui sopra, si è suicidata, così eccolo di nuovo, l'italiano medio nella sua attività preferita di scrivere sul suo profilo quanto sia indignato per l'avvenuta tragedia; in questo sport la vittoria si misura in like e post clonati.
Ma poi basta che il nuovo lurido verme bastardo di turno decida di hackerare il computer di un personaggio più o meno famoso - che guarda un po', è donna ed è anche bella ed aveva delle foto private in cui era nuda "o peggio" -, allora l'italiano medio, con la sua memoria da pesce rosso, torna a sparare sentenze.
La verità è che in questo oscuro Medioevo esistono troppi moralisti, non so dire se sia colpa della Chiesa Cattolica che purtroppo per noi "risiede" in Italia (che dovrebbe essere un paese laico). So solo che il Medioevo mi annoiava anche quando lo studiavo a scuola.
Quanto difficile è arrivare ad un periodo storico - e magari a delle mentalità - più illuminato? Quanto tempo ci vorrà prima che una donna non venga giudicata perché fa sesso semplicemente per il piacere di farlo e non solo per procreare? Quanto tempo ci vuole per capire che di Vergine Maria ce n'è stata una sola (per fortuna)?
Una donna ha il sacrosanto diritto di fare tutto il sesso che vuole, di avere orgasmi quando e con chi le pare e anche come le pare, di fare del sexting ed inviare delle foto provocanti a qualcuno per il puro piacere di eccitarlo e giocare con lui e di avere persino delle foto provocanti nel suo personale computer o smartphone, scattate magari in un momento di particolare autostima o frivolezza di cui non deve dare conto a nessuno. Ha il diritto di guardare un film porno se le va e di commentare le prestazioni cinematografiche di Rocco Siffredi senza che nessuno per questo pensi che lei sia una poco di buono o una depravata. Tuttavia nessuno ha il diritto di spiattellare allo schifoso mondo del web ciò che rientra nella sua sfera privata, per il puro piacere di divertirsi umiliandola.
E smettetela di sentenziare sempre su qualsiasi cosa, piuttosto fatevi una bella scopata e tenetela per voi, che sul web ci sono già dei filmati girati da professionisti che sono più bravi e prestanti di voi e che vengono pagati profumatamente per questo.

E se state pensando che anche io, come l'italiano medio, ho gareggiato nella disciplina olimpica di digitazione compulsiva, posso rifilarvi la risposta di un caro amico: la chitarra è mia e l'accordo come stracazzo mi pare. Ovvero (per i meno sagaci): questo è il mio blog, potete anche evitare di leggerlo se non vi piace ciò che scrivo. [E comunque qualcuno deve pure iniziare a dipingere in prospettiva, perché per carità, bellissimi i quadri bizantini, ma in fondo è la Gioconda ad essere considerato il quadro più bello del mondo, forse proprio per la tecnica prospettica che rende il dipinto quasi reale.]

Peace, Love & Sex,
H.
.

lunedì 5 settembre 2016

Le mie vacanze greche, ultimo atto (forse)

