Helda meaning.

Helda /ˈɦeld̪a/: antico nome germanico che significa "guerriera".

mercoledì 25 settembre 2013

E il terzo anno accademico inizia così.

Nessuno dovrebbe fare qualcosa che non ha voglia di fare e io, purtroppo, ho fatto troppe volte cose che non volevo fare convincendomi invece che in realtà volevo farle. Ora ho capito, forse.
Ed ho messo anche questo nella valigia che ho portato a Bologna, una pesantissima valigia piena di roba, di pensieri e forse anche di quelle quattro quattro farfalle un po' più dure a morire, molto più pesante di quella con cui partii due anni fa per arrivare in questa città, con troppi conti in sospeso e troppe idee troppo confuse. Per cui l'ho presa di forza e l'ho portata su per tre piani di scale di un palazzo antico ed ancora mi fanno male le braccia, ma va bene così, sono felice.
Sono felice, molto più di quanto immaginassi. A metà luglio ho lasciato Bologna esasperata dopo il mio primo semestre (o forse dovrei dire eptamestre) da sola, era stato difficile e chi lo nega, ma poi è passato il tempo, mi sono ripresa dallo stress degli esami ed ho avuto la mia dose di coccole da chi di dovere e alla fine, in realtà molto prima di quanto pensassi, Bologna mi mancava già.
Però l'idea di tornare mi metteva un po' d'ansia, non so bene perchè... Ma poi, mentre Napoli si rimpiccioliva dal finestrino del treno, mi rendevo conto che restare non era ciò che volevo sul serio e che non mi sarei potuta sentire più serena di quel momento. E quelli che fino a pochi giorni fa mi sembravano problemi, ora mi sembrano soltanto far parte della mia infinita collezione di pippe mentali inutili. (n.d.r. ma quanto mi piace questa espressione?)
Non sono scappata, so benissimo da me che i problemi non si risolvono scappando, mi sono solo resa conto che restare era il vero problema.
Per cui eccomi di nuovo qui, a Bologna, nella mia piccola camera, con le mie abitudini, con gli amici che mi regalano bei momenti di studio e non (soprattutto non), con la mia pessima cucina che però adesso non è più tanto brutta e con la mi autoironia... e con tutto il resto.
Sono semplicemente tornata alla mia vita, quella di studentessa universitaria che crede fermamente nei suoi progetti futuri.
Sì, ora si chiamano progetti futuri, non sogni. Non che si siano realizzati nel frattempo, ma chiamarli sogni significa dare loro un'accezione effimera, quasi negativa perchè è sottinteso che inconsciamente pensiamo che non potranno mai essere realtà; parlare di progetti invece è tutta un'altra storia, perchè significa rimboccarsi le maniche e mettersi all'opera per attuarli. Ed è quello che ho intenzione di fare e che in effetti già sto facendo. Ecco, anche questo significa crescere.
E, mentre mi rimbocco le maniche, mi diletto in sperimentazioni culinarie alternative e cerco di ricordare tutte le infinite regole della teoria musicale, sono anche carica per questo nuovo anno accademico, l'ultimo!
Per cui vivere in una città bella come Bologna e studiare nella facoltà più figa che esista, ha come unico risultato quello di non veder l'ora di iniziare i corsi. Nonostante le indecisioni per scegliere i corsi del piano di studi, lo stress per le varie gite tra segreterie ed uffici didattici, l'ansia per il laboratorio di musica ogni giovedì dalle 19 alle 21 (l'ansia va più che altro all'inverno e alla neve!), la segreteria che cambia/sposta/posticipa gli orari dei corsi a giorni alterni come le targhe, sono sul serio in fomento per il mio ultimo anno universitario, che tra l'altro è iniziato con una colazione al bar con gli amici, meglio di così... Ah, ho pure comprato l'agenda quest'anno!

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