Helda meaning.

Helda /ˈɦeld̪a/: antico nome germanico che significa "guerriera".

sabato 28 dicembre 2013

Trappole.

Nello studio spasmodico della letteratura fatto durante il mio percorso scolastico, Pirandello è sempre stato uno dei miei autori preferiti, trovo i suoi romanzi geniali ed estremamente avanti con i tempi e non ho dovuto aspettare una certa maturità per capirlo, ma già da ragazzina, alle medie, lo pensavo fermamente.
Pirandello rintraccia nella vita dell'uomo tre trappole: la società, che impone infinite maschere; il lavoro alienante scelto non per passione, ma per soddisfare quasi sempre le maschere imposte dalla società e la famiglia, che Pirandello vede come la trappola peggiore, come la culla delle nevrosi.
L'uomo è, a mio parere, un animale che finge di essere libero, ma in realtà è lui stesso ad imporsi un'infinità di catene, dicendo poi che è tutto ciò che lo circonda ad incatenarlo.
Ho sempre pensato che siamo proprio noi gli artefici e i costruttori della nostra prigione, siamo i nostri carcerieri più cattivi. Ci mettiamo delle catene così strette e tirate attorno al collo da imporci noi stessi dei limiti allucinanti.
Un esempio sono proprio le feste come quelle di Natale, quando qualcuno dice "Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi", ecco che già si sta incatenando da solo; chi dice che Natale bisogna passarlo necessariamente con la famiglia perchè è così che si fa? Chi dice che Capodanno vada festeggiato facendo il veglione? Ecco, parliamone, tra i giorni che detesto di più di tutto l'anno, il 31 dicembre è al primo posto, seguito subito dopo da Ferragosto e San Valentino. In quale legge della Costituzione di quale paese del mondo c'è scritto che se non si fa il veglione? Che se non ci si ubriaca fino a vomitare anche l'anima ed arrivare al giorno dopo senza ricordare una beata minchia di quello che si è fatto la notte precedente, allora non ci si diverte? In fondo cos'è Capodanno se non un giorno uguale esattamente a tutti gli altri in cui, tra l'altro, non ci sono strani fenomeni naturali, non c'è niente di niente? Passa semplicemente un anno, segna lo scorrere del tempo, ma anche questa è una convenzione imposta dall'uomo. Certo, riponiamo in quel numero nuovo grandi speranze, implorando cambiamenti, fortune e tutto il resto, perchè è quello che noi siamo più bravi a fare: sperare che le cose cambino affidandoci a qualcosa che sia al di fuori di noi, come il nuovo anno, un dio, la sorte... Perchè così è più facile se poi le cose non vanno come speravamo, è più facile non doversela prendere con noi stessi, ma con cause di forza maggiore.
Ed ecco altre trappole.
E le trappole aumentano quando facciamo una cosa solo perchè tutti la fanno o perchè pensiamo che qualcuno se l'aspetta da noi, o magari per far compiacere qualcuno.
Insomma, le trappole non esistono, ma l'essere umano è da sempre stato l'essere più bravo a costruirle, per catturare gli animali di cui nutrirsi, per imprigionare i suoi simili o per rinchiudere se stesso.

venerdì 27 dicembre 2013

Torno sempre...

