Helda meaning.

Helda /ˈɦeld̪a/: antico nome germanico che significa "guerriera".

domenica 29 marzo 2015

Il diritto d'autore: dal recording al live.

In questo lavoro ho analizzato da diversi punti di vista il diritto d'autore, un istituto giuridico che ha il fine di tutelare le opere di ingegno, ovvero tutte quelle legate alla musica, all'arte, alla letteratura, al cinema, al teatro e anche alle scienze.
Ho scelto di occuparmi di questo argomento perché di frequente si pensa alla musica, al cinema o all'arte in generale come “passatempo”, dunque il lavoro dell'artista – in qualsiasi ambito adoperi – è istituzionalmente e spesso anche socialmente considerato di poco rilievo. Non a caso la pirateria, ovvero l'appropriazione totale o parziale di opere d'ingegno, è un fenomeno sempre più diffuso che non è solo dannoso per il mercato musicale, cinematografico, ecc., ma è anche un chiaro esempio della poca considerazione che generalmente si ha nei confronti di questi settori sebbene la musica, il cinema, i libri e quant'altro caratterizzino la vita di tutti i giorni di chiunque. Da qui dunque deriva la scelta di questo argomento, essendo però una musicologa e non una giurista, la mia analisi non entra nello specifico della legislazione in materia, di cui pure mi occupo sebbene in maniera non minuziosamente approfondita, bensì il mio elaborato si propone di offrire una panoramica del diritto d'autore nel suo aspetto storico, nella sua interazione con il digitale ed infine nell'ambito della musica dal vivo, dunque dal recording al live.
Pertanto è necessario sottolineare che il diritto d'autore non tutela né l'idea né l'eventuale supporto materiale che la contiene, bensì la forma espressiva che l'autore conferisce ad una particolare idea rendendola percepibile all'esterno, dunque unica in qualche modo.
Questo diritto e i vari annessi, spettano generalmente all'autore dell'opera d'ingegno a meno che questa non sia stata commissionata da terzi o realizzata per soggetti pubblici o privati che non perseguono scopo di lucro. All'autore vengono attribuiti diritti morali come il diritto di paternità e il diritto di integrità dell'opera, che hanno il fine di tutelare la reputazione dello stesso e diritti patrimoniali affinché egli possa trarre un guadagno dalle proprie creazioni. I primi sono irrinunciabili, imprescrittibili e intrasmissibili e possono essere esercitati anche da eventuali eredi, i secondi invece hanno durata limitata, ovvero tutta la vita dell'autore più settant'anni dopo la sua morte alla fine dei quali l'opera diventa di pubblico dominio.
Ma il diritto d'autore, rispetto ad altri istituti giuridici, è una conquista piuttosto recente. Un iniziale interesse a tutelare le opere d'ingegno, infatti, si sviluppa solo nel XV Secolo con la nascita della stampa e solo in ambito letterario, ma bisogna attendere il 1710 con lo Statute Of Anne emanato dalla Regina D'Inghilterra per ottenere una prima vera legislazione in materia di Copyright che, solo nell'Ottocento, ha iniziato ad occuparsi anche del settore musicale.
In Italia la Legge 22 aprile 1941, n. 633 sul diritto d'autore attribuisce in via esclusiva alla SIAE (Società Italiana Autori ed Editori) fondata nel 1882, la funzione di protezione ed esercizio dell'intermediazione dei diritti d'autore. In Italia la SIAE è tuttora l'ente di riferimento in materia di Copyright; assume la gestione di un'opera d'ingegno solo quando i titolari del diritto d'autore le affidano volontariamente le proprie opere, iscrivendosi mediante domanda di associazione o mandato e pagando un bollettino per ogni nuova opera.