Ho aspettato più di due settimane per scrivere il consueto post del viaggio in parte perché ho avuto poco tempo e in parte perché sto creando un nuovo blog in cui vorrei parlare solo dei viaggi che faccio, che ho fatto e che voglio fare. Ma per il momento è ancora work in progress.
Per la terza estate consecutiva sono tornata in Grecia, ho voluto questo viaggio con tutta me stessa e quindi, dopo aver setacciato i siti di viaggi/compagnie aeree perché la mia agenzia turistica ha dato forfait, ho trovato quello che mi serviva: due settimane a Creta.
Questa volta senza flirt o amori estivi, solo la mia Grecia, spettacolare come al solito.
Creta è l'isola più grande della Grecia, nonché la quinta più grande in tutto il Mediterraneo, proprio per questo ha poco a che fare con le altre isole che ho visitato, sembra una grande regione in mezzo al mare con varie città che ricordano più metropoli come Atene che piccoli villaggi incantati.
Il fascino ellenico dei templi, delle colonne dorico-ioniche e delle statue degli dei è lontano dagli stili architettonici ed artistici che caratterizzano Creta. In quest'isola magica, di reperti puramente ellenici ce ne sono pochi, è invece molto più profonda e radicata la storia veneziana ed ottomana, le cui tracce sono ancora oggi fortemente visibili.
Io ho soggiornato a Kokkini Hani, una piccola località balneare a pochi chilometri da Heraklion, quindi, per ovvi motivi, la capitale è stata la città che ho frequentato maggiormente. Lontana dalle case bianche di Lindos a Rodi o di Oia a Santorini, Heraklion è una capitale a tutti gli effetti, a metà tra l'Occidente e l'Oriente come Atene, con negozi importanti, strade larghe caratterizzate da una planimetria molto più romana che greca, con la croce principale da cui si diramano verticalmente ed orizzontalmente le altre strade.
Se, come me, si arriva ad Heraklion in autobus, la prima cosa che si vede è il porto veneziano caratterizzato dalla bellissima fortezza di Koules da cui si scorgono - almeno ad un occhio più attento - dei bassorilievi a forma di leone alato che non lasciano dubbi sull'origine veneziana della struttura. Esattamente di fronte alla fortezza si dirama il corso principale della città dove è impossibile non lasciarsi sedurre dai ristorantini che propongono gyro pita, ai negozi di souvenir che vendono argenti, tappeti, lampade turche e creme all'olio d'oliva, fino alle varie agenzie turistiche che propongono le escursioni più svariate. Sempre al centro di Heraklion, altre due strutture mi hanno affascinata particolarmente per la loro "parentela" con alcuni stili italiani: la Loggia Veneziana che mi ha ricordato il Palazzo Venezia in Piazza Venezia a Roma e la Fontana Morosini, italianissima come solo le fontane tardo cinquecentesche-seicenteche possono essere.
Da Heraklion un altro bus - un po' meno elegante di quello che dalla capitale arriva all'altra grande città dell'Est dell'isola, Agios Nikolaos - porta in meno di mezz'ora al Palazzo di Knossos. Dunque, se siete in fissa come me per la mitologia greca e per l'arte legata ad essa, vi avverto subito che in questo sito storico potreste quasi avere una Sindrome di Stendhal; se invece non avete la mia stessa passione, vi avverto comunque che potreste prendere un'insolazione. E questo mi è successo.
I resti del labirintico Palazzo di Knossos sono, a mio parere, tra i siti archeologici più belli che abbia visto in Grecia, insieme al Partenone e all'Acropoli di Atena Lindia. Un consiglio: se proprio pensate di seguire le orme di Teseo per uccidere il Minotauro e di uscire vivi dal labirinto grazie al filo di Arianna, e se soprattutto non avete altra possibilità che farlo l'otto Agosto ad orario di punta, ricordatevi almeno di portare tanta acqua fredda, un cappello e di cospargervi di protezione solare per bambini.
Poco distante da Kokkini Hani, c'è anche Hersonissos che di storico non ha proprio nulla, ma è la meta prediletta per chi vuole allontanarsi dalle numerosissime famiglie che si aggirano per l'isola ad Agosto con tanto di fastidiosi pargoli strillanti, per vivere un po' la movida cretese. Se la parte interna di Hersonissos è un'unica lunghissima strada caotica con numerosi negozi ad entrambi i lati, basta percorrere una delle stradine verso il mare per ritrovarsi su un litorale pieno di localini e ristoranti che accontentano le esigenze di tutti, e per tutti intendo i giovani, non quelli con gli enfants terribles a seguito.
Essendo nella zona Nord-Est dell'isola, arrivare nell'altra città principale era - almeno con l'autobus - alquanto impossibile a meno che non avessi voluto trascorrere una giornata intera - quattro ore andata e quattro al ritorno - a cercare di non vomitare per le curve a strapiombo sul mare. Quindi, purtroppo, non sono riuscita a visitare Chania e nemmeno la caratteristica spiaggia di Elafonissi con la sabbia rosa e la Laguna di Balos. Però in un giorno di pioggia, ho preso un autobus extraurbano e in due ore ho raggiunto la città di Rethymno, sovrastata da un'enorme fortezza veneziana - anche qui! - che però non sono riuscita a godermi come avrei voluto perché quel giorno il vento era impossibile e da là su si aveva quasi paura di volare via. Oltre alla fortezza, Rethymno è formata da un reticolo di stradine piene di negozi e di negozianti fin troppo insistenti che a forza vogliono venderti il medaglione con il Disco di Festo, simbolo cretese; sebbene siano passati dieci anni dal mio viaggio a Corfù con tanto di quinto metatarso fratturato, Rethymno un po' me l'ha ricordata.
Tra le escursioni più belle che ho fatto in quindici giorni a Creta, ad eccezione di Santorini che merita un discorso a parte perché è ad oggi il posto più bello che abbia mai visto, c'è l'Isola di Chrissi. Ad alcune miglia marine dal porto di Ierapetra, c'è questa incredibile lingua di sabbia bianco-dorata che è tutelata come area di intensa bellezza naturale ed è considerata i Caraibi della Grecia. E, pur non essendo mai stata ai Caraibi, posso assicurare che un mare come quello io non l'ho mai visto da nessuna parte; Chrissi è, in definitiva, un piccolo paradiso di circa cinque chilometri situato nella costa greca del Mar Libico ed è uno di quei posti da cui non si vorrebbe mai andar via, una volta arrivatici.
Creta è un'isola stupenda, con il mare più bello che abbia visto, che va dal blu, all'acquamarina fino a sfumature di verde. I cretesi sono tutti abbastanza disponibili e cordiali, sempre pronti a scambiare quattro chiacchiere e a svelarti quanto i greci e gli italiani del Sud siano simili culturalmente e fisicamente. Creta è l'isola dei gatti e quindi un po' la mia isola. Ma è anche l'isola delle contraddizioni, la zona in cui più di tutte si avverte la profonda e terribile crisi economica che ha colpito tutta la Grecia e che qui si riscontra soprattutto nei negozi abbandonati quasi di punto in bianco o dagli edifici in costruzione mai terminati. Al contrario di Rodi che è meta soprattutto di turisti russi molto ricchi, Creta è la meta preferita dalle famiglie, in particolare italiane e infatti non è insolito trovare cretesi che sappiano parlare in italiano. Inoltre, Creta è anche l'isola del vento, almeno nella zona Nord-Est dove io ho soggiornato, in cui il vento non si è mai fermato ed ha reso il bellissimo mare sempre molto agitato.
Infine da Creta è abbastanza facile - un po' meno dal punto di vista economico - raggiungere Santorini in due ore con un aliscafo veloce. Ho girato quest'isola magica in un solo giorno comprando un'escursione guidata; purtroppo il tempo è stato poco, ma Santorini è uno di quei posti in cui conto di tornare, magari anche quanto prima. Ho visto Oia, Fira e la spiaggia vulcanica di Perissa e, naturalmente, mi sono innamorata di questa piccola e deliziosa isola; Oia è il caratteristico villaggio composto da case e chiesette bianche con i tetti azzurri, i colori della Grecia - e del paradiso! - ed è, credo, il posto più romantico al mondo, infatti percorrendo quelle strade candide, io immaginavo universi paralleli in cui vi camminavo mano nella mano con un moro dagli occhi acquamarina... Ma è stata bella anche senza il suddetto moro dagli occhi dello stesso colore del mare ellenico; probabilmente il posto più bello che abbia visto finora.

