Ma in questo post non voglio parlare della mia independent life, insomma, per chi mi segue su Twitter o sulla mia pagina Facebook ne ha sentito abbondantemente parlare.
Si avvicina la Notte degli Oscar e dopo un po' di tempo, torno con le mie recensioni inappropriate sui film.
Essendo fondamentalmente una romanticona, ho deciso di sfidare le recensioni a dir poco taglienti ed andare a vedere "Quello che so sull'amore", il terzo film americano di Gabriele Muccino. D'accordo che dopo film come "Alla ricerca della felicità" che ha commosso l'America e "Sette anime", ci si aspetta da lui film di un certo spessore e in effetti il budget impiegato per la realizzazione di questo film, nonchè per la scelta di un cast così importante, facevano presupporre qualcosa di meglio.
Effettivamente non è proprio uno dei suoi film migliori, scorre lento, molte scene sono superflue e la trama è abbastanza banale: la classica storia di due che sono stati insieme, non è funzionata la prima volta sebbene si amassero molto, poi lui cambia e tornano insieme salvando la famiglia. Beh, in effetti è una trama un po' facile, lontana dagli effetti spettacolari di Hollywood, dai colpi di scena e dal patos e probabilmente avrebbe funzionato molto di più con un cast meno importante e magari se fosse stato fatto in Italia, dove Muccino con commedie del genere ha già una certa esperienza e piace molto, per questo non mi sorprende che il flop sia stato negli USA e non in Italia dove "Quello che so sull'amore" ha fatto molti incassi già nel primo weekend nelle sale. In definitiva, non è un gran film, ma non è nemmeno così brutto come invece hanno affermato le critiche americane.
Nelle sale in questo periodo c'è anche il nuovo lavoro di Tarantino. Ben lontano dai classici film western con abili pistoleri, la vita nel Sud degli Stati Uniti e "Knockin' On Heaven's Door" in sottofondo, Django si presenta come una sorta di eroe moderno che passa dall'essere schiavo di colore rassegnato alla sua esistenza, al diventare cacciatore di taglie, uccidendo così i malfattori seguendo un po' la legge del taglione però "approvata" e facendo di tutto per ritrovare la donna amata. Capovolgendo dunque l'ideale del "negro cattivo" che si contrappone come antieroe al "bianco buono"; grande smacco per un mondo in cui questo ideale paleolitico esiste ancora e tutt'ora si ripropongono storie di razzismo raccapriccianti.
Il marchio di Tarantino è inconfondibile, alle scene eccessivamente violente che cadono nel parossismo per le sparatorie esagerate, alle morti caratterizzate da schizzi esagerati di sangue e una trama abbastanza forte si contrappone un'ironia sottile che fa scoppiare la sala in sonore risate, talvolta nei momenti più inopportuni.
Insomma, è un bel film che ho apprezzato molto, apparte le scene spaltter alle quali io sono particolarmente sensibile e che quindi evito di guardare, bella la fotografia e anche molto la colonna sonora, anche se è lontano dai primi film di Quentin ed è molto meno forte.
Però non mi stupirebbe se nei prossimi tempi Django, con la sua mira infallibile, i suoi occhi neri e la sua sete di vendetta nei confronti di un mondo bianco che gli ha rovinato la vita, diventi un eroe moderno.
Peccato per i doppiatori italiani di Django, che hanno reso fin troppo comiche scene che sarebbero dovute essere invece molto più serie. Consiglio assolutamente la visione in lingua originale (per i non anglofoni, andate di sottotitoli xD).
RispondiEliminaInfatti, alcune scene erano inappropriatamente comiche. Provvederò a vederlo in inglese, grazie.
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