Nel corso della recente storia della “musica leggera” e dei vari supporti materiali che l'hanno caratterizzata – dai vinili, alle compact cassette fino ai CD-Rom –, si sono progressivamente verificati svariati casi di elusione del diritto d'autore che hanno raggiunto livelli molto alti nello sviluppo di Internet e in particolare del cosiddetto Web 2.0 in cui tutti gli utenti possono condividere e fruire dei contenuti molto più facilmente. Questo è dovuto alla presenza sempre più diffusa di programmi e siti web facilmente accessibili che permettono di scaricare illegalmente la musica – così come anche altre opere d'ingegno – rendendo la pirateria un fenomeno sempre più presente e problematico. Inoltre Internet, per la sua caratteristica di fenomeno planetario che collega tutti i computer connessi ad una rete da ogni parte del mondo, non ha una legislazione univoca in quanto non sottostà a nessuna sovranità nazionale; pertanto nonostante le varie revisioni apportate alla Convenzione di Berna e quella di Roma e i risultati raggiunti con la pubblicazione del “Libro Verde” in cui viene affrontato il tema del diritto d'autore e le sue sfide con il digitale, non vi sono ancora esiti soddisfacenti per garantire a pieno la tutela del Copyright sul web.
Ma accanto ai numerosi programmi di pirateria, vi sono anche svariate piattaforme che hanno il fine di supportare il mercato della musica e i diritti degli artisti. Uno degli esempi più recenti e fortunati è il caso di Spotify, programma diffuso in numerosi paesi che nasce con l'obiettivo di diffonde legalmente un catalogo di musica in continua espansione, facendo accordi con le grandi Major discografiche e anche con molte etichette indipendenti, in modo da sostenere sia i grandi artisti che quelli emergenti mediante un doppio servizio: uno gratuito in cui la musica è intervallata dalla pubblicità ed un altro a pagamento che permette ascolti illimitati. Ogni qualvolta un brano venga riprodotto su Spotify, l'artista ne guadagna di diritti d'autore in quanto tutta la musica riprodotta è monitorata; pertanto grazie a questa piattaforma è stato registrato un calo del download illegale di musica, con poche eccezioni che vedono, purtroppo, l'Italia tra i paesi in cui il tasso di pirateria è ancora tra i più alti.
Infine ho analizzato le varie normative che caratterizzano le esibizioni dal vivo; queste in Italia sono il risultato di una stratificazione di leggi emanate nel corso degli anni e volte soprattutto a modificare le precedenti. Mi sono soffermata in particolare sul Live Music Act del Regno Unito e sul Decreto Valore Cultura diventato poi Legge 7 ottobre 2013, n. 112 che è stato influenzato in parte dalla legge inglese, sebbene si occupi principalmente di garantire una svolta importante per i siti archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia con il “Progetto Pompei”, di conferire maggiore importanza ai musei italiani e di dare la possibilità ai giovani di fare un tirocinio nel settore dell'arte e della cultura. Un elemento importante che accomuna il Live Music Act e la Legge Valore Cultura è il fine di semplificare la burocrazia per le esibizioni di musica dal vivo nei locali di fronte ad un pubblico massimo di duecento persone, dunque non bisogna più ottenere la licenza per organizzare questo genere di eventi live, però resta comunque necessario avere alcuni requisiti quali l'agibilità, la licenza di pubblico spettacolo, i requisiti di pubblica sicurezza previsti dal Testo Unico e bisogna continuare a pagare il diritto d'autore e quindi, nel caso specifico dell'Italia, ottenere il permesso dalla SIAE compilando il programma con tutte le opere eseguite effettivamente durante l'esibizione che deve essere firmato da tutti gli associati/mandati SIAE che abbiano preso parte all'esecuzione.
Dunque eludere il diritto d'autore non significa solo un mancato guadagno per l'autore a cui appartiene una determinata opera, ma soprattutto significa non rispettare il lavoro dell'autore stesso e ancora di più non dare il giusto valore al settore artistico a cui appartiene l'opera d'ingegno.
Quindi come vi sentireste se al posto di una canzone scaricata illegalmente, ad esempio, ci fosse il conto non pagato al ristorante?  