Tornare in Grecia è stato ancora una volta magico. Provo un senso di appartenenza a questo paese, ai suoi profumi, ai colori, alla lingua ed al cibo e Creta (come Corfù, Eretria, Atene, Rodi e Santorini) è stata all'altezza delle mie aspettative e mi ha regalato un'altra estate meravigliosa, una bella conclusione per questi tre anni greci. Ma anche se l'anno prossimo non tornerò in questo paese e non sentirò più le persone parlarmi in greco perché mi scambiano per loro compaesana, questo non è un addio, ovviamente.

sabato 16 luglio 2016

No more kisses on a bench.

Quando mi sono svegliata, qualche ora fa, mi sentivo oppressa.
È strano, stanotte stranamente sono riuscita a dormire senza svegliarmi e restare con gli occhi aperti a fissare il soffitto bianco del mio monolocale in periferia. In un primo momento ho pensato che avessi di nuovo qualche sintomo dell'appendicite che in questi giorni mi sta facendo provare la paura di finire su un'ambulanza di notte ed essere operata senza i miei genitori; dopodiché ho ipotizzato che la sensazione di oppressione fosse normale in questi giorni, giorni in cui le edizioni straordinarie del telegiornale stanno diventando angosciosamente ordinarie.
E poi ho letto la data sul calendario e come se non bastasse la possibile appendicite e la paura del mondo in cui vivo, sono stata investita da una cascata di ricordi legati a questo giorno, di tre anni fa. E allora ho provato un altro tipo di dolore.
Il primo impulso è stato quello di digitare un numero che inconsapevolmente ricordo a memoria, ma per fortuna il mio buonsenso ha prevalso sulla mia euforia mattutina. Tanto non servirebbe a niente, tanto non risponde da settimane. È bastato ricordarmelo per lanciare il cellulare dall'altra parte del letto.
Eppure la mia mente, animata di una forza propria - che probabilmente vuole istigarmi al suicidio alla Emma Bovary - non la smette di farmi ricordare. E purtroppo io ho la capacità di ricordare proprio tutto: le immagini, i suoni, gli odori, le sensazioni, i sapori.
Ricordo che era una giornata caldissima ed io ero a Napoli, tornata probabilmente da poco da un'afosa Bologna dove avevo fatto gli ultimi esami prima dell'estate e ricordo che il giorno dopo sarei partita per Roma con delle mie amiche di Milano e che sarei rimasta nella città eterna per cinque giorni (che furono bellissimi!)... E per questo motivo ero uscita dalla mattina per andare a fare shopping e comprare qualcosa per il mio imminente viaggio, o almeno era quello che avevo detto a mia madre per giustificare un'intera giornata fuori nonostante il caldo, nonostante la mia pressione sempre troppo bassa.
E poi il pomeriggio ero andata al Vomero dove avevamo l'appuntamento. Dopo un anno che parlavamo quasi ogni giorno e che io inconsapevolmente avevo iniziato a desiderarlo, finalmente l'avrei visto e non per caso tra gli scaffali dei dischi a La Feltrinelli o ad un concerto di una band underground, ma ci saremmo incontrati volutamente. Cuore, polmoni, stomaco, testa e ghiandole sudoripare... tutti contro di me, mentre lo aspettavo alla fermata della Metro di Vanvitelli. E poi l'ho visto...
Ancora adesso, dopo tre anni, io non saprei descrivere quella sensazione, la stessa che riprovo ogni volta che lo vedo (circa una volta all'anno, purtroppo); una sensazione che non ho provato nemmeno quando sono atterrata a Belgrado ed ho rivisto dopo sette mesi il mio ex ragazzo serbo. Una sensazione legata solo a lui e basta.
Quel pomeriggio era stato bellissimo e anche l'inizio di tutti i mali. L'inizio delle sparizioni, del mio dolore, dei litigi, dei ritorni, delle lacrime, delle notti insonni a pensare a lui o a parlare con lui, del mio amore ingestibile che mi ha portata ad essere una persona diversa dalla Helda più giovane che guardava con disprezzo le sue amiche innamorate e che giurava che lei non si sarebbe mai comportata così, non sarebbe mai stata paranoica, gelosa, stupida al punto da sorridere per un messaggio. Quella Helda lì, l'aveva giurato: niente amore, non fa per me e probabilmente non esiste. Ma quella Helda aveva appena vissuto il divorzio dei suoi genitori ed era disincantata ed arrabbiata con il mondo intero ed avrebbe smesso di esserlo solo quando, una sera a fine Maggio 2012, avrebbe ricevuto un follow inaspettato su Twitter da cui sarebbe partito tutto.
Il pomeriggio del 16 Luglio 2013, invece, si concluse su una panchina in Via Chiaia - quella davanti al negozio della Guess, che ora non esiste più -, con gli alberi che la riparavano dal sole ed il mio cuore che aveva deciso di diventare un prodigio della batteria. Ed un bacio che se chiudo gli occhi ancora mi sembra di sentire. Il primo nostro bacio, il primo bacio durante il quale io abbia davvero provato qualcosa.
Essere innamorata di lui in questi anni è stato come guidare una nuova Maserati in una strada senza uscita. Ci sono giorni in cui tutto quello che vorrei è andare avanti e smetterla di pensarlo e a volte ci riesco, ed altri in cui vorrei solo ricevere un suo messaggio del buongiorno, come all'inizio... e quelli sono i giorni peggiori, i giorni in cui sarei capace di litigare con il mondo intero semplicemente per provare a sfogare una rabbia che non posso sfogare e allora canto, scrivo storie o canzoni - che lui, pignolo e pedante Vergine, troverebbe insopportabilmente fuori metrica - ed in ogni parola ritrovo lui, sempre. Un uroboro continuo, incessante e doloroso.
Marco Mengoni - che, per ironia della sorte, ha il nome al 70% uguale al suo -, direbbe: «Non c'è niente che resiste al mio cuore quando insiste perché so che tu non passerai mai. Non mi passerai.» e forse ha ragione, ci sono casi in cui semplicemente non può passare e basta e non importa quante volte provi a fare "chiodo schiaccia chiodo", quanto ti concentri sulla rassegna stampa del giorno pur di non pensare e quanto a volte cerchi di convincerti che vivete a 776 chilometri di distanza e sarebbe impossibile in ogni caso, quanto non vedo l'ora di partire per le vacanze sperando nell'ennesima storia estiva che per un po' te lo leva dalla mente... Lui resta sempre lì. E anche tu, sei ancora su quella panchina in Via Chiaia, tra le sue braccia convinta che nulla di tutte le brutture del mondo possa toccarti in quel momento, perché la tua felicità è più forte di tutto il resto.
«In un universo parallelo sarai sempre Mio, 
 avrei voluto dirti molto altro ma...
 ti amo e addio

