Helda meaning.

Helda /ˈɦeld̪a/: antico nome germanico che significa "guerriera".

martedì 15 ottobre 2013

Quando arriva la notte...

C'è una cosa che amo davvero tanto, dormire.
In linea con il mio cognome sarei anche capace di andare in letargo, di rifugiarmi in comodo letto caldo e dormire per un tempo indeterminato, finchè l'iperattività non torni ad impossessarsi di me.
Eppure non ricordo una notte recente in cui sia riuscita a dormire per tutto il tempo, in cui mi sia addormentata velocemente e soprattutto in cui non mi sia svegliata con il senso di vuoto allo stomaco, tipo la sensazione di cadere, però molto più schiacciante.
Le provo tutte la notte per addormentarmi: mi cullo, abbraccio il mio amato peluche di Timon, ho provato a cantarmi "Kumbaya" da sola, era la canzone - o almeno, una delle canzoni ricorrenti - che mi cantava mio padre da piccola per farmi addormentare, mi portava avanti e indietro per il corridoio della nostra casa cullandomi nella speranza che i miei occhi si chiudessero in fretta, cosa che in realtà non succedeva neanche allora; ho provato a farmi bibitoni di erbe disgustose, a prendere la camomilla prima di andare a dormire e persino la valeriana; ho provato a contare le pecorelle fino ad arrivare a cifre troppo alte e complesse per il mio cervello e così passo ad altri animali, cercando di ricordare in ordine alfabetico quelli riportati sul mio amato libro "Animali dalla A alla Z" regalatomi a cinque anni, per poi passare ad "Animali Fantastici, Dove Trovarli" una volta finito l'elenco di quelli reali. 
Niente.
Sebbene la maggior parte delle volte io sia stanchissima, distrutta da una giornata pesante, non riesco a chiudere occhio almeno per la prima ora che passo a letto. Ed è snervante. Mi ritrovo nel silenzio assordante a fissare un punto nel vuoto avvolto dal buio più profondo. Sola, con qualsiasi minuscolo rumore che mi ferma il cuore nel petto, lasciandomi immobile e senza fiato, soprattutto il rumore dei miei pensieri che è più assordante di una discoteca alle tre del mattino. 
Sembra che il sonno non ne voglia sapere di venire a trovarmi velocemente. Per cui facendo un calcolo approssimativo (molto approssimativo considerando che la matematica non è una delle mie migliori amiche e che va bene solo finchè i numeri non superano le mie dita), ho una quantità di sonno arretrato da far invidia ad Edward Cullen insomma.
Così alla fine mi racconto le store. È una cosa che mi piace, io racconto continuamente storie e le racconto quasi sempre a me stessa. E sono storie infinite, con infiniti risvolti e con finali sempre diversi. Sono le storie che vorrei scrivere, ma non ho tempo; sono le storie di ciò che avrei voluto dire o fare in un determinato momento, ma non l'ho fatto; sono le storie di universi paralleli, in cui tutto si svolge al contrario di tutto, in cui tutto va bene... Sono le storie del mio paese delle meraviglie. Ed io sono Alice, persa ad ammirare uno spicchio di luna rovesciata che poi diventa il sorriso di un gatto grasso e viola, persa nei cerchi di fumo del narghilè del Brucaliffo, persa a scappare da una regina psicopatica e dalla sua armata di carte di cuori, con tanto di tè preso al non-compleanno del Cappellaio Matto e del Leprotto Bisestile, con un coniglio col panciotto che mi ripete che è tardi e per concludere dei fiori che mi dicono che non sono un fiore. Ecco, Alice sono io...  
E quando finisco di raccontarmi le storie, allora finalmente riesco a chiudere gli occhi e a dormire, per entrare in altre storie altrettanto assurde.

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