27 Marzo 2015: Dottoressa in 
Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo.

sabato 21 marzo 2015

People don't take trips... trips take people.

Sono di natura molto impulsiva, soprattutto per le cose davvero importanti, mentre mi perdo in lunghe ed estenuanti riflessioni per quelle stupide. Forse dovrebbe essere il contrario, ma io sono un ossimoro.
Erano mesi che l'idea di andare in Serbia affiorava di tanto in tanto nella mia mente, come un sogno ricorrente che però viene dimenticato al mattino.
Perché in Serbia e non in un altro Paese? Eh, bella domanda. Because, risponderebbe qualcuno di mia conoscenza senza aggiungere altro, che un po' equivale al nostro perché sìBecause.
Poi, il giorno dopo la discussione della mia tesi di laurea, sono andata sul sito dell'Easyjet ed ho prenotato, così, senza prendere nemmeno un secondo per riflettere. L'ho fatto e basta, poi dopo ho iniziato a mangiarmi le unghie a sangue pensando di aver preso una decisione avventata. E lo è stata, il mio viaggio in Serbia è stato decisamente la cosa più folle, impulsiva, avventata e meravigliosa che abbia mai fatto.
In Italia i voli per Belgrado sono prevalentemente da Milano Malpensa, o almeno con la Easyjet (che purtroppo da aprile 2015 interromperà i voli per la capitale serba, non si sa per quale arcano motivo) bisogna prenderlo lì, essendo la scelta più economica infatti, non mi sono posta il problema di vedere l'Alitalia, l'Air Serbia e la Turkish Airlines cosa offrissero. Magari in un futuro si vedrà...
Raggiungere l'Aeroporto di Malpensa è un po' la versione moderna del viaggio di Ulisse nell'Odissea. Soprattutto se vi chiamate Helda Tassi e due giorni dopo aver prenotato l'aereo viene indetto sciopero nazionale dei mezzi di trasporto. Per cui l'avventura è stata più o meno questa: sveglia al sorgere del sole (ci aggiungerei una reticenza poetica), autobus per arrivare alla stazione ferroviaria di Bologna, treno Italo [pregando qualsiasi divinità che partisse e, per fortuna, Italo Nuovo Trasporto Viaggiatori non scioperava a differenza delle Ferrovie dello Stato], arrivo a Milano Porta Garibaldi e relativa colite per l'ansia che tutte le corse del Trenord fossero state annullate e di dover quindi arrivare a Milano Centrale per prendere un autobus che probabilmente ci avrebbe messo un'era glaciale per arrivare in Aeroporto; la fortuna è stata dalla mia parte e, mezz'ora dopo essere scesa dal treno Italo, ho beccato l'unico Trenord che passava durante la mattina. L'unicoHo quindi appurato che Malpensa dista da Milano più o meno quanto Hogwarts da King's Cross Station e che probabilmente non ho beccato i Dissennatori perché c'era già lo steward di bordo (non so se abbiano questo nome anche nei treni) che ci provava con me e trovava qualsiasi scusa possibile per avvicinarsi al mio posto e non mi è partito un bestemmione giusto perché ero concentrata a contare con ansia le fermate che mancavano all'aeroporto. Una volta arrivata, poteva mai la mia Odissea essere terminata? No. Infatti l'aereo per Belgrado partiva dal Terminal 2, per cui ho dovuto fare anche dieci minuti di navetta per raggiungere l'altro terminal. Finalmente in aeroporto, ho fatto il check-in e, al controllo passaporto mi è quasi venuto un infarto. Sulla guida di Belgrado della Lonely Planet, sul sito www.viaggiaresicuri.it e persino su quello dell'Ambasciata Italiana in Serbia, c'è scritto che [cito testualmente] a partire dal 12 giugno 2010, i cittadini dei Paesi membri dell’Unione Europea possono viaggiare nella Repubblica di Serbia avvalendosi anche della sola carta di identità valida per l’espatrio, e non solo del passaporto, per un periodo di soggiorno che non ecceda i 90 giorni. Quindi naturalmente io che non ho (ancora) il passaporto sono andata tranquilla, ma quando ho letto "controllo passaporto", ho visto la mia vita passarmi davanti in un istante, ho persino iniziato a chiedermi se l'Italia fosse davvero nell'UE. Ovviamente sì, era solo una delle mie 55 Paranoie, infatti sono riuscita ad imbarcarmi. Tralasciando che, in attesa dell'apertura del gate, c'era una bimba serba (che non parlava una parola di inglese o italiano) che si era letteralmente innamorata di me, mi dava i baci sulla guancia e mi faceva accarezzare il suo orsacchiotto e che in aereo mi sono trovata negli ultimi posti seduta tra una signora sovrappeso ed il figlio alto un metro e novanta, il viaggio Milano-Belgrado è stato tranquillo e veloce. Oltre ad essere stato il mio primo viaggio in aereo da sola e, in generale, il mio primo viaggio da sola all'estero, per cui mi aspettavo di farmi venire almeno una ventina di attacchi di panico, invece a dieci minuti dal decollo, già flirtavo con Morfeo.