mercoledì 25 maggio 2016

Un anno, tutto cambia.

È strano come in un anno una data possa cambiare di significato.
Il 23 Maggio 2015, di sera, ho ricevuto un messaggio in inglese in cui un grande amore della mia vita mi diceva che la nostra storia era finita. Non aveva avuto particolarmente tatto, ma già lasciare una persona è difficile, lasciarla in un'altra lingua ancora di più, lasciarla per telefono perché vive a 1504 km da te, è peggio.
Sapevo che era una storia impossibile, ma ho questo brutto vizio di incaponirmi sulle cose impossibili, per questo mi è sembrato che il mondo mi crollasse addosso e, anche se ho cercato in tutti i modi di dimenticarlo velocemente, dandomi a svariati shottini di Blu Curaçao, birre e Cosmopolitan o cercando gli occhi verdi di qualcun altro piuttosto che i suoi – che comunque sono inimitabili nella loro limpida sfumatura di acquamarina che sembra illuminare il mondo –, alla fine mi sono resa conto che dovevo lasciare che passasse il tempo, perché quello sarebbe stato l'unico vero lenitivo.
E infatti.
A distanza di un anno ripensare a lui fa ancora un po' male, anche se me ne sono fatta una ragione e, come tutti quelli che sono stati mollati, anche io ho rivolto mentalmente ogni tipo di appellativo poco gentile a lui.
E poi è passato un anno ed, esattamente lo stesso giorno, ho iniziato lo stage, in un settore che amo da sempre e in particolare in un'azienda che mi stimola e mi piace davvero molto e sono felice.
So che lui non era l'amore della mia vita, anche se è stato fin troppo importante, so che per quanto il suono di "volim te" sia dolce, preferirò sempre un "ti amo" e so che merito qualcun altro, qualcuno che mi chiama "piccola H". O forse non sono fatta per l'amore, ma sono sicura di essere fatta per la musica che delinea la mia strada sin da quando ho mosso i primi passi.

martedì 3 maggio 2016

#MasterMusica... The end.