Sentivo l'impellente bisogno di tornare a scrivere sul mio blog e, in effetti, l'ultima volta che ho scritto su questa pagina web in cui ho rinchiuso un pezzetto della mia anima, è stata più di due settimane fa... Per cui sono tornata.
Io torno sempre, è questa la verità. Torno anche quando mi ero ripromessa di andarmene via e non tornare, torno perchè non riesco a fare altrimenti, non riesco ad essere definitiva.
Però a volte vorrei... Mi piacerebbe essere sincera con me stessa una di quelle volte che dico "basta", mi piacerebbe mantenere la parola data, non per gli altri, ma per me. Ma la verità è che penso troppo agli altri e per un animale solitario come la mia natura mi impone di essere, è piuttosto strano. Ma ad un mese dai miei ventun anni di vita, mi sono resa conto che in me c'è molto di contraddittorio; lo dico sempre, Curlyaitch non è solo un nickname per il mio canale Youtube, ma è esattamente la mia realtà, il mio sdoppiamento in due persone, esattamente come le due me che interagiscono tra di loro nella maggior parte dei miei video. Badate bene, quando parlo di sdoppiamento non mi riferisco all'essere una "volta bandiera" o "lunatica" o "psicopatica"; le due me di cui parlo, la pensano esattamente allo stesso modo, solo che una ha il coraggio di dire le cose come stanno, senza filtri, fregandosene del parere degli altri e delle conseguenze, l'altra invece è molto meno decisa e spesso ritorna sui propri passi. Ed è per questo che Curlyaitch esiste solo sullo schermo e non è con me sempre, perchè lei di sicuro mi darebbe una bella strigliata se, dopo la millesima volta che prometto di andar via, alla fine decidessi di restare. Ancora.
E ormai capita sempre più spesso che sia Curlyaitch a parlare per me, a dire scherzando quello che io penso sul serio, dalle cose più stupide a quelle più serie. Mentre io divento sempre di più un gatto. Sì, un gatto, è così che mi sento. Per me sono tutti importanti, ma sostanzialmente non ho bisogno più di nessuno, so che contare sulle mie forze mi risulta molto più facile che appoggiarmi a qualcuno, perchè ormai sono prevenuta e so che chiunque potrebbe spostarsi e farmi cadere. Per cui sono diffidente, guardo con sospetto, annuso cercando di capire se fidarmi o meno e molto spesso me ne resto da sola, nella mia amata solitudine che è da sempre una condizione che non mi ha mai infastidita più di tanto e mi avvolgo in un leggero strato di apatia. Ma comunque, torno.
Torno ancora più diffidente di prima, con il mio caratteraccio che peggiora e lo so, torno come un vulcano che prima o poi esploderà. Non so neanche io quando, ma so che quando succederà sarà un po' tipo la prossima eruzione del Vesuvio e allora sarà peggio, per tutti.
Ma al momento, mi limito a tornare.

martedì 10 dicembre 2013

Chiamatemi "materiale".

Smettiamola di fare gli ipocriti e dire che "basta il pensiero". Non è così, non è affatto così. E non siamo nemmeno minimamente degli attori così bravi per poter dire una frase del genere e risultare credibili. La realtà è che noi il regalo lo vogliamo e, possibilmente, vorremmo anche non dover mettere forzatamente a lavoro dodici muscoli per improvvisare un sorriso che è più finto della mia passione per la matematica!
No, non basta il pensiero. O meglio, se proprio deve bastare il pensiero, facciamo almeno in modo che questo pensiero sia compatibile con i gusti della persona pensata.
Sì, chiamatemi pure "materiale", ma di sicuro non sono ipocrita e, sinceramente, mi sono scocciata di recitazioni da Oscar messe in atto ogni qualvolta debba fingere quanto mi piaccia qualcosa che effettivamente non mi piace neanche un po'. Se il regalo lo si deve fare, allora voglio che sia bello... E non bello per chi lo fa, ma per la persona che lo riceve.
Cioè, se qualcuno si prende la briga di fare un regalo ad una persona, vuol dire che ha a cuore tale persona, altrimenti è doppiamente ipocrita perchè fa un regalo per convenienza. Dunque, se si tiene a questa persona e si decide di spendere tempo e denaro per comprarle un regalo, allora non capisco poi perchè si debba fare un regalo solo per dire di averlo fatto.
Per quanto mi riguarda, potrei riempire scatoloni interi di regali che non mi piacciono fatti - in particolare - da persone che dovrebbero conoscermi così bene da dover presumibilmente saper scegliere ad occhi chiusi un regalo per me.
Del tipo, è risaputo che io abbia un'idiosincrasia contro il rosa e, puntualmente ogni anno, qualcuno mi regala qualcosa di rosa! (Ed ora, sono sicura che lo riceverò anche quest'anno.) E ringraziate che l'arancione sia un colore atipico, perchè se ricevessi qualcosa di un amorevole tinta "zucca di Halloween", potrei diventare peggio dell'Incredibile Hulk. Però al femminile. E considerate che già lo sono durante il premestruo, solo meno verde. Quindi la versione 2.0 dell'Incredibile Hulk, quella che fa paura pure alla Marvel!
Quando quasi due anni fa feci il video "Ti ho fatto un regalo!", non stavo scherzando, non facevo la buffona davanti alla telecamera, ero decisamente seria! (E praticamente lo sono sempre nei miei video, dietro le facce/scene/riprese stupide, dico sempre qualcosa che penso davvero!).
Per cui, questo Natale, cerchiamo di capire che cosa desidera davvero una persona, perchè magari se le piace leggere però sappiamo che detesta Flaubert, magari non le regaliamo Madame Bovary sperando che poi inizi a piacerle questo romanzo. Perchè semplicemente lo metterà in un posto - possibilmente nascosto - ed eviterà di pensarlo, covando un forte rancore e cercando sul calendario il primo compleanno per poter riciclare a qualcuno quell'orribile regalo.
Spero quindi che i "pensieri" quest'anno siano compatibili con i gusti e non siano scelte fatte, per citare i latini, "ad cazzum", senza il minimo interesse.
E basta con queste frasi fatte che tanto non pensiamo neanche un po'. (E anche tu che stai per commentare "Non è vero, a me sul serio basta il pensiero!"... smettila, su!)
Un regalo è un regalo e quindi non basta il pensiero. Quello basta in tutti gli altri momenti, non quando si deve fare un regalo... Altrimenti non fate il regalo, fate prima.
Dopodichè potete anche pensare che io sia una persona materiale, in effetti è così, ma voi lo siete sicuramente più di me. Funziona sempre così. Punto.
Buon Natale a tutti e felici regali sotto l'albero!