In totale cinque mezzi di trasporto differenti da Bologna a Belgrado.
Ma parliamo di cose serie. La Serbia (e credo anche gli altri paesi dei Balcani) è decisamente sottovalutata. Io ho visitato Beograd e Pančevo (sì, preferisco usare i nomi originali, come per qualsiasi città) e le ho trovate molto belle. Belgrado è una città splendida che non potevo non adorare: è una perfetta combinazione di antico e moderno in cui si mescolano Oriente ed Occidente in un intreccio incredibile e perfetto e io, amante delle città antiche e piene di storia che ho amato Roma e Atene, non potevo non innamorarmi anche della capitale serba, sebbene non sia meravigliosa da togliere il fiato come queste due, è comunque una città incredibile. C'è tanto da vedere ed io ho adorato ogni angolo: da Skadarlija, una strada dal fascino bohémien che ricorda un po' Montmartre con la pavimentazione che loro chiamano "alla romana" (caratterizzata da delle pietre irregolari, differente da quella "alla turca" che ricorda i nostri sampietrini) in cui ci sono svariati localini, bistrot e ristoranti in cui non mi sono impuntata per entrare giusto perché non volevo fare la figura della bambina viziata; alla Crkva Svetog Marka, ovvero una bellissima chiesa ortodossa dedicata a San Marco (situata nel Tašmajdan che è un parco), di cui ho adorato l'architettura; alla Trg Republike che è la piazza principale nonché luogo d'incontro dei giovani e non solo da cui parte la Knez Mihailova (una delle strade dello shopping), in questa piazza ho assaggiato una pizza molto migliore della maggior parte di quelle provate a Bologna ed ho anche mangiato un pancake alla Nutella e banana che ancora mi fa sbavare al solo pensiero per quanto era buono; al bellissimo Tempio di San Sava che è uno dei simboli della città, iniziato a costruire un secolo fa e ancora da completare all'interno; fino ad arrivare ad uno dei posti che ho preferito di più della città, ovvero la Kalemegdan, una cittadella romana che sorge su una collina con le mura che la circondano da cui si ha una vista spettacolare che a me, appena arrivata a Belgrado, ha letteralmente tolto il fiato perché si vedeva tutta la città (in particolare la parte più antica) e poi i due meravigliosi fiumi che attraversano la città (Sava e Danubio) che si incontrano e circondano una piccola isola, l'Ada Ciganlija... ed assicuro che panorami mozzafiato ne ho visti parecchio, ma questo è stato di sicuro uno dei miei preferiti, al tramonto è davvero magico. 
[N.d.R. I had a special guide who showed me all the city and, even if he thought I wasn't very careful, I was very interested and I remember everything]
Pančevo, invece, è una piccola città a poco più di mezz'ora dalla capitale ed è adorabile (e, per certi aspetti, romantica). Anch'essa attraversata da un fiume, il Tamiš (la cui riva è secondo me uno dei posti più suggestivi), con meno attrazioni rispetto a Belgrado, ma carina comunque con le sue chiese, il parco in cui ci sono degli attrezzi ginnici accessibili a chiunque come le giostre per bambini (e questa cosa mi ha fatto letteralmente impazzire, fantastico!), la stazione ferroviaria e le case basse in mattoncini.
Una caratteristica dei serbi che avevo notato già la scorsa estate ad Eretria a contatto con diversi animatori di questo Paese e che ho adesso definitivamente appurato, è che sono un popolo adorabile: ospitali, gentili, disponibili e credo che gli italiani, nella loro spesso immensa presunzione, avrebbero molto da imparare. 
Nonostante i miei gusti difficili (difficilissimi!) in "materia di cibo", mi sono preposta di assaggiare – quasi – tutto quello che mi è stato proposto e, contro le aspettative, ho apprezzato la maggior parte delle loro pietanze: ho mangiato il loro pranzo domenicale tipico, ovvero una zuppa di pollo, seguita da cotolette e purè; burek (una sorta di rustico in pasta sfoglia con all'interno prosciutto, formaggio e funghi) che mi è piaciuto molto, peccato solo che l'ho mangiato a colazione e per me è inconcepibile mangiare salato appena sveglia; sarma (degli involtini di cavolo con all'interno carne macinata) e pljeskavica che è carne tipo hamburger (ma centomila volte più buona!) che di solito mangiano in un panino insieme ad alcune salsette e che a me ha fatto letteralmente impazzire perchè era ottimo. 
La Serbia è assolutamente un paese da vedere, tutta, ne sono certa anche se ho visto solo due città ma sono bastate affinché avessi un'ottima impressione del Paese. Il mio soggiorno lì è stato bello e intenso, ha lasciato in me un ricordo molto piacevole che difficilmente potrò dimenticare e spero che questo sia stato solo un assaggio e che ci saranno altre occasioni per tornare lì.
Hvala.