Tutto è iniziato qualche anno fa, quando stalkerizzando Luca De Gennaro – diventato nel corso di questi mesi LucaMyLove e poi, per dignità, il DeGe –, ho scoperto che insegnava al Master in Comunicazione Musicale alla Cattolica di Milano. [In realtà è iniziato anche prima, sempre per colpa del DeGe indirettamente, perché tra i dieci e gli undici anni ho iniziato ad innamorarmi di MTV che in quel periodo è diventato l'unico canale che guardavo in televisione e Giorgia Surina, che faceva la VJ a TRL, era diventata la mia fonte di ispirazione, infatti mi ero messa in testa che se non fossi diventata una cantante, avrei preso il suo posto.]
Comunque, quando poi mi sono laureata e mi si sono posta la fatidica domanda cosa faccio ora della mia vita?, sono andata a smanettare sul Web alla ricerca di un master a Milano che avesse a che fare con la musica; perciò quando ho [ri]scoperto il Master in Comunicazione Musicale – finito chissà come nel mio subconscio –, ho pensato che io dovevo fare quel Master.
Credo di aver detto il primo "che ansia!" legato al Master quando ho inviato la mia domanda di ammissione corredata di curriculum vitae. Ho scritto quasi una decina di curriculum in altrettanti formati diversi prima di decidere quello da inviare, dopodiché ho passato i successivi lunghi mesi a sperare che fosse tutto corretto mentre l'attesa di una qualche risposta mi distruggeva.
Perciò quando lo scorso Ottobre ho ricevuto una telefonata dal coordinatore didattico del Master che mi informava che il 22 Ottobre avrei fatto il colloquio di ammissione, quasi svenivo nella sala d'attesa dello studio odontoiatrico dove lavora mia madre e dove quel giorno mi trovavo per capire se era il caso o meno di estrarre un dente del giudizio.
Ufficialmente però tutto è iniziato tra il 22 e il 23 Ottobre 2015, quando circa un centinaio di studenti – tra quelli che si erano iscritti al bando e quelli effettivamente presenti quei giorni – nella sede in Via Carducci dell'Università Cattolica del Sacro Cuore si sono tenuti i colloqui di ammissione. A ripensarci ora ancora mi si chiude lo stomaco per l'ansia (sì, sempre lei!): otto ore o forse pure di più ad aspettare seduta per terra davanti ad un'aula chiusa in attesa che arrivasse il mio turno – il problema di avere il cognome in T –, mentre attorno a me c'erano tutti potenziali rivali e nel frattempo nella mia mente si aprivano scenari quasi apocalittici in cui durante il mio colloquio mi avrebbero chiesto praticamente tutto lo scibile della musica o domande subdolamente psicologiche a cui non sarei stata in grado di rispondere correttamente. Per fortuna niente di tutto ciò è accaduto e infatti il 26 Ottobre – dopo un weekend a mangiarmi pure le ossa delle dita per placare l'ansia e mezza giornata a riaggiornare il sito e tutte le pagine Web del Master –, mi è arrivata quella mail in cui mi è stata confermata l'ammissione al #MasterMusica.
Quattordici giorni dopo è iniziata la più bella, emozionante e formativa avventura della mia vita. Mi sono trovata in un'aula insieme ad altre ventisei persone che come me avevano gli occhi che brillavano e il sorriso da Stregatto, noi eravamo i ventisette che ce l'avevano fatta!
Ventisette persone con esperienze diverse, provenienti da posti diversi e da università differenti ma con un sogno comune: la musica e forse è stato proprio per questo che incredibilmente abbiamo legato subito e siamo passati velocemente dall'essere semplici colleghi universitari ad amici, al diventare persino una seconda famiglia, totalizzante e praticamente sempre presente.
Insieme abbiamo affrontato questi sei mesi di Master, ci siamo formati, ci siamo supportati, presi in giro, abbiamo condiviso le tensioni, le emozioni, affrontato senza troppi danni l'esame di Economia della Musica e Nuovi Modelli del Business Digitale – con solo una gastrite da parte mia –, svolto tutti gli elaborati (talvolta improbabili), ci siamo entusiasmati alle lezioni più affascinanti e siamo sopravvissuti ai prof soporiferi; abbiamo vissuto esperienze-visto posti-conosciuto persone che ci hanno fatto vivere in un continuo stato di sogno, abbiamo consolidato amicizie bellissime, abbiamo fatto dei sorrisi insieme e della nostra passione il carburante che ci ha fatto andare avanti ogni giorno più determinati e siamo arrivati fino ad oggi che è stato l'ultimo giorno...
La fine di questo #MasterMusica che, almeno per quanto mi riguarda, lascia un grandissimo vuoto ma anche tanti ricordi meravigliosi che sono indimenticabili perché li ho condivisi con persone meravigliose a cui non posso fare altro che dire grazie e vi voglio tanto bene.
E, giusto per citare, almeno in parte, una canzone che de facto abbiamo "promosso" – aiutato a promuovere, va! – noi... This is (not) the end, perché noi siamo il futuro della musica.

