Helda meaning.

Helda /ˈɦeld̪a/: antico nome germanico che significa "guerriera".

sabato 24 gennaio 2015

Lacrime.

Non sono mai stata una dalle lacrime facili.
A meno che non si tratti di una canzone. O di un libro. O di un film...
Ok, in definitiva non sono una che piange spesso, o meglio, non per le cose davvero importanti, però continuerò a piangere disperata durante il finale di Sweet November, sebbene lo conosca a memoria.
La verità è che non ho mai pianto per le cose davvero serie, i momenti più difficili della mia vita sono sempre stati accompagnati da una secchezza dei dotti lacrimali fuori dal normale, sono una roccia in certi casi, anzi un iceberg di quelli che non si scalfiscono nemmeno se il Titanic ci sbatte contro, infatti affonda la nave, mica io.
Eppure ultimamente ho pianto molto più di quanto avrei voluto, forse perchè provo troppe emozioni troppo diverse e tutte insieme e alla fine impazzisco, tipo quando si aprono troppe app e l'iPhone si spegne da solo.
Ho letto da qualche parte che la struttura delle lacrime cambia a seconda delle diverse emozioni, è una cosa che mi affascina molto perchè effettivamente non tutte le lacrime sono uguali.
Le lacrime di gioia sono assolutamente differenti da quelle di rabbia così come le lacrime d'amore o di solitudine o di mancanza - e di quest'ultime io sono ormai un'esperta - sono diverse da quelle di stizza, di impotenza o di sfogo.
Ma mi sono resa conto che piangere fa bene e che a tenere tutto dentro alla fine si esplode. Io sono sempre stata dell'idea che piangere non serve a nulla, non risolve i problemi, non li fa sparire e non li rende meno problematici, per questo tendo a buttarmici prendendo la rincorsa, nei problemi. Quando però non si tratta di un vero problema ma solo di qualcuno che non ricambia i sentimenti che provi, o di ansia oppure di sollievo - insomma, nulla che possa essere effettivamente cambiato in qualche modo -, allora piangere non solo non è sbagliato, ma è proprio necessario. Serve a cacciare via tutto mentre ti ritrovi improvvisamente accasciata sulle mattonelle giallo vomito del bagno della casa in affitto in cui abiti, a singhiozzare disperata e alla fine ti senti solo meglio e magari te ne fai anche una ragione.
Non sono diventata una chiagnazzara (come direbbero a Napoli) e non ho nemmeno perso la mia forza, sebbene a volte mi sembri di non averne più, mi sono resa conto che è come un paesaggio in una giornata di nebbia, non si vede, ma dietro di essa c'è ed è sempre bellissimo. Semplicemente con il riscaldamento globale anche un iceberg forte e duro a volte si scioglie un po'.

2 commenti:

  1. Bellissimo post Helda, molto riflessivo.
    Anche io ultimamente mi sto trasformando in una fontanella anche se più che tristezza vera e propria, la chiamerei malinconia. Se guardi le mie playlist, i dischi che compro (a parte quando decido di ascoltare death metal xD) capisci che alla fine sono una dura dal cuore troppo tenero. Mi commuovo per una cazzata, se mi abbracci riesco a piangere per ore.. sono una debole e me ne vergogno a volte, ma dopo questo post ho capito che piangere non è necessariamente essere deboli. E te ne sono grata perchè dopo queste riflessioni mi sento meno sola.

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    1. Credimi, io non ho mai pianto. Ho attraversato periodi in cui le persone mi chiedevano come facessi a non piangere e a non crollare, sono stata definita una "stitica sentimentale" perchè non riesco mai ad esternare ciò che provo, sempre freddissima. Ma piangere a volte è una liberazione ed essere un iceberg non è sempre un pregio.

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