    
Hram Svetog Save, Beograd   
   
                                                               Skadarlija, Beograd
        
Kalemegdan, Beograd 
         Tamiš, Pančevo
    
 Pancake. Trg Republike, Beograd  
   
            Biliard. Pančevo.
                                                                                        Хвала, волим те

venerdì 6 marzo 2015

Ossimoro.

Ossimoro: una figura retorica che consiste nell'accostamento di due termini di senso contrario o antitetico tra loro.
Ricordo ancora la prima volta che ho letto questa parola - la prima volta che vi ho prestato attenzione, forse -, erano i primi mesi del terzo anno del liceo ed era scritta più o meno al centro di un foglio su cui erano elencate tutte le figure retoriche, quelle che poi ho odiato fino ad amare ogni qual volta le trovavo all'interno della Commedia, o di qualsiasi altra opera letteraria nelle varie lingue che studiavo.
Sono io, praticamente. Lo pensai allora ed adesso ne sono ancora più convinta.
All'epoca mi sentivo fragile, come un dente di leone spazzato via dal vento che, per una strana - ossimorica - ironia della sorte, portava un nome che significa "guerriera". Ho impiegato molto tempo per rendermi conto che il mio nome è uno dei pochi "non ossimori" della mia vita. Il soffione è un fiore che, per quanto fragile, cresce dovunque, nonostante le avversità e io sono esattamente così, una guerriera.
Ma sono effettivamente ossimorica per tutto il resto. In continua contraddizione con me stessa, ma non incoerente o indecisa o ignava. No, solo ossimorica.
Tutto quello che ho amato davvero nella mia vita, l'ho anche odiato con tutta me stessa. Per qualsiasi cosa, dal violino alle migliori amiche. E tutto il resto. Odi et amo, altrimenti per me rasenta l'irrilevanza.
Come quando andavo allo Zoo di Napoli considerandolo uno dei miei posti preferiti al mondo, sebbene lo odiassi. Dopo la zona ristoro, le giostre e il baby zoo, c'erano le gabbie dei felini; tra tutti gli animali, questi sono quelli che amo di più e, la similitudine (caratteriale) che qualcuno ha riscontrato tra me e i gatti, mi sembra pertinente, appropriata. Ricordo che sulla sinistra c'erano le tigri e sulla destra, in una stretta gabbia - come del resto tutte - con un tronco di un albero in orizzontale, c'erano un puma ed un leopardo. Erano bellissimi e profondamente sbagliati, lo sapevo anche allora: vederli così vicini era per me una gioia indescrivibile, ma era una visione imperfetta, come uno spartito con una perenne fase di tensione che non risolve sulla stasi della Tonica.
Un animale così grande, micidiale e stupendo non doveva trovarsi chiuso in una gabbia che al massimo era di tre metri, costretto a camminare per sempre in quello spazio ridotto incontrando ogni volta un muro che lo costringeva ad invertire la marcia. In un loop crudele ed infinito.
Se all'epoca provavo sofferenza per gli animali dello Zoo di Napoli, adesso so esattamente come si sentiva quel meraviglioso leopardo.
Chiusa nella mia piccola stanza con vista tetti rossi di Bologna, mentre cammino avanti e indietro dovendo continuamente fare inversione di marcia perché limitata dalle mura che la circondano. In una gabbia che ho cercato io stessa e che, in verità, solo ora sento come una gabbia, mentre ripeto fino a perdere la voce e a mangiarmi le unghie a sangue per l'ansia. Agognando una libertà più simbolica che effettiva e desiderando al contempo che questi giorni passino in fretta e che non passino perché ho bisogno di più tempo.
D'altronde, sono un ossimoro.

martedì 3 marzo 2015