lunedì 4 aprile 2016

Sliding doors

Ho sempre trovato Sliding Doors un film geniale, ma probabilmente me ne sono innamorata definitivamente solo dopo che, durante una lezione di Teorie e Tecniche del Montaggio Cinematografico nell'Aula Leydi del Dipartimento di Arte e Spettacolo in Via Barberia 4, avevamo passato tre ore ad analizzare quel film (stiamo parlando di due anni e mezzo fa)... queste sono cose che segnano e le possibilità erano due: o questo film l'avrei odiato per il resto della mia vita fino a farmi venire l'orticaria se solo ne sentivo il titolo, oppure l'avrei adorato forever and ever. Sarà che comunque Gwyneth Paltrow è impossibile da detestare in qualsiasi caso, al contrario delle simpatiche gemelle di Shining che mi fanno tuttora terrore e che mi hanno fatto odiare la fotografa Diane Arbus. (Se si considera che oggi a lezione mi sono pure ricordata la differenza tra forma-sonata e forma-rondò riconoscendo quest'ultima in una composizione di Schumann, allora direi che è chiaro che oggi ho troppe reminiscenze damsiane e, prima che mi venga una botta di nostalgia ancora più forte per i tetti rossi, la gramigna dell'Osteria dell'Orsa e le Due Torri, è meglio che sposti i miei pensieri altrove).
Tornando a Sliding Doors, quasi due settimane fa ho vissuto in prima persona la celebre scena del treno. Mi spiego: causa testa tra le nuvole, avevo erroneamente prenotato un treno che anziché partire dalla Stazione Centrale come al solito, sarebbe partito da Rogoredo, per cui, mentre ero in anticipo come sempre, mi sono ritrovata invece a dover fare altri venticinque minuti di metro per raggiungere l'altra stazione, con il cuore in gola e la netta sensazione che non ce l'avrei mai fatta perché la metro per un guasto si era bloccata dieci minuti in qualche stazione a me sconosciuta della Linea Gialla. Sono arrivata di corsa al binario e in quell'istante si sono chiuse le porte ed è partito quello che doveva essere il mio treno; dato che sono una persona tranquilla e sana di mente, ovviamente mi sono fatta venire una crisi isterica che quasi mi ha portato ad un collasso quando due minuti dopo è arrivato un altro treno su quello stesso binario, treno che poi ho realizzato essere il mio treno, in ritardo. Grazie Trenitalia, grazie per i tuoi ritardi che in questo mondo di incertezze restano sempre un'ancora a cui aggrapparsi.
Ero già nel mood di quesiti leopardiani dovuti a decisioni che per me – sempre tranquilla e sana di mente – sono sembrate molto simili a questioni di vita o di morte; decisioni che mi hanno fatto pregare contemporaneamente Dio, Atena e Apollo (Dea della saggezza e Dio della musica, perché non si sa mai!), Mufasa e persino le dodici Sailors affinché mi mandassero un segno... naturalmente in cielo non ho visto apparire né la scritta "on air" né il logo di Live Nation e quindi mi pare chiaro che devo cambiare le divinità a cui mi rivolgo.
Ad ogni modo ho passato le successive quattro ore e quarantacinque minuti e le corrispettive sei fermate del treno da Milano (pardon... ROGOREDO) a Napoli a pensare "e se?"; gli inglesi direbbero "what if?"... (le persone normali in treno ascoltano musica, leggono o dormono, io invece aumento le mie già numerose paranoie).
E se nella fretta di prendere il treno fossi riuscita ad entrare in quello che mi aveva chiuso le porte in faccia cosa sarebbe successo? Avrei pagato una multa molto (chiedo scusa per l'allitterazione involontaria) salata ma avrei incontrato l'uomo della mia vita o magari un importante regista hollywoodiano che mi avrebbe notata nonostante le lacrime ed il mascara sciolto e mi avrebbe proposto di recitare nel suo prossimo emozionante film che sarebbe stato successo mondiale di incassi?
E se non fossi stata ammessa al Master in Comunicazione Musicale?
E se scegliessi di seguire un tour piuttosto che lavorare in radio cosa ne sarebbe della mia vita? Sarei una trottola con gli orari sballati come mio padre? Sarebbe invece un'occasione oppure sarebbe un'opportunità persa perché il mio destino è la radio?
E se fossi stata una persona con "la testa sulle spalle" ed avessi deciso di seguire la strada di mamma anziché quella di papà ed ora fossi laureata in odontoiatria? Nah, questa è un'ipotesi che rasenta la fantascienza, mi vengono i brividi solo a pensarci...
E se avessi risposto a quella domanda, quel "a cosa stai pensando" sussurrato dolcemente dopo quel bacio, non avessi abbassato lo sguardo ma gli avessi detto che lo amavo, sarebbe cambiato qualcosa?
E se i miei genitori non avessero divorziato sarei stata meno restia ad innamorarmi, a fidarmi, a dire "ti amo"?
E se fossi nata bionda e bella ma scema?
E se fossi rimasta a Napoli?
E se quell'amicizia in cui credevo tanto fosse stata vera come speravo?
E se lui fosse innamorato di me?
E se... "Siamo in arrivo a Napoli Centrale... We're arriving in Napoli Centrale..." solo la voce registrata del FrecciaRossa poteva interrompere i miei vaneggiamenti. Avevo la sensazione che il mio cervello stesse andando a fuoco e l'aria frizzante della mia città è stata un piacevole lenitivo.
Con la mia valigia rossa, la borsa ed il computer, mi sono diretta alla Circumvesuviana e, nell'attesa, ho ricevuto la mail del Radio City Milano che mi confermava che mi avevano presa come volontaria per i tre giorni di festival e questo mi è sembrato già un segno molto migliore dell'improbabile scritta rossa in cielo; forse era ciò di cui avevo bisogno per smetterla di tormentarmi in quel modo e farla finita con tutti quegli "e se?" ed ho capito che ci sono cose che non saprò mai, perché sono andate così e basta e va bene così, non avrei voluto nascere bionda (lo sono stata per due anni e mi è bastato per tutta la vita) e di sicuro non sarei rimasta a Napoli, in qualsiasi caso; altre invece possono sempre cambiare, ma è inutile che io stia qui a farmi cinquantacinque paranoie che contribuiscono solo ad aumentare l'insonnia notturna e l'ansia mattutina. Infine ci sono altre cose ancora che voglio scoprire e non mi accontento di pensare a come sarebbe stato se avessi agito in un altro modo, quest'ultime sono domande che possono ancora avere risposte, forse non immediate, ma non voglio che queste risposte si perdano nel vento.
Nel frattempo ho deciso di concentrarmi su una cosa alla volta, non dico che sia facile, ma ormai ho un'età e non posso passare le notti a fissare un soffitto bianco, ci fosse almeno un affresco o una riproduzione del Tempio di Poseidone A Capo Sunio di William Turner... Quindi adesso sono in fibrillante attesa del Radio City Milano, per tutto il resto ho tempo per scoprire i vari se...