domenica 8 dicembre 2013

Fuga a Milano.

Potrei scrivere un romanzo con questo titolo, "Fuga a Milano" e potrebbe racchiudere la storia della mia vita. O meglio, la storia del mio rapporto con questa città, l'ho infatti vista spesso ma sempre di fuga, velocemente...
Forse perchè Milano è così, è la città che ha fretta e ha il tempo di sognare. E allora io da ansiosa sognatrice non posso fare altro che adattarmi al ritmo frenetico di Milano.
La prima volta che mi sono trovata lì, è stata sul serio una fuga. Ero in pieno periodo scolastico, avevo quattordici anni ed andai lì per un giorno e mezzo... Più che una fuga quello mi piace definirlo un filone musicale. Ricordo che fu tutto molto intenso: la mia prima volta in aereo, la mia prima volta a Milano; rimasi affascinata da quella città, così veloce rispetto alla tranquillità rassegnata di Napoli, così contraddittoria con sè stessa, con strade incredibili, negozi dell'alta moda e vicoletti semi-deserti con piccole botteghe artigianali, con tanta arte annebbiata dalla foga per il lavoro... Insomma, era un gioco di luci ed ombre. Ed era bellissima.
Penso che il rapporto con Milano sia un po' così, non ci sono mezze misure, esattamente come tutto quello che la caratterizza. Milano o la si ama profondamente o la si odia con passione. È così. Punto.
E io l'ho amata, da subito, in un modo diverso da come amo Roma, quello è un amore incontrollabile, viscerale, come se effettivamente la capitale fosse anche un po' mia; con Milano è diverso, so che alla lunga detesterei vivere lì, eppure non riesco a non pensare altro posto dove vivere, dove lavorare. Beninteso, in Italia.
Fu proprio allora, a quattordici anni, che decisi che un giorno sarei tornata lì, avrei preso una piccola casa ed avrei iniziato a lavorare. Milano è la meta obbligatoria per l'arte e lo spettacolo, patria italiana delle case discografiche, della borsa, delle radio, di sedi televisive... Ora forse un po' meno, ma resta comunque a suo modo il punto di riferimento, anche se non esistono più case discografiche a cui bussare alla porta.
Ogni volta che ci torno so che probabilmente la vita mi porterà lì, a meno che non abbia in serbo per me altre sorprese, più grosse e più spaventose. In tal caso, non voglio pensarci ora.
E Milano mi sembra la scelta giusta. Non ho più niente che mi leghi a Napoli, nè sul piano affettivo, nè tanto meno su quello lavorativo e forse, non l'ho mai avuto. Ma ora ne sono pienamente consapevole, sono arrabbiata e pronta a ricominciare, ancora e comunque Milano è un buon posto per ricominciare.
Non so quando, forse tra un anno quando mi avranno messo in testa una corona di alloro e sarò una dottoressa in musica o tra dieci oppure il mese prossimo, so solo che alla fine mi troverò lì, perchè sembra quasi che mi stia chiamando.
E va bene così.
E così un giorno la città di tutti anche mia sarà