Helda meaning.

Helda /ˈɦeld̪a/: antico nome germanico che significa "guerriera".

giovedì 26 novembre 2015

Thanksgiving.

Tra alcune ore - a seconda del fuso orario - tutta l'America sarà seduta attorno ad una tavola imbandita di varie "squisitezze" - se tali le si può definire -, tra cui il posto d'onore sarà riservato ad un tacchino... morto, imbottito di castagne, verdura ed erbe e cotto al miele... una tale bontà che ho avuto il piacere di mangiare alcune volte e che ancora mi provoca i conati di vomito al solo pensiero. Inoltre milioni di tacchini sono stati ammazzati per rispettare una tradizione, ma d'altronde gli americani hanno ben altre morti sulla coscienza, così come gran parte del mondo occidentale... facciamo anche tutto.
Per cosa si può essere grati precisamente in questo periodo? Con il ricordo ancora vivido degli attentati a Parigi, o in Mali, della ricerca frenetica al terrorista a Bruxelles inquietantemente deserta in questi giorni, alla Francia che bombarda la Siria per "mirare la sede dell'Isis" ma uccide perlopiù civili e non si differenzia poi tanto dai terroristi, così come la Russia, o la Germania o qualsiasi altro Paese che ha deciso che rispondere alla morte con altra morte sia la cosa giusta da fare. Così adesso quelli che si autoproclamano "buoni" hanno fatto una guerra contro i "cattivi", ma chi l'avrebbe mai detto che erano così tanti i cattivi da eliminare.
Per cosa precisamente si dovrebbe ringraziare? Per il continuo stato di paura in cui siamo tutti? Paura che inizia ad essere quasi un'ossessione per cui si hanno ripensamenti sul viaggio con le amiche prenotato da mesi, o di andare a fare una passeggiata in Duomo, di avere uno straniero seduto accanto in metro, di vedere un concerto... paura che accieca tutti e rende insani...
Questa è una guerra, una guerra molto diversa da quelle fatte di trincee e strategie militari che si studiano nei libri di storia, questa è una guerra in cui non si sa contro cosa si combatte e perché e soprattutto come si fa a combatterlo.
Ma persino in un periodo così buio, forse qualcosa per cui essere grati c'è.
C'è che la rivalità tra Inghilterra e Francia che dura da secoli (dai miei ricordi accademici risale probabilmente a molto prima della Guerra dei Cent'Anni | 1337-1453), eppure dopo le stragi a Parigi l'Inghilterra ha cantato la Marsigliese in segno di pace e sostegno; c'è che due signori che hanno perso la figlia durante la strage, hanno dimostrato una forza ed una compostezza che dovrebbe essere d'esempio per tutti, lanciando un grandissimo messaggio di pace nello stabilire che il funerale di Valeria Solesin sarebbe stato laico ed aperto a qualsiasi persona di qualsiasi religione che avrebbe avuto voglia di unirsi al dolore della perdita, dichiarando inoltre che i terroristi che hanno ucciso Valeria non avranno il loro odio e in questo clima di sospetto, di chiusura delle frontiere, di accuse becere nei confronti degli stranieri come se "musulmano" inglobasse implicitamente la parola "terrorista", è la migliore vittoria che potessimo segnare a discapito dell'Isis, molto più forte di qualsiasi colpo di kalashnikov.
E se in un periodo così buio essere grati per cose banali può sembrare inutile ed inadeguato, in realtà credo che proprio le cose apparentemente banali possano essere un buon motivo per cui essere grati, d'altronde la felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo uno si ricorda di accendere la luce.
Perciò, nonostante il 2015 sia stato un anno di guerre e sangue e dolore per il mondo, non posso non considerarlo invece nel personale l'anno più bello, soddisfacente ed indimenticabile della mia vita, contro ogni previsione persino più bello del precedente.
Il 2015 è stato l'anno della mia laurea al DAMS, di vari viaggi di cui uno in particolare che resterà per sempre nel mio cuore in cui ancora sento gli odori della Serbia, il sapore della pljeskavica e la forza dell'amore; è stato l'anno del consolidamento di amicizie già incredibilmente forti e di abbandono di altre che si sono dimostrate false e sbagliate; l'anno in cui ho amato tanto e perso; l'estate di Rodi e delle meraviglie della [mia] Grecia ancora una volta, della pita, del mare meraviglioso, di un altro Tempio di Atena e di altri baci in lingue straniere; del tentativo di innamorarmi ancora, nonostante non fosse la persona giusta o il momento giusto (e nemmeno la me giusta); l'anno in cui ho dimostrato che il mio nome significa guerriera e che lo sono stata davvero tanto... Il 2015 è stato un anno intenso e bello oltre ogni aspettativa che si sta concludendo con una delle più grandi soddisfazioni: l'ammissione - e l'attuale frequentazione - del Master in Comunicazione Musicale.
Non importa se ho degli indesiderati "coinquilini" a sei zampe nella casa che ho affittato e che sta dimostrando chiaramente di non volermi nemmeno un po', nonostante assenze che tornano di tanto in tanto e fanno ancora male, nonostante le temperature che tocchino già lo zero ed a dispetto di occhi e pensieri cattivi ed invidiosi (non è vero ma ci credo!) che provano a buttarmi giù senza rendersi conto che io comunque sono più forte.
Io sono grata e ringrazio per questo fantastico 2015, e lo faccio oggi perché dell'America amo la cheesecake, i blue-jeans, Bob Dylan, la pista di pattinaggio al Rockefeller Center e la Route66, ma anche le festività e le tradizioni come questa (graziando il tacchino!), perché è importante anche fermarsi e fare un resoconto e soprattutto essere grati per ciò che di bello si riesce ancora ad avere.

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