sabato 27 febbraio 2016

È questa la vita che sognavo da bambina

Che poi forse sono ancora una bambina.
Un mese fa ho compiuto 23 anni, numero che a Napoli è associato a "o' scem" ma che a me piace scomporre dicendo che ho 2+3 anni, cioè cinque, il mio numero.  In fondo non mi sento poi tanto diversa da quella bambina con i boccoli castani ed il sorriso furbetto, curiosa e con tanta voglia di fare già allora. Sono solo un po' più alta - nemmeno poi tanto - ma mi riconosco tantissimo nella piccola Helda che ero, forse è per questo che spesso sogno di portarla per mano all'Edenlandia invidiando la sua felicità.
Adesso però sono felice anche io, è un po' che questo sogno non mi inquieta come prima, forse le luci, le canzoncine e le giostre dell'Edenlandia iniziano ad avere un aspetto più florido rispetto a quello inquietante da parcogiochi abbandonato tipico dei film Horror di serie B; l'Edenlandia nei miei sogni sta tornando al suo vecchio splendore, quello che induceva la piccola Helda a voler andare lì di continuo. [E dubito che questo abbia a che fare con la riapertura dell'Edenlandia ad Aprile]
Esiste un video da qualche parte in cui avevo appena ricevuto per regalo una radio con un microfono giocattolo e penso che quello sia stato uno dei regali meglio riusciti della storia: adoravo quel microfono colorato! Nel video qualcuno mi chiede che cosa volevo fare da grande e io rispondevo - risoluta come sempre - che sarei diventata una cantante, come il mio papà (anche se il mio papà non è esattamente un cantante, ma penso che intendessi che volevo fare più o meno il suo lavoro). Beh, da allora ho smesso di storpiare "My Heart Will Go On" cantata sulla cassetta consumata della colonna sonora del Titanic ed ho leggermente modificato le mie aspettative, ma la musica è sempre la sola ed unica protagonista che voglio nella mia vita.
Ho continuato a volerla studiando il violino e poi il canto, quando la musica era la mia marcia in più per scrivere articoli di giornale da otto e mezzo per i compiti in classe di italiano, e poi al DAMS quando tutti dicevano che era un'università inutile e si aspettavano da me che crescessi. La musica è la mia migliore amica, la mia più fedele compagna, quasi un mio alterego.
Quando il 26 Ottobre 2015 mi è arrivata la mail in cui mi dicevano che ero stata ammessa al Master in Comunicazione Musicale presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, la prima cosa che ho fatto è stata chiamare mia madre ed insieme abbiamo pianto a telefono. Ma la verità è che quattro mesi fa non avevo idea di quanto questo Master mi avrebbe resa davvero felice, non immaginavo nemmeno il bagaglio di esperienze che mi avrebbe dato la possibilità di vivere, per questo credo che le lacrime di felicità di quel giorno non siano state abbastanza.
Sembra che tutti i desideri espressi soffiando le candeline ad ogni mio compleanno si stiano avverando ora: andare a Sanremo, lavorare su progetti musicali, essere circondata da persone che amano la musica quanto me e con cui posso tranquillamente parlare per venti minuti dell'halftime del Super Bowl esaltandomi senza essere presa per pazza. Il Master è una delle cose migliori che potesse capitarmi, insomma.
Ieri sono stata agli studi di MTV Italia e mi sembrava di vivere un sogno. MTV è uno dei motivi principali per cui io sono qui, perché quando avevo 12 anni guardavo Giorgia Surina sul palco di TRL e pensavo che un giorno avrei voluto essere al suo posto o condurre Hitlist Italia, gli MTV Awards o qualsiasi altro programma su quel canale di musica che ha accompagnato le mie giornate dalla fine delle elementari ad oggi. MTV è stata la propulsione che mi ha spinta a sognare sempre di più il magico ed ossimorico mondo della musica, essere lì ieri a creare la playlist della settimana prossima è stato pazzesco, non saprei come definirlo in altro modo.
Non so da qui ad un anno dove sarò, forse devo rinunciare all'idea di lavorare per MTV Italia - anche se sono un'Acquario e la perseveranza è una mia caratteristica -, so solo che è questa la vita che sognavo da bambina e che in un modo o nell'altro mi sento di dire che il meglio deve ancora venire e io per la prima volta sono pronta.

lunedì 4 gennaio 2016

Si inizia

Ho pensato tanto a questo 2015 nelle ultime ore prima che terminasse; ci ho pensato tanto perché sono tuttora sorpresa di come si sia svolto, perché non è stato poi un anno così prevedibile ma ha riservato molte novità, perlopiù belle per quanto mi riguarda.
Ho trascorso gli ultimi istanti del 2015 - e i primi del 2016 - con le amiche di sempre, quelle che sono con me da quando scrivevo cuoricini sul diario della scuola dedicandoli ad animatori improbabili conosciuti durante le estati precedenti, che ridevano quando mi perdevo a fissare il vuoto durante un'incomprensibile (almeno per me) lezione di matematica, che mi hanno vista tremare prima di una doppia interrogazione di italiano e latino e che hanno sorriso con me per ogni bel voto ricevuto al liceo; le amiche che pensavo che avrei lasciato in quella struttura squadrata che ospitava l'Artemisia Gentileschi ad Agnano e che invece sono rimaste con me anche dopo, nonostante la distanza, i caratteri diversi e tutto il resto, le stesse per cui mi sono commossa alla loro laurea più che alla mia e che hanno saputo per prime della mia ammissione al Master.
Mentre in Piazza Dam si faceva un countdown disordinato, ho pensato molto a ciò che è successo nel 2015 e mi è dispiaciuto che un anno così stesse già volgendo al termine.
Mi sono rivista annoiata a casa di mio padre, con molti sconosciuti a brindare per il nuovo anno, mentre mi arrivavano messaggi di auguri dalla Serbia; mi sono rivista a Roma con mia madre e piangere con lei per la morte di Pino Daniele; follemente innamorata ed incondizionatamente masochista; il mio compleanno alla Fonoteca al Vomero; l'emergenza neve a Bologna e l'ultimo esame al DAMS, la tesi ancora incompleta, il panico di non aver passato quella dannata Storia della Musica II: l'Ottocento e la gioia di quel voto inaspettato; ho rivisto i pomeriggi passati sui libri di diritto, sulle traduzioni delle normative di Spotify e delle leggi inglesi del Live Music Act e del continuo andare avanti e indietro tra Via Belmeoro, la Biblioteca Comunale e la Biblioteca di Musica e Spettacolo in Via Barberia; mi sono rivista gioire per messaggi che contenevano inviti inaspettati ed in bocca al lupo da batticuore la notte prima della laurea; ripetere la tesi così tante volte da arrivare alla discussione con il mal di gola e poi gioire per aver finalmente superato quello che mi sembrava un muro insormontabile con dei cocci di vetro all'estremità; per poi prenotare un viaggio, il primo del 2015, il primo da sola, la prima vera follia della mia vita e l'amore incondizionato che non pensavo di poter provare; mi sono rivista mentre in un'enorme aula magna sentivo la frase "Helda Tassi, per i poteri conferitimi dalla legge la proclamo Dottoressa in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo" e dell'emozione incontenibile che ne è scaturita dopo che mi ha portato a livelli così immensi di felicità che difficilmente potrò raggiungere ancora. Mi sono rivista fare i pacchi da sola per poi lasciare la casa in Via Nazario Sauro 14 che per ottocentotrentotto giorni è stata la mia casa, la prima in cui mi sia sentita davvero a casa dopo Bagnoli. Poi c'è stato il Primo Maggio a Rimini e la decisione improvvisa di farmi il terzo tatuaggio in quella piccola città romagnola; il viaggio a Bruxelles con le stesse amiche che erano con me ad Amsterdam; la mia lettera e l'attesa interminabile per quella risposta che non avrei mai voluto leggere e la disperazione, il dolore, il senso di vuoto tipici della fine di un grande amore; i ritorni - di amicizia e di fiamma - che però non hanno comunque portato a nulla; le feste estive, le lauree delle mie amiche... La mia Grecia di nuovo e un altro flirt estivo ancora troppo improbabile e lontano anche se la mente e il cuore erano ancora altrove. Il ritorno a Napoli; l'ansia incredibile per il colloquio al Master, l'attesa snervante, il panico, la gioia infinita dopo quella mail di ammissione. Il trasferimento a Milano e l'inizio di una nuova, incredibile vita fatta di musica, di lezioni stupende, di conoscenze, di nuove e belle amicizie, di sogni in grande, di molte serate, divertimento e felicità.
Il 2015 è stato un anno che augurerei a tutti. Okay, forse non proprio a tutti, perché se la felicità è un diritto di chiunque, non lo è invece la prerogativa di alcune persone di fare del male in qualsiasi modo, dai kalašhnikov alle parole cattive e totalmente gratuite.
Ecco, ho pensato a tutto questo mentre i primi fuochi d'artificio che segnalavano l'arrivo del nuovo anno esplodevano nel cielo di Amsterdam. Ho pensato a quali persone vorrei lasciare nel 2015 e quali voglio assolutamente nel mio 2016, a quali saranno i prossimi viaggi, le prossime mete e i prossimi traguardi. Ho pensato che non voglio lasciare tutto il lavoro a Tyche che mi osserva da lontano, troppo impegnata per occuparsi solo di me, voglio essere io a rendere il 2016 bello almeno quanto il 2015 e io sono un'Acquario, determinata e testarda in modo incomparabile e quando mi metto in testa una cosa alla fine la ottengo, lottando tanto certo, ma non potrei mai accettare il contrario - non a caso il mio nome significa Guerriera -; perciò non spero che questo sia il mio anno bello ancora di più del precedente, ma lo pretendo.
Quindi a quattro giorni dall'inizio del 2016, con il riflesso dell'Olanda che ancora mi brilla negli occhi, buon anno nuovo a tutti, e soprattutto buon anno nuovo Helda.